“Ma ora basta”! Perché la rivoluzione continua…

7136_564017120308604_1824894371_n(di Eva Ziedan). Era il 22 febbraio del 2012 quando la bandiera siriana, quella dell’indipendenza, poi detta della rivoluzione, sventolava sopra gli edifici dell’Università di Aleppo. Le voci nel video (min. 2.05) affermavano “la bandiera della rivoluzione siriana si sta alzando!”. Si riusciva a percepire la gioia dalla voce delle persone, voci che uscivano dal cuore e frantumavano i muri di 40 anni di paura. Urlavano per la libertà, per la dignità. E dicevano: “Traditore è quello che uccide il suo popolo!”.

Sempre ad Aleppo, il primo giugno dello scorso anno, la bandiera della rivoluzione sventolava sulla  rotonda di Halwanieh a Tariq Al Bab, si cantava mentre si issava la bandiera: “Paradiso… O patria, sei il paradiso!”.

Ma sono rimasti da soli a vedere il paradiso che stava bruciando. Hanno fatto tutto quello che potevano fare. Hanno filmato ogni dettaglio e hanno tradotto in tutte le lingue ogni fatto e ogni nome.

Aleppo, 7 giugno 2013. Sempre nella rotonda di Halwanieh, membri della Jabhat an Nusra, hanno ammainato la bandiera della rivoluzione e l’hanno sostituita con quella nera della Nusra. Un giovane attivista aleppino filmava e, con un nodo nella gola, pronunciava le seguenti parole: “Stanno buttando via la bandiera siriana…!”.

Aleppo, il 9 giugno 2013, nella zona di Shaar, c’era Muhammad, un ragazzo che vendeva il caffè in strada per aiutare la sua povera famiglia. Alcuni conoscenti si sono presentati per chiedergli un prestito. Lui, dopo avere detto più volte che non prestava soldi a nessuno, ha risposto: “Anche se scende Maometto io non presto soldi”. Il ragazzo, a quanto dicono i testimoni, è stato ucciso da membri della Commissione legittima (un organismo religioso fondamentalista armato che si arroga il diritto di gestire la cosa pubblica in alcuni quartieri liberati di Aleppo). La commissione ha smentito di essere coinvolta nella vicenda. Ma secondo i testimoni, il motivo dell’uccisione del ragazzo da parte di uomini armati è che il giovane aveva “pronunciato un’espressione offensiva nei riguardi della fede”.

Aleppo, 11 giugno 2013. Attivisti aleppini, i primi che si sono ribellati al regime di Asad, hanno lanciato  la campagna di “Lahoon wa bas, ma ora basta. È una campagna giovanile nata come reazione ai numerosi errori da parte della commissione legittima e di tutte le brigate estremiste, che vogliono imporre la loro ideologia con la forza. Con l’uccisione di Muhammad – il giovane di Aleppo – queste sigle hanno superato il limite.

I giovani di “Lahoon wa bas” sono scesi in strada, si sono recati davanti alla sede della commissione legittima e hanno urlato: “Vergognatevi! Questo non è l’Islam”. Hanno urlato “Ashar’iyah saret jawieh!… la commissione legittima è diventata come i servizi di sicurezza dell’Aeronautica!”, in riferimento a una delle più temibili agenzie di controllo e repressione del regime di Damasco. Sono andati anche alla sede della Nusra, chiedendo di andare via dalla città, di rimanere sulla linea del fronte a combattere e non di intervenire nelle questioni civili urbane. Hanno giurato di non dimenticare il sangue del ragazzo ucciso.

Una donna di Aleppo, davanti alla sede della Nusra, voleva incontrare il capo (amir) della brigata. All’ingresso le guardie le hanno detto: “L’amir non incontra donne”.

Lei ha risposto: “Ah sì?! Adesso il tipo (ben conosciuto dalla donna) non incontra più le donne? Digli di non dimenticare dove è nato!”.

La campagna “Ma ora basta” non si è però fermata. Il 14 giugno 2013 le persone sono andate nella zona di Halwanieh, dove la Nusra aveva tolto la bandiera della rivoluzione. E lì hanno issato nuovamente la bandiera a tre stelle, quella dell’indipendenza.

La rivoluzione continua anche nelle zone liberate. Nessuno ha più voglia di spiegare a persone come il ministro italiano della Difesa, Mario Mauro, che le armi in Siria sono già entrate. E che sono servite per reprimere il popolo. E che ora stanno arrivando principalmente a bande estremiste. Nessuno ha più voglia di spiegare come i resistenti in Siria hanno cominciato ad abbassare la testa di fronte alla supremazia di alcune bande armate, perché non hanno alternativa. Non è colpa dei resistenti se ogni tanto arriva qualche osservatore o politico, che si è svegliato tardi, e scopre che in Siria ci sono due gruppi che si combattono ma non conosce a fondo il motivo.

Lì, stanno già facendo la loro seconda rivoluzione.