Beirut, Quando una Fiera finisce…

(di Elena Chiti) Quando una Fiera finisce, si comincia a lavorare. Non che i giorni di Fiera siano una vacanza, per carità, ma somigliano a una sorta di parentesi, un tempo sospeso al di fuori del quotidiano, in cui incontri, stimoli, novità si susseguono a un ritmo troppo serrato per poter essere veramente assimilati. Restano ammucchiati in qualche cassetto della mente, in attesa di essere riaperti ed esaminati uno per uno. 

Lo stesso succede con i cataloghi degli editori, con le pile di nuove uscite da leggere e valutare, con le mille cose che non si è riusciti a raccontare nel dettaglio: lo stand di Dâr al-Adâb in fermento per l’arrivo di Elias Khoury; la giovane scrittrice libanese Sahar Mandour che fa battute sull’età (sua e mia); le scolaresche che invadono il Biel il sabato mattina, con conseguenti file chilometriche al bar; il giorno in cui Iskandar Habash è riuscito a parlare (non di Pasolini, ma di romanzo libanese dell’emigrazione); un redattore di Dâr al-Jadîd che ha scritto un libro sulla hamzah, stufo di dover correggere questa regola ortografica araba in tutti i manoscritti che gli capitano sotto mano; gli editori siriani presenti in Fiera, di cui non riesci a evitare di chiederti “da che parte stanno?”; gli scrittori siriani che l’anno scorso c’erano e quest’anno non sono potuti venire; i loro libri sugli scaffali e la Fiera che va avanti come se niente fosse.

Quando una Fiera finisce, è inutile fare bilanci. Sarebbero affrettati. Servono mesi per conoscere veramente cataloghi e libri, per mettere a frutto gli stimoli. Insomma, per aprire tutti i cassetti chiusi un po’ troppo in fretta.

L’annuncio di oggi è che, pur a Fiera finita, SiriaLibano continua. Quindi, con un po’ di pazienza, a ritmo un po’ meno serrato, qualche cassetto lo apriremo.