Raccogliamo e pubblichiamo con piacere la testimonianza di Grazia Moriani, che si è trovata a visitare per una mattina il campo di profughi palestinesi di Ayn al-Helwe di Sidone, a sud di Beirut.
Qui di seguito le sue sensazioni registrate alla vigilia della Id al-Adha, la festa del Sacrificio che per i musulmani segna la fine della stagione del pellegrinaggio.
Aria di festa stamani al campo palestinese di Sidone. La pioggia, la stradina infangata, le buche che facevano traballare l’auto, le casupole, l’esiguo spazio per passare tra le grosse macchine, i motorini…
Eppure, si respirava aria di festa, di giorno senza scuola, di preparativi per la grande ricorrenza musulmana tra due giorni.
Cielo grigio, con qualche fessura di sole, ma tutto colorato intorno: dolci appesi alle botteghe, altri in mostra sulle bancarelle, abbondanza di frutta e verdura all’aperto, merce varia esposta in strada per mancanza di spazio, e un gran via vai di gente.
Donne in nero, velate per lo più, con le buste di plastica di spesa, bambini per mano, ragazzi in giro, uomini vocianti.
Difficile passare con l’auto, ma nessuno si spazientisce, nessuno suona nervosamente il clacson. Si aspetta.
C’è chi aiuta il conducente nelle manovre, chi sposta un motorino, e la difficile circolazione riprende…
I visi sono sorridenti e mi lasciano nel cuore un buon sapore: si può essere allegri e gioire anche in un campo di rifugiati palestinesi, dove manca tanto di tutto ciò che per noi è “assolutamente indispensabile”.
Ma è qui che i ragazzi che ho conosciuto stamani sono nati, come del resto i loro genitori, e forse anche i loro nonni.
Qui, nonostante tutto, si sentono al sicuro, come in una grande famiglia, in cui si parla lo stesso dialetto, si ha una comune origine, si hanno gli stessi sogni. (4 novembre 2011)
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