Processo Hariri al via. Nove anni dopo

Gigantografia dell'ex premier Rafiq Hariri(di Alberto Zanconato, Ansa). Un’occasione per cominciare a fare chiarezza su una stagione di violenza che da dieci anni e’ tornata a scuotere il Libano, ma anche una possibile fonte di nuove tensioni nel momento in cui il Paese appare sempre più sull’orlo del baratro.

E’ con sentimenti contrastanti che i libanesi attendono l’apertura giovedì 16 gennaio all’Aja del processo per l’uccisione nove anni fa in un attentato dell’ex premier anti-siriano Rafiq Hariri. I quattro imputati – Salim Jamil Ayyash, Mustafa Amin Badreddine, Hussein Hassan Oneissi e Assad Hassan Sabra, tutti membri di Hezbollah – non compariranno davanti al Tribunale speciale per il Libano (Tsl) istituito dall’Onu.

Il movimento sciita ha infatti rifiutato di consegnarli, affermando che il Tsl è uno strumento delle politiche americane e israeliane. Latitante rimane poi un altro membro di Hezbollah, Hassan Habib Mer’i, l’ultimo a essere incriminato, la scorsa estate.

L’uccisione di Hariri, morto con altre 22 persone nell’esplosione di una potentissima autobomba il 14 febbraio del 2005 nella zona dei grandi alberghi di Beirut, avvenne nel corso di una campagna di attentati in cui furono eliminati diversi esponenti politici e giornalisti schierati su posizioni anti-siriane.

I servizi di sicurezza di Damasco furono in un primo tempo inseriti nella lista dei sospetti da parte degli inquirenti, ma il loro presunto ruolo non fu più citato dopo che, a partire dal 2008, gli Usa e la Francia erano tornati a dialogare col regime siriano. La reazione popolare all’attentato costrinse tuttavia la Siria a ritirare pochi mesi più tardi le sue truppe dal Libano dopo 29 anni di occupazione.

Le milizie di Hezbollah combattono ora in Siria al fianco delle forze del presidente Bashar al Assad mentre miliziani di organizzazioni estremiste sunnite si sono uniti ai ribelli. Il conflitto si e’ cosi’ esteso al Paese dei Cedri, che negli ultimi mesi e’ stato colpito di nuovo da un’impressionante serie di attentati.

Dall’agosto scorso almeno tre autobomba hanno provocato stragi nei quartieri meridionali di Beirut feudo di Hezbollah. Mentre altri attentati hanno preso di mira due moschee nella citta’ settentrionale di Tripoli, a maggioranza sunnita.

Il 27 dicembre scorso in un attentato nel centro della capitale e’ stato ucciso l’ex ministro Muhammad Shatah, braccio destro di Saad Hariri, il figlio dell’ex premier assassinato che in seguito ha a sua volta ricoperto la carica di capo del governo.

Il 19 novembre e’ stata presa di mira anche l’ambasciata dell’Iran, potenza regionale alleata di Hezbollah e del regime di Damasco.Due attentatori suicidi hanno provocato 25 morti.

Il caso contro i quattro imputati nel processo Hariri e’ “molto convincente”, ha affermato il rappresentante dell’accusa, il procuratore canadese Norman Farrell. “Le prove saranno presentate, le voci delle vittime saranno udite non solo dai libanesi, ma da tutta la comunita’ internazionale”, ha aggiunto Farrell in un’intervista al quotidiano di Beirut, The Daily Star.

Il procuratore ha rinnovato il suo appello alle autorità libanesi perche’ collaborino alla cattura degli imputati. Ma e’ ben difficile che ciò accada, vista la potenza militare di Hezbollah, la sua importanza come partito e la delicata fase politica che attraversa il Paese.

Dal marzo scorso, quando si dimise l’esecutivo guidato dal primo ministro Najib Miqati, il premier incaricato Tamam Salam cerca di formare un nuovo governo con la presenza sia di forze vicine al regime siriano e all’Iran sia di quelle del campo avverso, amiche dell’Arabia saudita. (14 gennaio 2014, Ansa).