(di Alberto Savioli). Può sembrare sorprendente ma non lo è: il numero dei combattenti stranieri che combattono per il regime siriano è superiore ai combattenti stranieri arruolati dai ribelli. E la “guerra imperialista” condotta dai Paesi del Golfo e dall’Occidente – come ripete il mantra caro al regime – è tale e quale alla guerra condotta dalla Russia, dall’Iran e da Hezbollah nella difesa del regime siriano.
Il leitmotiv ripetuto dal regime siriano è noto: orde di combattenti stranieri al soldo dei paesi del Golfo sono state mandate in Siria per combattere il legittimo governo; la cosiddetta Primavera araba non è mai esistita. Al di là della negazione dei propri crimini, il regime non mente sul fatto che jihadisti stranieri siano impegnati in Siria.
Oramai – ma siamo al 2013, non nel 2011! – è innegabile che tra le fila dei ribelli ci sia stata una deriva di tipo estremista e confessionale e che siano impiegati anche combattenti stranieri provenienti da almeno 25 diversi paesi: dall’Arabia Saudita, dal Caucaso, dall’Iraq, dalla Libia, dall’Egitto, dalla Tunisia, da alcuni paesi occidentali.
Il loro numero è comunque ancora oggi sovrastimato dal regime, che vorrebbe convincere il mondo del fatto che tutti i ribelli siano salafiti e stranieri, ribadendo così la tesi del complotto globale.
Combattenti sciiti iracheni, Hezbollah e milizie iraniane.
Noto è il sostegno politico e con armi della Russia e dell’Iran al regime di Damasco, così come è nota la presenza di combattenti Hezbollah (circa 7.000 secondo recenti stime fornite da fonti interne al Partito di Dio) al suo fianco. Meno noto è invece che anche a sostegno di Assad vi sono combattenti stranieri. E che il loro numero è in aumento.
Si tratta di combattenti sciiti iracheni, addestrati da Hezbollah e dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana. Hezbollah sta utilizzando due gruppi per addestrare in Iraq delle milizie sciite paramilitari: questi sono il Kataeb Hezbollah (Battaglione Hezbollah) e l’Asaib Ahl al-Haq (Lega dei Giusti).
Si tratta del Jaysh ash Shaabi, Liwa’ Abu Fadl al Abbas, Kataeb Sayyed ash Shuhada, Liwa Dhu l Fiqar e Liwa’ Ammar ibn Yassir. Alcuni di questi gruppi hanno combattuto a fianco delle Forze di difesa nazionale, milizia del regime siriano che ha sostituito gli shabbiha – gli sgherri degli Asad – e i cui membri complessivi sarebbero circa 50.000.

All’interno delle brigate sciite provenienti dall’Iraq, vi sono anche dei combattenti sciiti afghani, pachistani, iraniani e libanesi. E perfino della Costa d’Avorio. La notizia della morte del martire ivoriano Suleiman al-Kawni è stata riportata anche dai media iraniani il 27 luglio 2013.
Nel recente incontro con Brahimi, il presidente siriano Bashar al Asad ha detto che nessuna soluzione politica può essere raggiunta in Siria senza la fine del sostegno internazionale ai ribelli che combattono il suo governo: “solo il popolo siriano è autorizzato a modellare il futuro della Siria”, ha dichiarato Asad. Non è noto se Brahimi o qualsiasi altro funzionario abbia interrogato Asad sull’assistenza fondamentale fornita al regime dall’Iran e da Hezbollah.
Secondo uno studio pubblicato dall’agenzia di stampa Upi, la campagna militare del regime di Asad è diretta dall’Iran, e la recente uccisione di un generale delle Guardie Rivoluzionarie iraniane (il generale Mohammad Jamali Paqaleh, veterano della guerra Iran-Iraq, finora è stato l’ufficiale col più alto grado a morire in Siria nel 2013) conferma la crescente presenza militare di Teheran nel sostenere il suo alleato. A dirigere le operazioni del regime siriano contro i ribelli è il generale Qassem Soleimani, anch’egli decorato al merito per le azioni durante la prima guerra del Golfo (1980-88).
Molti video girati evidentemente ad uso interno, riprendono combattenti e ufficiali iraniani impegnati a fianco alle forze fedeli ad Asad. Un video sottotitolato in inglese riprende una sorta di intervista ad un comandante in capo iraniano, girato da un cameraman iraniano morto negli scontri con i ribelli a metà settembre, nei pressi di Aleppo, e da questi ultimi trasmesso al giornalista Roozbeh Kaboly della Tv di Stato olandese. A partire dal minuto 2:15 del filmato, ci sono alcune affermazioni particolarmente illuminanti da parte di uno degli iraniani: “il fronte che stiamo combattendo ora non è un fronte in cui l’esercito siriano è in guerra con il popolo”.
“La guerra in corso in Siria è quella dell’Islam contro i non credenti. Il bene contro il male. Siamo i “buoni” perché il leader supremo dell’Iran è dalla nostra parte. [ …. ] I combattenti sono iraniani, Hezbollah, mujahidin iracheni e afgani e altri ancora. Gli avversari sono Israele, l’Arabia Saudita, la Turchi , il Qatar, finanziati dagli Emirati, inoltre l’America, l’Inghilterra, la Francia e l’Europa”.

Un’altra riflessione di tale Gene del blog Harry’s Place, sembra essere significativa, “ci sono apologeti del regime siriano sia a destra che a sinistra, entrambi vedono Bashar al-Asad come un sostenitore secolare della lotta per liberare il suo paese da radicali islamici, potrebbero essere sorpresi di scoprire che alcuni dei suoi fratelli in armi non la vedono affatto così”.
Infatti, nello stesso video viene messa in evidenza il tipo di ambivalenza verso la gente del posto, spesso provata da “consulenti” stranieri in tante guerre di questo genere. Nel filmato, gli iraniani parlano costantemente di come trattano i loro compagni siriani con rispetto e quanto i siriani apprezzino questo. Al minuto 4:19, mentre guida attraverso un villaggio siriano, un iraniano afferma: “quando siamo arrivati, non c’era nessun essere umano. Avevano abbandonato il villaggio”. E un altro iraniano risponde: “Non ci sono ancora esseri umani ora, solo gli arabi”.
Mercenari russi.
Ma in questo già complicato scenario fanno la loro comparsa anche i mercenari russi. Il sito jihadista kavkazcenter.com il 20 ottobre aveva riportato la notizia di un attacco dei combattenti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis) alle forze fedeli al presidente Asad, nei pressi della piccola oasi di Sukhne, a est della più famosa Palmira (Tadmor).
Il nome di uno di questi è stato individuato con certezza: si tratta di Aleksei Maliuta di Abinsk, della zona russa di Krasnodar. I documenti sequestrati rivelano che i mercenari sono stati reclutati dalla compagnia Slavonic Corps Limited che ha sede ad Hong Kong e che è impegnata in operazioni anche in Iraq e Afghanistan.
Lo stesso sito Internet ha pubblicato nuovi documenti relativi ai mercenari russi. Nel frattempo un giornale di San Pietroburgo, il Fontanka, ha svolto la propria indagine sulle accuse di coinvolgimento di mercenari russi nella guerra in Siria.
Volendo rimanere ai fatti e ai dati numerici attendibili, sorprendentemente, il numero dei combattenti stranieri che combattono per il regime siriano è superiore ai combattenti stranieri arruolati dai ribelli. E la “guerra imperialista” condotta dai Paesi del Golfo e dall’Occidente, come ripete il mantra caro al regime, è tale e quale alla guerra condotta dalla Russia, dall’Iran e da Hezbollah nella difesa del regime siriano.
L’Osservatorio nazionale siriano per i diritti umani (Ondus, piattaforma basata in Gran Bretagna, attiva dal 2007 e che conta sul monitoraggio sul terreno di centiniaia di medici e attivisti), ha documentato fino ad oggi 125.835 morti. Di questi, 44.381 sono civili (6.627 bambini e 4.454 donne), 19.264 sono ribelli combattenti, 2.221 soldati e ufficiali disertori, 31.174 soldati regolari, 2.781 vittime non identificate (documentate con foto e filmati), 6.261 ribelli stranieri e non identificati (la maggior parte sono stranieri), 19.256 combattenti dei Comitati Popolari, delle Forze di Difesa Nazionale, shabbiha e informatori pro-regime, 232 combattenti di Hezbollah, 256 milizie sciite straniere pro-regime. La propaganda pro-Asad contesta i dati dell’Ondus. Da questi lealisti attendiamo i dati del regime a tuttoggi inesistenti.
peccato che su questo blog non ti risponde mai nessuno!
Buonasera Davide, le rispondo direttamente.
In realtà si tenta di rispondere compatibilmente con gli impegni e il tempo disponibile, come potrà vedere su questo blog, altri articoli presentano lunghe discussioni e molti commenti.
Nel suo caso, mi risulta che abbia scritto solamente una volta in coda all’articolo “Quando gli anti-Asad si comportano come gli Asad”, in quel caso il suo commento fu “Interessante, grazie del post e del commento…”,
quindi anche in quel caso il suo commento venne pubblicato e le venne data risposta.
Se ha qualche domanda da fare, sarò felice di risponderle.
Cordialmente, Alberto Savioli.