Ecco la terza tappa del viaggio di Yusuf al-Izzi da Stambul a Sham. Partito da Istanbul, passato per l’Anatolia, Yusuf adesso prosegue verso la Cappadocia…
Respiro il continente. Appena sceso dall’autobus indosso le due giacche e fumo una sigaretta dietro l’altra per riscaldare la gola. Notte buia e gelata, risveglio caldo a colori: il sole batte proprio sulla finestra sotto la quale sta il mio letto, come un pomodoro in serra, sto, felice, nel mio sacco a pelo.
Strana città Konya, non saprei dire bene. Luce stupefacente e colori brillanti saziano gli occhi costringendoli alla stanchezza della sera, cantieri e polvere ovunque, sopra sotto e tutto intorno alla Alaaddin Tepesi (la collina di Aladino). Strana città Konya, anche lì, non sapevo dire: konya eski haritalar ariyorum örnegin osmanlı haritaları. Var biraz var mı? Dür i turizm ofisinde oldu ve onlar buraya gelmeni söyledi. Bana lütfen yardımcı olabilir? üniversitede benim arastırma için bu haritalargerek. Sagol!
Appunti per un glossario estetico sufi: körük (lampada del genio di Aladino); kürr-i semâ (sfera con costellazioni e segni zodiacali); neyler (flauto di legno); kudüm (percussioni ottomane); halile (çalpara (?)).
Di loro, delle loro mani, delle vesti bianche, dei loro copricapo, non resta più nulla; si sono trasferiti, in un palazzo per le esibizioni. Mi accontento di vederne le ombre e li penso ancora vivi.
Göreme bianco farina e lievito psichedelico che creano un impasto dalle forme bizzarre. M’infarino anch’io e, bianco sporco nel bianco originale, respiro la psichedelìa del lievito e, da sveglio, continuo a dormire e vedere bianco, poi avorio, poi verde, poi marrone, poi rosso.
Ovunque morbide rocce che ti viene di spogliarle per carezzarle nelle parti più intime. Dappertutto possibilità di penetrare entro caverne dove il passato ed il presente hanno accecato e mutilato tutta la bellezza delle prima Bisanzio; imbiancato, nel sonno, si vedono grandi e tondi occhi verdi, piccole bocche, grandi mani congiunte, ieratiche verdi vesti e pantocratori cieli dorati.
Lettere, care e sconosciute, volano nel bianco come fiato rinascimentale toscano ad annunziare la continuazione della dormiveglia psichedelica.
Odori di piccione e uve maltrattate conducono verso alberi fioriti di mele e noci già sfioriti e dimentichi della verde giovinezza. Nella stanchezza dei piedi la fatica degli occhi nel ricordare tutto e la ruvidità delle rocce impressa fra le dita; quando è notte poi poca voglia di dormire perché la pioggia, insistente, sta disegnando nuovi paesaggi per il sogno di domani. (…)
(…) Göreme bianco farina e lievito psichedelico ti sveglia al canto del gallo, ma non al primo, al secondo, al terzo, ti sveglia all’ultimo canto del gallo, il più tardo e stanco. Acqua quindi, dita fredde su tazze calde, bianco formaggio sulla lingua e lente considerazioni sullo stato di dormiveglia. Göreme bianco farina e lievito psichedelico ti riempie lo stomaco: finisci di masticare il libro che da tempo avevi minuziosamente messo nel piatto e condito, ingoi le parole più callose, le prime come le ultime, con l’aggiunta di sale e zafferano, digerisci le considerazioni più importanti, bevendo sorsate di çai e sfinito godi della tua pesantezza, in attesa di ruttare quanto di più prezioso abbia fatto visita al tuo stomaco.
Göreme bianco farina e lievito psichedelico, ricorrenze, spedizioni di pacchi ad altre longitudini, “mimanchi” vari e finalmente una serena accettazione della propria condizione. (forse)
“Il tempo passa fra tè bollenti, qualche rara frase, sigarette. Ci si stiracchia, si fa qualche passo, pesando meno di un chilo, e la parola ‘felicità’ pare troppo scarna e particolare per descrivere ciò che vi succede. In fin dei conti, ciò che costituisce l’ossatura dell’esistenza, non è né la famiglia, né la carriera, né ciò che gli altri diranno o penseranno di voi, ma alcuni istanti di questo tipo, sollevati da una levitazione ancora più serena di quella dell’amore, e che la vita ci distribuisce con una parsimonia a misura del nostro debole cuore.”
Nicholas Bouvier, L’usage du monde, chissenefregaquando.
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