Abu Sayyaf, noi contro i ribelli siriani

Abu SayyafLe “divergenze di visione e di obiettivi” tra ribelli siriani laicisti e miliziani salafiti, molti dei quali stranieri, porteranno a “uno scontro inevitabile che causerà molte perdite”: lo ha detto in un’intervista apparsa il 15 luglio sul quotidiano panarabo al Hayat uno dei rappresentanti di spicco del salafismo giordano, Muhammad Shalabi meglio noto come Abu Sayyaf, secondo cui “i combattimenti tra questi due fronti è un male necessario”.

Il leader salafita (foto) prevede scontri ad alta intensità in Siria tra combattenti islamici e formazioni armate laiciste. Uno scontro che subirà un’escalation dopo il rovesciamento del presidente Bashar al Asad. Questo in un contesto di crescente polarizzazione tra il fronte ribelle laicista siriano e gruppi islamisti composti sempre più da miliziani stranieri.

Abu Sayyaf, che afferma di aver trascorso dieci anni nelle carceri giordane perché riconosciuto colpevole tra l’altro di aver pianificato attacchi alle forze Usa nella regione, sostiene apertamente il flusso di combattenti islamici in Siria. “I recenti scontri armati avvenuti tra noi e i combattenti laici dell’Esercito siriano libero (Esl) sono un male necessario”, ha detto, affermando che “i due gruppi divergono sia nella visione che negli obiettivi”.

“L’Esl – sostiene il leader salafita – per esempio vuole imporre un sistema democratico laico e non ha alcun problema a condizionare la sua posizione in base ai dettami occidentali in caso di caduta del regime. Al contrario – prosegue – la Jabhat an Nusra e le altre organizzazioni salafite combattenti mirano all’applicazione della legge di Dio. Ecco perché lo scontro sarà inevitabile”.

“Abbiamo attraversato la Siria perché sia governata dalla legge divina”, ha detto ancora Abu Sayyaf. “Se non ci si rifarà al Santo Corano, le cose rimarranno così anche se cadrà il regime dittatoriale. E questo vorrebbe dire che il nostro sangue è stato versato invano in questi due anni”, ha affermato Abu Sayyaf originario di Maan, nel sud della Giordania.

“Molti di quelli che seguono l’Esl prima erano col regime. E alcuni di loro ancora adesso si rifiutano di liberarsi dalle scorie del regime baatista e si professano laici. Ci sono delle brigate che rifiutano persino con forza l’applicazione del regime islamico”, ha detto Abu Sayyaf, interpellato telefonicamente dalla Giordania.

“Se dovesse cadere Assad e le brigate dell’Esl dovessero intimarci di abbandonare le armi, allora ci sarà uno scontro con perdite enormi”. Sul numero dei salafiti giordani in Siria, Abu Sayyaf ha affermato che al momento sono circa 700. “Solo 200 sono entrati in Siria nell’ultimo mese. Ma non dalla Giordania, bensì dalla Turchia perché le autorità giordane tentano in ogni modo di impedirci l’ingresso”, ha detto il leader rimasto però a trascorrere il Ramadan nel regno hascemita.