Bashar, non sono il proprietario della Siria

A quattro giorni dalle annunciate elezioni amministrative in Siria, il presidente Bashar al Assad ribadisce di non aver mai dato ordine di sparare sui civili inermi, torna a definire ”errori individuali” le uccisioni di manifestanti anti-regime da parte degli agenti, e contesta l’ultimo bilancio Onu di circa 4.000 uccisi in quasi nove mesi di repressione, esprimendo dubbi sull’autorevolezza delle Nazioni Unite.

”Non uccidiamo la nostra gente. nessun governo al mondo uccide il proprio popolo, solo un pazzo lo farebbe”, ha detto Assad alla tv Abc nella sua prima intervista ad un’emittente statunitense dall’inizio delle proteste il 15 marzo scorso. L’ambasciatore Usa a Damasco, Robert Ford, e’ rientrato il 6 dicembre, assieme al collega francese Eric Chevalier, dopo un’assenza di un mese e mezzo che aveva fatto presagire una rottura definitiva tra la Casa Bianca e il regime di Damasco.

Secondo la lista dettagliata e aggiornata a stasera delle vittime siriane in quasi nove mesi di repressione, compilata dai Comitati di coordinamento locali degli attivisti, 4.936 siriani sono stati uccisi dalle forze fedeli ad Assad. Di questi, 4.042 sono civili e 892 sono militari o agenti dei servizi di sicurezza. Tra i civili si contano 113 donne e 364 tra bambini e adolescenti.

Assad – il cui governo concede con difficolta’ il visto d’ingresso a giornalisti stranieri e rende di fatto impossibile a un reporter accreditato documentare liberamente quanto avviene nel Paese – smentisce le cifre degli attivisti: ”Gran parte delle persone uccise sono sostenitori del governo”, ha detto all’Abc, stimando a circa 1.100 il numero dei soldati e degli agenti uccisi. Sul bilancio dell’Onu, il rai’s ha risposto con una domanda retorica: ”Che dice che le Nazioni Unite siano un’istituzione credibile?”.

Assad non nega tutte le uccisioni di civili ma afferma che ”ogni reazione bruta e’ stata individuale, non dell’istituzione””C’e’ differenza tra una politica di repressione e avere alcuni agenti che commettono errori. Non c’e’ stato alcun ordine di uccidere o di esser brutali”. Ogni giorno centinaia di video amatoriali vengono pubblicati su Internet dagli attivisti, che affermano di documentare cosi’ le uccisioni di civili da parte delle milizie lealiste. Il regime sostiene che si tratta di filmati artefatti.

Alla domanda se si sente in colpa per quanto sta avvenendo nel suo Paese, il presidente siriano risponde: ”Non ci si puo’ sentire in colpa quando si fa del proprio meglio”. Gli attivisti – che oggi denunciano l’uccisione da parte delle forze lealiste di almeno 13 civili, di cui nove solo a Homs – puntano invece il dito sulle milizie del regime (shabbiha), composte per lo piu’ da civili alawiti, branca dello sciismo a cui appartengono gli Assad. ”Sono il presidente della Siria, non il proprietario del Paese”, ha detto invece il rai’s.

Lunedi’ prossimo sono previste le elezioni amministrative nei diversi consigli comunali della Siria, le prime consultazioni dall’inizio delle proteste e della repressione. A maggio erano previste le legislative ma sono state posticipate sine die, in vista delle promesse riforme politiche. A tal proposito, Assad ha ricordato che il processo di cambiamento e’ in corso: ”Non abbiamo mai detto di essere un Paese democratico. stiamo procedendo con le riforme, specialmente negli ultimi nove mesi. ma ci vuole tempo e molta maturita’ per essere una democrazia a pieno titolo”.

E mentre Russia e Algeria hanno ribadito ai Paesi occidentali, europei e arabi del Golfo che ci vuole pazienza e tempo per risolvere la questione siriana, la Turchia ha imposto nuove sanzioni economiche, introducendo una tassa del 30% sulle importazioni provenienti dalla Siria. A proposito del recente inasprimento delle sanzioni Usa e dell’Ue e dell’avvio di misure restrittive anche da parte della Lega Araba, Assad ha affermato: ”Siamo stati sotto sanzioni negli ultimi 30, 35 anni. non e’ niente di nuovo. E non siamo isolati”. (Resoconto scritto per Ansa il 7 dicembre 2011).