L’antico ippodromo di Beirut ricostruito? “Non è mica Baalbek!”

Nello storico ma distrutto quartiere beirutino di Wadi Abu Jmil, che per decenni e fino allo scoppio della guerra civile (1975-90) ospitava il rione ebraico della città, sono state rinvenute anni fa le rovine dell’antico ippodromo romano. Che sorgono proprio accanto alla sinagoga di Beirut, ora in fase di restauro (foto).

I resti dell’ippodromo, classificati dieci anni fa come patrimonio nazionale, si trovano però anche all’interno del perimetro di competenza di Solidere, la società di proprietà della famiglia Hariri, incaricata della ricostruzione del centro cittadino.

La folle corsa alla speculazione edilizia che sta distruggendo l’eredità storica della capitale libanese, ingolfandola di mall “più grandi del Medio Oriente” e di grattacieli dall'”inconfondibile skyline” – come vengono descritti nelle pubblicità – che inghiottono le case storiche e qualunque ritaglio di verde, non risparmia però neppure queste antiche vestigia archeologiche.

Il permesso di costruire sul sito, rifiutato dal 1988, è stato concesso al proprietario del terreno su cui sorge l’ippodromo dal ministro della cultura, Gaby Layyun. L’accordo prevede che l’antico ippodromo venga incorporato all’interno di una nuova struttura e che il piano terra e il primo piano siano trasformati in un museo.

Questo stando alle dichiarazioni al The Daily Star da parte del consigliere del ministro, Michel De Chadarevian, il quale ha aggiunto anche che “per poter proteggere le antichità nell’ippodromo dobbiamo fare esattamente quanto stiamo facendo. Non è Baalbek: si tratta di pietre piccole. Gli elementi naturali provocheranno erosione.”

In una dichiarazione del ministro stesso poi, si precisa che l’ippodromo non subirà nessun cambiamento: “sarà solo smantellato il muro centrale (quello attorno al quale giravano i cocchi n.d.r.), che però sarà ricostruito una volta restaurato l’edificio.”

Le reazioni contro questo provvedimento non si sono fatte aspettare: l’ex ministro della cultura, Tammam Salam, ha bollato la decisione di Layyun come “un crimine inaccettabile contro i libanesi allo scopo di generare profitti privati” e l’associazione APLH, gruppo sorto due anni fa per preservare il patrimonio libanese, lo scorso 24 marzo ha coinvolto la cittadinanza in una marcia contro la decisione del ministro, cercando di sottrarre questa campagna a qualunque strumentalizzazione politica e/o confessionale (sempre in agguato).

In attesa dei nuovi sviluppi sulla sorte dell’ippodromo, proponiamo una galleria tratta da L’Orient Le Jour sul progetto previsto: