(di Alberto Savioli). Questo non è un articolo, ma una lunga sintesi corroborata da dati e mappe. Se vogliamo sostenere l’alleanza con la Russia nella lotta allo Stato islamico, dobbiamo essere certi che questa avvenga e delle modalità in cui avviene, se cioè l’alto numero di morti siano vittime collaterali o il risultato di ennesimi crimini contro l’umanità. Non proporrò tesi o idee personali.
Nelle ultime ore della notte o prime ore del giorno alterno la visione dei consueti video che ritraggono corpi di civili siriani straziati ad analisi geopolitiche di noti giornalisti che sostengono che gli autori di questi scempi, la Russia ed Asad, debbano essere i nostri partner nella lotta al terrorismo dello Stato islamico (Is).
Come la notte non si distingue dal giorno, così io non distinguo più cosa sia giusto o sbagliato. Forse l’obiettivo principale che ha caratterizzato la mia “lotta”, il rispetto dei diritti civili e il sostegno alle organizzazioni della società civile siriana (ignorate dai più), sono un orpello da sacrificare alla realpolitik.
Non ho più la forza di controbattere, e nemmeno di sostenere la tesi che la Russia non sia un partner affidabile, solo una grande nausea mi coglie allo stomaco all’ennesima vista di un fiotto di sangue che zampilla da una gamba di un bimbo, tranciata oggi da una bomba russa.
Si sa che l’empatia verso le vittime toglie ogni capacità di lucida analisi, ma forse questa stessa empatia eviterebbe di sventolare la bandiera del Cremlino come unica salvezza per la Siria e il Medio Oriente.
Nell’ultima settimana, mig e sukoi dell’aviazione russa e siriana hanno portato la consueta dose di distruzione e morte, colpendo luoghi abitati da civili, troppo spesso considerati “vittime collaterali”. Ma non vi è nulla di collaterale quando si bombardano indiscriminatamente luoghi abitati come avvenuto a Khan al Shih (Damasco), e a Zamalka nella Ghuta (Damasco), il video mostra pezzi di corpi ovunque (al suolo rimarranno 8 morti e 30 feriti).
Il 4 dicembre è stata una giornata tragica che ha fatto vittime civili, di cui molti bambini. Tre di loro sono morti in un auto in fiamme a Kafr Batna (Damasco), a seguito di un bombardamento russo. Vi risparmio il video documentato dai volontari della Difesa civile siriana che mostra i loro corpi che bruciano come lo stoppino di una candela.
A seguito del bombardamento russo della città ribelle di Talbise (Homs) e di altri villaggi nella provincia di Idlib, sono stati diffusi in rete una serie di video molto crudi (alcuni di questi sono visibili sul profilo twitter di Sakir Khader, un giornalista olandese che scrive per de Volkskrant. In uno si vede un bambino morto e disteso su una barella con il cranio squarciato da una scheggia. Un altro ancora mostra bambini insanguinati su un lettino che vengono ripuliti del sangue in volto: uno non si muove più, viene coperto con un telo bianco, rimangono fuori le mani inermi, i parenti urlano la loro disperazione.
Lo stesso giorno è morta Raghad (nella foto), una bimba di 5 anni di Aleppo, uccisa nella sua casa a seguito di un bombardamento russo. Il video con le foto di Raghad sorridente e la sua chioma riccia è stato pubblicato dal Guardian. Ho visto anche il corpo di Raghad dopo la morte: i riccioli non si vedono più e la testa è ridotta a una poltiglia di sangue.
Ma Raghad è solo una delle centinaia di vittime civili uccise a seguito degli attacchi aerei russi da quando Mosca ha iniziato i bombardamenti in Siria il 30 settembre, con il proposito dichiarato di colpire l’Is e i “terroristi”. Raghat è stata uccisa a 97 km dalla posizione dell’Is più vicina.
Il giorno prima era morto Muhammed Zagloul, 5 anni anche lui, in seguito al bombardamento russo di Erbeen: una foto da vivo lo ritrae vicino a una grande fontana in giardino, ma io lo guardo in un video, esanime sull’ultimo letto che lo ha accolto.
Il 2 dicembre un caro amico scappato con la famiglia dall’oppressione dell’Is e rifugiatosi nei territori controllati dai ribelli a nord di Aleppo nei pressi di Hreytan mi dice: “Non so più da chi scappare: sono fuggito dal califfato e ora sono i russi ad ammazzarci”. Mi manda la melodia dei sukoi russi che bombardano e le fotografie (che non allego) delle vittime che ha soccorso e portato all’ospedale di Anadan. Un bambino di pochi mesi sembra indossare una maschera di sangue e terra, un altro, riceve le prime cure mentre perde sangue dalla bocca.
Qualche giorno prima erano morti 44 civili ad Ariha e altri 20 civili sotto al bombardamento russo che ha colpito a Idlib un mercato affollato.
A fine novembre bombardamenti russi nell’entroterra di Idlib hanno colpito i territori in mano ai ribelli a Binnish. Da qui provengono diversi video, in uno di questi un bimbo di 5 anni sporco di sangue e calcinacci è disteso su una coperta sul pavimento, è esamine. Un altro bambino di 3 anni sostenuto dai medici viene ripulito dal sangue, gli tolgono la tutina per vedere se ha schegge conficcate nel corpo.
Il 27 novembre a Daraa ha trovato la morte Lemyar Altaani (nella foto), un bimba bionda con gli occhi azzurri. In una fotografia sorride sotto al cappellino di paglia. Un video da Azaz (Aleppo) mostra un uomo tra i calcinacci che sorregge la metà che rimane del corpo della sua bambina.
Questi sono alcuni esempi, ma si tratta solo di un breve racconto di una carneficina quotidiana di civili siriani.
Il 16 novembre l’organizzazione non governativa Physicians for Human Rights (Phr) ha attestato che le forze russe sono responsabili di almeno 10 attacchi aerei avvenuti in ottobre e che hanno colpito strutture mediche che si trovavano nei territori controllati dai ribelli (5 ulteriori strutture sono state colpite da forze russe o siriane, una clinica invece è stata presa di mira da terroristi con un attentato suicida).
Il mese di ottobre è stato quello in cui sono state colpite più strutture mediche da marzo 2011: l’ospedale di al Burnas a nord di Latakia era l’unico della regione con un’unità di ostetricia e ginecologia, mentre l’ospedale al Hader a sud di Aleppo ha dovuto evacuare pazienti e bambini nelle incubatrici. Approssimativamente trenta minuti dopo quest’attacco, l’aviazione russa ha colpito anche l’ospedale al Ais causando danni materiali e ferendo dei civili.
Questo doppio attacco ha lasciato la regione senza strutture mediche funzionanti.
Il raid sull’ospedale di Sarmin (Idlib) è stato plurimo, ha causato la morte di medici, 28 civili e un bambino oltre ad aver danneggiato le strutture.
Il Phr ha rilasciato una documentazione dettagliata di questi fatti, sul loro sito una mappa interattiva mostra tutti i centri medici colpiti dall’inizio del conflitto e chi è il responsabile.
È evidente da questi dati che non si tratta solo di danni collaterali, o perlomeno che l’attenzione a non colpire strutture civili è blanda.
Cosa dice la Russia e chi colpisce
Il responsabile della Direzione operativa dello Stato Maggiore delle Forze armate russe, Andrei Kartapolov, un mese fa ha riassunto i risultati dei raid aerei russi in Siria dopo un mese dall’inizio degli attacchi cominciati il 30 settembre: “Gli aerei dell’aviazione russa hanno effettuato 1.391 missioni di combattimento che hanno coinvolto 1.623 oggetti terroristici”.
Secondo quanto si legge, e filtrando il gergo poco professionale che porta a qualificare come “odiosi” i terroristi, uno dei risultati dichiarati dalla Federazione russa è che una parte della leadership di Jabhat al Nusra ha abbandonato il gruppo per unirsi ai salafiti di Harakat ahrar ash Sham, ma aggiungono che nella provincia di Hama i comandanti sul campo di Jabhat al Nusra hanno deciso di unirsi allo Stato islamico a causa dell’offensiva dell’esercito siriano.
Quindi, nonostante dichiarino che Jabhat al Nusra ha subito grosse perdite, sono loro stessi a dire che i combattenti si sono uniti a gruppi salafiti quando non sono entrati tra i ranghi dell’Is, secondo uno schema già osservato all’inizio dei raid della Coalizione che avevano colpito diversi gruppi della zona di Idlib. All’indomani la popolazione civile, vittima collaterale dei raid, protestava con slogan come: “il popolo è unito con lo Stato islamico”, oppure “col sangue e con l’anima ci sacrifichiamo per al Baghdadi (il Califfo dell’Is)”[1].
Inoltre, il dispaccio bellico russo, utilizzando la lingua della propaganda, pone sullo stesso piano l’Is, la Nusra e il fronte dei ribelli in generale, non tenendo conto delle diverse realtà sul terreno, indipendentemente dalle questioni di merito.
Dall’inizio dei raid russi il fronte dei ribelli a nord di Aleppo, che vede impegnati principalmente battaglioni dell’Esercito libero siriano e del Fronte islamico, ha subito sconfitte a vantaggio dell’Is che si è ulteriormente avvicinato ad Aleppo. Inoltre il battaglione Shuhada al Bayada che ha il sostegno della popolazione a nord di Homs, si trova ora assediato da Jabhat al Nusra.
A parole, il Ministero della difesa russo ha più volte ribadito la disponibilità a collaborare con le unità siriane dell’Esercito libero che combattono contro l’Is e Jabhat al Nusra, ma nei fatti le stanno bombardando.
Quattro attacchi aerei della Russia in Siria su cinque non sono rivolti contro lo Stato islamico.
Quasi l’80% degli obiettivi colpiti dalla Russia non si trovano in zone controllate dall’Is (come confermato anche dalla Reuters). Tutto ciò è quanto si evince dai dati del Ministero russo della difesa ed è in contrasto con quanto dichiarato da Putin e Lavrov circa la volontà russa di sconfiggere il califfato.
È chiaro che al momento la priorità è un’altra, quella di rendere Asad l’unico partner possibile anche agli occhi dell’Occidente, sconfiggendo le sacche di resistenza in mano alla galassia ribelle. Questi raid non solo hanno colpito gruppi di ispirazione qaedista come Jabhat al Nusra o Ahrar ash Sham, ma anche quei combattenti sostenuti da Washington e dai suoi alleati.
Cosa sta realmente accadendo: parlano le mappe
Una mappa datata 21 ottobre e pubblicata anche dalla RIA Novosti, (un tempo l’agenzia di stampa di Stato della Russia) e titolata “Attacchi aerei russi contro lo Stato islamico”, mostra i luoghi dei raid. Si vede in modo chiaro che la maggioranza degli obiettivi sono concentrati nelle zone controllate dai gruppi ribelli della provincia di Idlib, pochi sono quelli che hanno colpito realmente lo Stato islamico.
Chi ha realizzato la mappa evidentemente lo sa, perché scorrettamente nella legenda assegna tutta la provincia di Idlib, controllata da diversi gruppi ribelli, al gruppo qaedista di Jabhat al Nusra; l’Esercito libero siriano viene posizionato solo nel sud del paese.
Una seconda mappa (fonte IHS Conflict Monitor) mette a confronto gli attacchi della Coalizione e quelli russi. Lasciando da parte le simpatie personali (e le mie non vanno agli americani), è evidente che i primi hanno colpito obiettivi in territorio Is a copertura delle forze curde, i secondi hanno colpito principalmente il fronte ribelle per sostenere le truppe governative.
Vittime collaterali: dati e fonti a confronto
La ricerca condotta da Airwars.org (un wachdog britannico, per mappe e dati) aveva lo scopo di contare il numero di civili uccisi in Siria e Iraq dagli attacchi condotti dalla Coalizione internazionale.
Il direttore Chris Woods afferma che su 8.000 attacchi aerei (in Siria e Iraq), più di 260 “incidenti” hanno causato la morte di civili, il numero sarebbe superiore ai 680 morti (20.000 sarebbe il numero dei miliziani dell’Is uccisi in questi attacchi, secondo il Dipartimento della difesa degli Usa).
Ora che la Russia ha iniziato la propria campagna aerea nella regione, Airwars vede un allarmante aumento dei morti civili, soprattutto causati da attacchi aerei russi.
“I nostri ricercatori sono semplicemente travolti dal volume dei dati. Ci sono stati più di 110 eventi attinenti a vittime civili nei raid aerei russi”, dice Woods, e il numero di morti stimato è attorno ai 780.
Nel solo mese di ottobre i raid della Coalizione hanno causato 22 “incidenti” con vittime collaterali, 10 in Siria e 13 in Iraq, che hanno ucciso dagli 83 ai 102 civili.
La Russia invece, nonostante abbia riportato di aver effettuato 1.391 attacchi (in ottobre), che secondo le dichiarazioni “hanno colpito 1.623 obiettivi terroristici”, sostiene di non aver ucciso civili nonostante venga smentita da foto, video e testimonianze.
Airwars ha valutato attentamente 44 “incidenti” di questo tipo occorsi nel mese di ottobre, che hanno visto la morte di civili in seguito a bombardamenti russi. Il numero dei civili uccisi varia da 255 a 375, il loro numero è coerente con i dati raccolti dalle organizzazioni che operano in Siria, la Rete siriana per i diritti umani (254 morti, vedi tabella) e dal Centro di documentazione delle violazioni (più di 329).
Il numero dei civili uccisi nei raid russi è dieci volte superiore ai morti causati dalla Coalizione internazionale.
La Coalizione nazionale siriana (Snc), organismo certo di parte ma i cui dati sono coerenti con quelli delle altre organizzazioni, sostiene che dopo due mesi di attacchi aerei russi i civili uccisi siano 640. Secondo i dati rilasciati dal loro ufficio stampa “3.330 civili in tutta la Siria sono stati uccisi da quando la Russia e l’Iran hanno intensificato il loro sostegno ad Asad lo scorso settembre”. Inoltre la Snc ha detto che dei 3.668 attacchi russi solo il 6% ha colpito posizioni dell’Is.
In un rapporto ben documentato del 2 novembre, la già citata Rete siriana per i diritti umani (Snhr) registrava 57 attacchi aerei russi, dal 30 settembre 2015 al 26 ottobre 2015, distribuiti in questo modo: 44 attacchi si sono registrati contro i territori controllati dalle fazioni ribelli, 5 nei territori controllati dall’Is. Sono morti 254 civili (83 bambini e 42 donne) e solo 11 uomini armati; il 75% dei raid russi sembra mietere vittime tra i civili (per scaricare in Pdf il rapporto completo).
Le forze aeree russe nel primo mese di raid avevano ucciso un numero di civili pari a quelli uccisi in un anno di bombardamenti della Coalizione internazionale in Siria.
I dati raccolti dalla Rete siriana per i diritti umani fino al 20 novembre evidenziano che almeno 526 civili sono stati uccisi, tra cui 137 bambini. Inoltre 100.000 persone sono fuggite da Aleppo a causa dei raid aerei russi, mentre altri 1.000 sono fuggiti un campo per gli sfollati ad Atma.
Secondo la Commissione siriana per i diritti umani (Shrc), solo a novembre in tutta la Siria sono state uccise 1641 persone: 213 bambini, 147 donne, 66 persone sono morte sotto tortura nelle carceri del regime o come prigionieri di diverse brigate ribelli. Solo i bombardamenti russi e siriani hanno ucciso 606 persone, 89 sono i morti per mano dello Stato islamico (scontri a fuoco ed esecuzioni), 24 a causa delle bombe della Coalizione internazionale.
I gruppi per i diritti umani sostengono che gli attacchi aerei russi violano le leggi di guerra bombardando indiscriminatamente i civili.
Il Cremlino, tuttavia, respinge tutte queste accuse come false. Eppure, anche in mancanza di questi dati, sarebbe assurdo pensare che su 4.000 raid russi non vi siano state vittime collaterali tra la popolazione.
Non voglio qui suggerire tesi o ipotesi, nemmeno inculcare la mia opinione in chi legge. Questi sono i dati al di là della propaganda e delle dichiarazioni ufficiali. Ognuno li può interpretare come pensa.
Vorrei solo ricordare che il sostegno russo alla repressione di Asad ha causato la rivolta armata sostenuta e finanziata dai paesi del Golfo e la conseguente nascita dell’Is, non senza colpe e responsabilità americane.
Negli ultimi cinque anni la Russia (e la Cina) tramite il diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu si è opposta più volte all’inasprimento delle sanzioni contro di regime di Bashar al Asad, permettendogli di continuare il massacro. Contro il rinnovo della missione di osservazione sul cessate il fuoco in Siria. E nel 2014 ha bloccato una risoluzione che avrebbe portato la Siria davanti al Tribunale penale internazionale dell’Aja.
Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International ha dichiarato che se fosse passata la risoluzione, “il Tribunale penale internazionale avrebbe potuto avviare indagini sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi da entrambe le parti in conflitto e avrebbe trasmesso il messaggio che tali crimini non sarebbero rimasti impuniti”.
Si può anche decidere di considerare Putin un partner affidabile nella lotta allo Stato islamico e la via attraverso cui passare per una pace in Siria, ma deve essere chiara la reale strategia e l’operato della Russia e decidere di livellare verso il basso il nostro standard sui diritti umani.
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* Ringrazio il mio amico HH per le foto dei raid russi del 7 ottobre che hanno causato la morte di 28 civili. Lui ringrazia ancora una volta Dio per essersi salvato.
[1] Per l’analisi di questo fenomeno di estremizzazione di elementi un tempo più moderati rimando a due articoli che ho scritto nel 2014 e nel 2015, “Tutti con lo Stato islamico” e “Siria, Genesi di un futuro jihadista”.
Grazie per questo contributo. Io vivo e lavoro in Russia, e posso dire che, purtroppo, nessuno dei dati che elenchi potrà mai trovare spazio nei media russi, saldamente sotto il controllo della presidenza (forse i giornalisti d’opposizione espatriati di Meduza.io potrebbero fornire ai russofoni fonti diverse, ma per ora restano anche loro molto cauti, e non è difficile capire perché). D’altronde, basta ricordare le due guerre cecene, ultima campagna militare di notevole spessore delle forze armate russe, per capire in che misura i diritti umani in tempo di guerra siano stati assimilati da Mosca. Va detto che il Ministero della difesa russo, in ottobre, ha chiesto pubblicamente “prove concrete” delle vittime tra i civili agli stranieri che facevano illazioni in proposito, assicurando che “qualsiasi caso del genere” sarebbe stato “indagato e punito”. Inutile dire che poi la questione è caduta nel dimenticatoio, lasciando carta bianca a Kartapolov, Konashenkov e le loro cifre straordinarie (se i russi avessero davvero colpito tutti i punti di comando di cui si vantano, l’IS conterebbe reggimenti per un paio di milioni di uomini…). Per il resto, i vertici russi rimangono coerenti con quello che sono sempre stati dai tempi dei veti al Consiglio di Sicurezza di cui parli: la loro frase chiave di ieri e di oggi è “l’opposizione moderata non esiste”, il cui corollario, in ultima analisi, si rivela “tutte le truppe non governative sono alleate dei terroristi”. Non c’è altro da discutere. Intanto un paese in piena recessione, dove gli stipendi medi nella capitale Mosca è pari a circa 600 euro al mese, sta giocando a fare la grande potenza spendendo 2,5 milioni di dollari al giorno. E le conseguenze, anche e soprattutto interne, saranno molto, molto serie. Se consideriamo la Russia un nostro alleato dobbiamo senz’altro livellare verso il basso i nostri standard sui diritti umani, e non solo per il disastro che sta succedendo in Siria, ma anche per quello che avviene ormai da diversi anni tra la Crimea e Vladivostok. D’altronde, sì, fa parte dei compromessi della sempreverde Realpolitik e degli ancora piu’ attuali due pesi e due misure.
PS. Inoltre, non dimentichiamo che, secondo la miglior tradizione sovietica prima e putiniana poi, i vertici russi hanno raccontato ai cittadini del loro paese una quantità imbarazzante di bugie circa il loro coinvolgimento militare in Siria. Hanno giocato per alcuni anni a fare i grandi statisti e diplomatici organizzando i round di negoziati a Mosca con rappresentanti di un’opposizione siriana che probabilmente erano paragonabili ai tanti candidati fantoccio ammessi alle elezioni in Russia. E si sono vantati a piu’ riprese del fatto di “non immischiarsi con la forza nelle vicende politiche interne altrui” differentemente dagli USA. E a settembre si è visto quanto tutto ciò corrispondeva alla realtà. Ma la retorica patriottica fa miracoli…
Ancora ci poniamo di queste domande? L’alternativa quale sarebbe, egregi signori? Ah…i ribelli moderati…
Che i russi non siano mossi bontà d’animo innata e disinteressata è certo e innegabile; che la guerra porta morte e distruzione non è una novità… Assad, come Saddam e il Colonnello in Libia garantivano, a modo loro, stabilità in quelle zone; la miopia, che miopia non è ma, al contrario, i grandi interessi di USA, Francia e Gran Bretagna hanno portato a rovesciare quei regimi e ora si piange. Le primavere arabe con le loro richieste di democrazia e libertà danno voce, purtroppo, anche ai fanatici spinti dalla loro ferocia e, in antitesi con i principi per cui combattono il o i regimi, propongono un sistema di certo molto peggiore. Dunque, se i primi focolai di ribellione ai governi tirannici partono dalle intellighenzie locali realmente animate da sani e condivisibili ideali, prevalgono poi il fanatismo, l’intolleranza, l’incomunicabilità. Ora è facile additare Assad come la causa di tutti i mali; fino al 2010 nessuno ne parlava. Nessuno che accusa la Cina per la mancanza di diritti? tutti restano ammaliati dalla opulenza megalopoli cinesi dove vive un decimo della popolazione mentre il resto sopravvive in qualche modo confinato nelle campagne. Che dire della Corea del Nord? ah beh quella fa paura perché ha pure l’atomica…meglio il regime, sennò con la democrazia fra vent’anni si mette anche lei a costruire televisori a LED e fa concorrenza a Seul.
“Non proporrò tesi ed idee personali” insieme al fatto che bisogna evitare l’empatia verso le vittime… la prima parte dell’articolo parla dell’una e la seconda parte dell’altra cosa (forse non era il caso di fare quelle premesse, a questo punto). Detto ciò l’atteggiamento russo (così come quello americano) non sono una novità e le dinamiche del “chi arma chi” sono abbastanza chiare. Non vedo perché, dopo anni passati ad armare ribelli e terroristi da parte degli USA, ci si sorprende tanto delle azioni russe in favore di Asad. Ah e per la cronaca (visto che di fatti si parla, e non di opinioni personali) diciamo che l’Isis (o, meglio, il Daesh) lo hanno creato gli americani con la debaathificazinne dell’Iraq e non i russi, altrimenti si rischia di diventare faziosi.
Gent.Le Davide, la prima parte dell’articolo non propone tesi ma racconta fatti. Il racconto è certamente soggettivo ed empatico, ma il pezzo non fa mistero di questo, è tutto alla luce del sole. Scorretto sarebbe stato proporre una tesi o un’idea mascherandola, magari con parole forbite ed elucubrazioni giornalistiche. Nella seconda parte si forniscono dati, che possono pure non piacerle, ma quelli sono… Inoltre ancora una volta non maschero ciò che riporto, indicando le fonti dei numeri, mettendo i link ai video. Mi proponga qualche articolo tra quelli che le piacciono maggiormente che è altrettanto corretto e preciso nell’indicarle l’origine delle informazioni per darle la possibilità di confutarle. L’azione russa a sostegno di Asad non è una novità e non mi pare di essermene sorpreso, mi sorprende invece se sui giornali leggo che l’intervento è teso a sconfiggere l’Isis quando i russi stessi mostrano che il target principale degli obiettivi avviene in aree cosiddette ribelli. Mi sorprende anche che non si faccia menzione delle vittime civili quando è evidente dai numeri, che non si tratta di vittime collaterali. Che l’instabilità del Medio Oriente abbia come origine la debaathificazione dell’Iraq e l’incauta guerra americana non è una novità, non lo nasconde nessuno e nemmeno io, anche perchè la mia simpatia non è mai andata agli americani e alla loro politica, in qualche articolo l’ho anche scritto, ma non posso ripetermi in ogni pezzo per farla contenta. Riguardo all’empatia verso le vittime le riporto un mio virgolettato “forse questa stessa empatia eviterebbe di sventolare la bandiera del Cremlino come unica salvezza per la Siria e il Medio Oriente”; considerare la guerra e raccontarla senza guardare alle ricadute sociali ed umane è come giocare a Risiko sventolando delle bandierine. A. Savioli
Non ho detto che è stato scorretto, ma solamente che poteva benissimo evitare premesse poi disattese nel corso del suo articolo. Non mi pare di aver criticato le fonti e i dati da lei citati, né ne ho utilizzati io (essendo consapevole del fatto che quei dati vadano presi con le pinze per attendibilità e completezza).
Mi spiace ma qui non si tratta di Risiko, ma di un guerra e la guerra, come ben sa, provoca più vittime tra i civili che tra i militari. Non serve fare inutile retorica e ricordare le vittime innocenti dei conflitti che si sono susseguiti nel tempo nelle varie parti del mondo per averne conferma. Mettere foto commoventi e raccontare storie di chi ha perso uno o 4 figli sotto le bombe non serve a nulla e non è l’empatia “alla Studio Aperto” a cambiare lo stato delle cose.
Per quanto riguarda il veto di Russia e Cina, esso ha impedito l’ennesimo intervento militare americano-occidentale “legalizzato” in uno Stato terzo ed il ripetersi di una situazione analoga a quella di altri noti paesi mediorientali.
Il fatto di rimarcare le responsabilità americane non dovrebbe fare contento me, ma farle ricordare che la nascita dell’IS non è affatto colpa della Russia, come ha erroneamente scritto. Stesso errore che la coglie quando scrive che le armi russe hanno fatto proseguire il conflitto facendo intromettere gli altri attori internazionali. Volendo si potrebbe dire l’esatto contrario o giungere all’annosa diatriba sul fatto che sia nato prima l’uovo o la gallina.
La bandiera del Cremlino può non essere la soluzione, come non dovrebbe esserla quella di Washington né quella di Ankara né quella di Parigi né quella di qualsiasi altro stato che si è intromesso in una guerra civile, che probabilmente si sarebbe risolta da sola qualche anno fa risparmiando vittime, migranti e tutto il resto.
Essendo arrivati a questo punto, però, le cose sono due: o ci si mette d’accordo e si fa in modo che un potere centrale torni a governare legittimamente la Siria, aiutando a ripristinare ciò che è stato distrutto da Noi (occidentali) e dagli amici del golfo, oppure possiamo continuare a mettere foto commoventi di bambine uccise, famiglie distrutte e barconi carichi di persone che scappano dalla guerra, magari citando pure le fonti.
Avevo risposto ma (non so per quale motivo) il commento non è stato pubblicato. Risponderò quindi più brevemente dicendo che la mia critica non è sulle fonti (che in questa situazione so essere scarse e spesso poco attendibili, come d’altronde l’esperto Trombetta ha più volte ribadito), ma su come siano state usate per dare un’interpretazione discutibile sulla situazione siriana.
Purtroppo l’empatia non risolve i conflitti, altrimenti – mi perdoni la battuta – dovremmo considerare la candidatura di Barbara d’Urso per risolvere le crisi internazionali (e non mi pare il caso). Le vittime civili sono le più numerose in tutti questi tipi di conflitto, e purtroppo ciò è straziante tanto quanto inevitabile in una condizione di guerra civile come questa.
Forse il Cremlino non è la soluzione ai problemi siriani, ma allora non lo devono essere nemmeno Washington, Parigi, Londra, Ankara o i nostri cari amici del golfo, che questa crisi l’hanno alimentata e foraggiata per fare i propri interessi, impedendo di fatto che si esaurisse nel giro di pochi mesi.
Dire che sia tutta colpa di Mosca è abbastanza scorretto e ribadire la responsabilità degli Stati Uniti non dovrebbe essere un’azione atta a far contento me, ma un modo per riempire il suo articolo di un po’ di verità.
Il DEASH è stato creato dagli Americani e NON dai Russi, come ha scritto lei.
Per concludere, le dico che forse sarebbe anche ora che le forze internazionali si mettessero d’accordo per porre fine alla guerra e restituire finalmente alla Siria una sovranità territoriale e, che piaccia o no, Assad deve essere parte di questo processo in quanto legittimo presidente.
Altrimenti possiamo continuare a scrivere articoli, pubblicare foto di famiglie distrutte e barconi rovesciati nel mediterraneo, oppure giocare Risiko, ognuno citando le proprie fonti.
Le sue risposte come vede non vengono censurate, chiedo scusa del ritardo nella loro pubblicazione ma a volte su sirialibano ci vuole un po’ di pazienza, a differenza di alcuni siti antimperialisti e di controinformazione non abbiamo persone pagate che lavorano sul sito 24 ore su 24. Lei solleva molte questioni e considerazioni che per la maggior parte non condivido, ci vorrebbe un ulteriore articolo per ribattere. Mi limito a puntualizzare e sottolineare una serie di cose. Che l’Is sia stato creato dai Russi non l’ho scritto da nessuna parte, come lei asserisce. Non sostengo alcun intervento americano e non simpatizzo per i paesi del Golfo, se i miei articoli sembrano andare in una direzione è per bilanciare la retorica di una certa stampa, nello specifico quest’articolo è stato pubblicato in risposta al vicedirettore di Famiglia Cristiana (avendo dibattuto con lui direttamente), che alla vigilia del Natale raccontava l’intervento russo come una Panacea. Lei plaude il veto russo-cinese che ha impedito l’ennesimo intervento americano, ma ci sono stati dei veti russo-cinesi anche sulle proposte di corridoi umanitari e no fly-zone che avrebbero risparmiato la vita a migliaia di persone. A che prò stigmatizzare il possibile intervento americano portatore di catastrofe, quando poi si sostiene un intervento russo in appoggio di Asad e non del popolo siriano, dal momento che la riconquista avviene con bombardamenti a tappeto dei centri abitati e uccisioni di civili che quindi non sono vittime collaterali. Giusto oggi questi santi bombardamenti russo-siriani tesi a ripristinare la sovranità nazionale siriana han provocato queste vittime: https://pbs.twimg.com/media/CgbNCd_WEAAklii.jpg https://pbs.twimg.com/media/CgbBZt7WwAA89Rf.jpg https://pbs.twimg.com/media/Cga6yx_W8AA4pGF.jpg https://pbs.twimg.com/media/CgZhmxSW4AAA3Wj.jpg Non per fare Barbara d’Urso, ma a giocare a Risiko son capaci tutti, se si sostengono delle tesi bisogna anche affrontare le conseguenze, che non possono essere liquidate con la banalità del “tutte le guerre fanno vittime civili”. Le chiedo quindi la sovranità è del popolo o di chi comanda il popolo? Sul concetto di legittimo presidente non replico nemmeno è evidente che ha poca dimestichezza non solo con la Siria ma con le dittature Medio Orientali che evidentemente non ha mai visto da vicino. A mio parere ha poca dimestichezza anche con i diritti umani, dal momento che il legittimo presidente si è macchiato di gravi crimini contro l’Umanità e solo Dio o Putin potranno salvarlo in futuro da un processo in un tribunale internazionale; per non parlare della repressione violenta messa in atto nel 2011 che ha scatenato un conflitto tra i più sanguinosi del dopoguerra. E tutto questo lo dico senza risparmiare critiche e condanne ai paesi del Golfo che han finanziato movimenti estremisti e terroristi quali la Nusra e l’Isis. Ma non si può invertire l’origine di un problema con i suoi risultati. Per concludere, giusto per sintetizzare la mia posizione personale che non è necessariamente quella di sirialibano, una pace per la Siria, e non parlo di un cessate il fuoco ma di una pace che abbia continuità nel futuro, può avvenire solo con un governo inclusivo che tenga conto di tutte le specificità siriane, compresi i sunniti che sono il 65/70 % e politicamente han contato meno di nulla. Per questo motivo a mio parere la riconquista con milizie sciite straniere, come sta avvenendo, può vincere militarmente anche l’Isis, ma non sarà mai una vittoria stabile nell’est del paese a maggioranza sunnita e con stretti legami con l’Anbar iracheno. Prenda proprio l’esempio della provincia irachena di Anbar, la forza di al-Qaida in Iraq è stata via via limitata tramite il potere assegnato ai clan tribali sunniti. Le ricordo a riguardo che i primi a subire la repressione dell’Isis sono stati i clan Sheitaat di Deir ez-Zor (700 morti nell’estate 2014), sunniti come loro. Una riconquista del paese con forze sciite e il persistere di un regime in mano agli Asad rimanderebbe ulteriormente il problema, tra 10 anni torneremo a parlare di Siria, come facciamo ora, e come è stato fatto negli anni ’80 con la rivolta dei Fratelli Musulumani e con il massacro di Hama. Badi bene non sto parlando di far crollare il regime e lo Stato siriano sostituendolo con un futuro incerto, ma non vedo come si possa arrivare ad un governo inclusivo senza mettere da parte il clan che ha scatenato questo disastro. Cordialmente, A. Savioli
Gentile Alberto, purtroppo si sbaglia di nuovo.
Conosco bene le dinamiche che regolano i poteri nei paesi dell’area, nella quale ho avuto occasione di soggiornare anche per lunghi periodi. A lei, piuttosto, è capitato di mettere piede in Siria dall’inizio del conflitto?
Puntualizzo anche io alcuni punti e prometto che sarà l’ultima volta che lo faccio: quando dice “Vorrei solo ricordare che il sostegno russo alla repressione di Asad ha causato la rivolta armata sostenuta e finanziata dai paesi del Golfo e la conseguente nascita dell’Is” non sta forse dicendo che l’IS è nato a causa del supporto russo ad Assad? E il fatto che i ribelli fossero armati e finanziati da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Turchia e paesi del golfo non la fa minimamente riflettere?
A me non piace mettere decine di link per giustificare o legittimare quello che dico, ma ne metterò solo uno, simbolico e neutrale (fonte Human Rights Watch), datato 2013, ossia quando ancora i ribelli venivano portati sul palmo di mano come combattenti per la libertà.
https://www.hrw.org/report/2013/10/10/you-can-still-see-their-blood/executions-indiscriminate-shootings-and-hostage
Se conosce la geografia della Siria, capirà che la zona di Latakia è uno snodo cruciale per l’accesso al Mediterraneo ed il controllo di quell’area tra Turchia e Libano è fondamentale, da qui il motivo dei bombardamenti russo-governativi.
Si immagina cosa potrebbe succedere se Daesh, al Nusra o qualche altra banda armata prendessero possesso della zona?
Lei si indigna tanto perché la Russia è intervenuta a fianco di un suo alleato bombardando territori in mano a ribelli misti a terroristi armati, come più volte detto, dalle potenze occidentali e del golfo. Oltre a fare questo, bombarda i territori controllati da DAESH e al Nusra, con maggior intensità a seguito degli attacchi di Parigi e Bruxelles, ottenendo migliori risultati di quanti ne abbiano ottenuti gli Alleati in 5 anni di conflitto.
Sul fatto che DAESH combatta indistintamente per la conquista del territorio che gli interessa, non mi sembra di aver mai detto il contrario.
L’equilibrio tra religioni, poi, è un aspetto che chi si occupa di Medio Oriente dovrebbe maneggiare con estrema cautela. Si sa quanto sia difficile garantire la sopravvivenza delle minoranze in determinate aree e con un governo sunnita (magari wahabita) sappiamo benissimo che fine farebbero gli sciiti (e a maggior ragione gli alawiti!), ma anche i cristiani ortodossi, i drusi e le altre minoranze, che non a caso si sono schierate in maggioranza con le forze governative. A meno di un sistema “alla libanese”, difficilmente replicabile e comunque ottenuto in seguito ad una sanguinosa guerra civile, il probabile epilogo sarebbe proprio una nuova guerra tra religioni. Perché per quanto si possa dire del dittatore Asad e di suo padre, almeno non si può accusarli di persecuzioni nei confronti delle minoranze religiose in quanto tali (i curdi in cerca dell’indipendenza sono un discorso a parte e si tratta di un problema politico, essendo oltretutto i curdi per il 95% sunniti) né tantomeno di essere una teocrazia.
Fa abbastanza ridere il fatto che lei chiuda l’intervento dicendo che non bisogna far crollare il regime ma non ci può essere un futuro governo che comprenda gli alawiti (o gli Asad?).
Insomma, ancora una volta sembra che l’unica soluzione percorribile sia quella di distruggere e (forse) ricostruire.
Gent.Le Davide, dal momento che continuo a sbagliarmi, che chiudo il commento “facendo ridere” e che evidentemente capisco poco di Siria smetta di leggermi, risparmierà il suo tempo e farà risparmiare tempo anche a me che le rispondo. La sua domanda, se io abbia messo piede in Siria dall’inizio del conflitto non ha senso e dovrebbe porla anche a chi entra in Siria embedded e scrive realtà parziali o distorte, inoltre mi consenta di dirle che mettere i piedi in un paese non equivale sempre a capire e comprendere le dinamiche di quel paese.
Visto che è interessato al mio curriculum le posso dire che in Siria ho trascorso 14 anni e che da 5 frequento con assiduità l’Iraq. Pur non avendo messo piede in Siria dall’inizio del conflitto,sono in contatto con persone che entrano in Siria regolarmente, amici e non, e non tutti hanno simpatizzato per la rivoluzione del 2011, alcuni di loro sono alawiti e cristiani. Ho una rete di conoscenze e contatti nel paese che sento con regolarità, alcuni nei territori dello Stato islamico. Il riferimento ai sunniti, all’est del paese, alle tribù, e all’Anbar iracheno non è casuale, poichè in quelle zone ho lavorato 10 anni a stretto contatto con le tribù locali le cui dinamiche sono sconosciute alla maggioranza dei commentatori.
Onestamente non so se sia capitato su SiriaLibano (SL) casualmente o se abbia avuto modo di leggere altre cose, tuttavia se si volesse prendere la briga di visitare il sito con rif. ai pezzi del 2011 e 2012 vedrà che l’interesse principale è stato quello di dare spazio alla società civile siriana e denunciare le violazioni. Per questo motivo non mi devo smarcare da gruppi armati o da movimenti salafiti per i quali non parteggio (e nemmeno da paesi a cui non va la mia simpatia), non ho brindato alla caduta di Idlib per mano della Nusra e Ahrar ash-Sham, e non la considero una liberazione.
Le violazioni dei diritti umani per me non hanno colore, pertanto il link che lei mette non capisco cosa dovrebbe dirmi, SL è stato forse il primo sito italiano a denunciare le violazioni di brigate ribelli ad Aleppo e Raqqa, e non ha risparmiato nemmeno critiche al Jesh al-Islam, ne abbiamo parlato relativamente al sequestro di Razan Zeituneh. Dal momento che lei considera HRW una fonte di riferimento e la definisce neutrale (e mi compiaccio di questo), ne faccia uso anche quando la stessa organizzazione denuncia Asad per l’uso ripetuto di cloro, ordigni non convenzionali (cluster e barrel bombs), torture, detenzioni e violenze sulle donne, e per alcuni dei maggiori massacri avvenuti in Siria. Sono io a sorridere quando mi cita HRW per denunciare i ribelli siriani, ma ignora la stessa fonte quando denuncia ripetutamente il presidente siriano che lei considera “legittimo”.
Riguardo a tutto ciò che penso, è scritto nero su bianco nei miei pezzi, non c’è bisogno che puntualizzi ulteriormente il mio pensiero. Ad ognuno spetta poi la comprensione o l’interpretazione, anche se a volte sbagliata, ma non posso perdere i pomeriggi a mettere i puntini sulle “i”.
Cordialmente,
Savioli
Grazie per la (le) risposte e per la pazienza che ha dimostrato in questo botta e risposta. Di certo non abbiamo le stesse idee su determinate cose, ma in fondo questo spazio serve proprio a questo. Le ho scritto che si sbagliava perché volevo farle capire che non necessariamente chi la commenta e la pensa in maniera diversa “ha poca dimestichezza con la materia o non ha visto quella realtà da vicino”, come ha detto lei. Seguo questo sito essenzialmente per gli articoli di Lorenzo Trombetta, che ho avuto il piacere di leggere (con qualche riserva) e al quale riconosco di essere uno dei pochi a produrre letteratura sulla questione siriana. Mi sono poi fatto incuriosire dal titolo del suo articolo e dopo averlo letto non ho potuto fare a meno di commentare, da appassionato della materia (come altri avevano già fatto qui ed in altri articoli scritti da lei, ottenendo più o meno le stesse risposte che ha dato a me).
Per fortuna ha puntualizzato (ma me ne ero accorto leggendo alcuni altri articoli di diversi autori) che la sua posizione non è necessariamente quella di SiriaLibano, altrimenti mi sarei visto costretto a scartare un altro sito di informazione parziale.
Arrivederci e grazie comunque per il confronto
Almeno sulle competenze di Lorenzo Trombetta siamo d’accordo, per tutto il resto vanno benissimo le differenze di opinione e i confronti. Mi permetta tuttavia di fare una considerazione, se lei pensa che io sia una mosca bianca all’interno di SiriaLibano, o ha letto poco sul sito oppure ha frainteso il mio pensiero. La mia posizione non è manichea come lei vuole fare sembrare, anzi tutt’altro, in un confronto a voce si stupirebbe di scoprire come io sia molto critico verso la galassia ribelle e come dopo 5 anni di conflitto la mia soluzione per la Siria non sia proporre il collasso del sistema statale siriano. Ma ogni articolo ha vita a sè, non si possono sempre ribadire concetti e a volte si va in controtendenza là dove il filone principale dell’informazione si appiattisce su verità parziali o false narrative. Mettere in luce contraddizioni, o evidenziare alcune dinamiche daì più non considerate non equivale a parteggiare per la parte opposta. Tuttavia se ha il piacere di leggere Trombetta e con me è così polemico, tralasciando le specifiche competenze (quelle di Lorenzo sono certo superiori alle mie) qualche cosa non torna … conosco molto bene Lorenzo Trombetta e su una cosa posso mettere la mano sul fuoco, la pensiamo alla stessa maniera sui crimini di Asad e sulle violazioni dei diritti umani del regime siriano. Le dirò di più, la sorprenderebbe scoprire che forse io sono meno radicale verso il regime siriano di quanto lo sia Lorenzo. La ringrazio comunque del confronto. A.Savioli