Libano, quando a ucciderti è un “amico”

Cosa succederebbe se soldati israeliani aprissero il fuoco in territorio libanese e uccidessero a sangue freddo due donne, madre e figlia?Come reagirebbe il movimento sciita Hezbollah?

E cosa succederebbe se un giovane del sud del Libano venisse rapito da altri soldati israeliani, penetrati per l’occasione all’interno del territorio libanese? Come reagirebbe Hezbollah, “faro della resistenza nazionale libanese”?

Una domanda retorica fin troppo banale. Ma non per questo meno urgente quando si legge sui quotidiani di Beirut che un’anziana donna libanese di 75 anni, Halima Karumbi, contadina dell’alta valle della Beqaa, a ridosso del confine con la Siria, è stata uccisa il 9 maggio da colpi di arma da fuoco esplosi dal lato siriano. Anche sua figlia è morta in seguito alle ferite riportate al ventre.

Halima è stata colpita alla testa mentre si trovava nei pressi della sua abitazione, a Masharia al Qaa, territorio agricolo a due passi dalla postazione delle guardie di frontiera siriane, note come hajjana. Il corpo senza vita di Halima è stato portato all’ospedale più vicino, quello di Hermel. Sua figlia è rimasta per tutta la giornata tra la vita e la morte, ma in serata è deceduta anche lei.

La notizia e le circostanze della tragedia sono stata riferite dall’agenzia nazionale libanese e dai quotidiani di Beirut, oltre che dalla France Presse. Tutti hanno citato fonti della polizia locale.

In un altro episodio frontaliero, avvenuto sempre il 9 maggio, Muhammad Ibrahim, 34 anni, della regione di Abbudiya a ridosso del valico di confine ufficiale tra Libano e Siria, nel nord del Paese dei Cedri, è stato rapito da militari siriani che sono penetrati in territorio libanese.

La famiglia del ragazzo, riferisce il 10 maggio 2012 l’agenzia nazionale Nna, ha chiesto l’intervento delle autorità libanesi, dello Stato, protestando e bloccando la strada internazionale con copertoni di ruote dati alle fiamme. L’11 maggio, il quotidiano an Nahar ha pubblicato un’altra breve notizia in cui fornisce più dettagli del sequestro del giovane, da tutti noto come al Khuri, “il prete”.

Si tratta solo degli ultimi due episodi di violazioni commesse dall’esercito siriano nei confronti di cittadini libanesi. Dieci giorni fa, tre turisti – un libanese e uno svizzero – sono stati presi di mira da raffiche di mitra sparate dal territorio siriano mentre sciavano sul monte Shaykh (Hermon) nel sud-est del Libano. Un libanese è rimasto ferito.

E il mese scorso, nella regione frontaliera di Wadi Khaled, un cameraman della tv locale NewTv (al Jadid) è morto dopo che l’auto della troupe è stata investita da una pioggia di proiettili esplosi dal territorio siriano.

Chiudete gli occhi. Sostituite “confine con siro-libanese” con “confine “israelo-libanese” e “colpi esplosi dal territorio siriano con colpi esplosi dal territorio israeliano”. Qualcuno in Libano invocherebbe una nuova guerra col Nemico…

Aggiornamento, an-Nahar 12 maggio.

فتح طريق العبودية الدولية

عكار – “النهار”
نجحت المساعي التي بذلت على غير صعيد لاعادة فتح طريق العبودية الدولية التي كانت عائلة ابرهيم قطعتها اول من امس.
وقد تم رفع الخيمة من وسط الطريق وازالة العوائق، وبدأت الحركة تعود تدريجاً الى المعبر الشمالي بين لبنان وسوريا قرابة الثانية عشرة ظهر امس.
وكانت عائلة محمود محمد ابرهيم قطعت الطريق لليوم الثاني، مصرة على موقفها بعدم اعادة فتحها ما لم يتم الافراج عن ابنها الذي كان خطف الى داخل الاراضي السورية، وجددوا مطالبتهم الرؤساء الثلاثة وكل المعنيين باجراء الاتصال بالسلطات السورية للافراج عنه.