(di Lorenzo Trombetta, Limesonline) Poche ore dopo l’arrivo a Damasco della prima squadra di osservatori arabi incaricati di preparare il terreno all’intera missione della Lega Araba, il centro della città è stato scosso venerdì 23 dicembre da due attentati dinamitardi, compiuti secondo la tv di Stato da due kamikaze legati ad al Qaida e nei quali sono morte – secondo il bilancio non definitivo – 40 persone, mentre oltre 100 sono rimaste ferite.
A differenza dei vicini Libano e Iraq, la Siria è raramente teatro di attentati kamikaze e l’attacco odierno si inserisce in un contesto di forte tensione nel paese scosso da dieci mesi di proteste anti-regime, soffocate da una sanguinosa repressione (che ha fatto oltre 5 mila morti secondo l’Onu) e sfociate da settimane in una rivolta armata attiva in alcune regioni, come quelle di Homs, Daraa e Idlib. Anche oggi, com’è consuetudine ormai ogni venerdì, giorno di preghiera comunitaria islamica, sono in corso manifestazioni di protesta in varie località e gli attivisti anti-regime riferiscono dell’uccisione di almeno 14 civili, per lo più a Homs, nel “Venerdì del protocollo della morte” – in riferimento al protocollo firmato tra Lega Araba e Siria per la definizione della missione di osservatori arabi.
Le notizie del duplice attentato a Damasco – compiuto nel centrale quartiere di Kafar Suse contro la sede della Sicurezza dello Stato (Amn ad Dawla) e contro un carcere della Sezione locale (Faraa Mintaqa) di un’altra delle quattro agenzie di controllo e repressione del regime – sono state diffuse dai media del regime: la tv di Stato siriana, l’agenzia Sana e la tv ad Duniya, di proprietà di una cordata di imprenditori vicini al potere. È stata invece al Manar, la tv del movimento sciita Hebzollah, alleato di Siria e Iran, a riferire per prima un bilancio provvisorio. Nei giorni scorsi, gli stessi media avevano dato ampio spazio all’avvertimento pronunciato dal ministro della Difesa libanese (di un governo dominato di fatto da Hezbollah) secondo cui membri di al Qaida si erano infiltrati in territorio siriano dalla regione dell’Aarsal, a maggioranza sunnita, nella valle orientale della Beqaa.
Il ministero degli Esteri di Damasco, due ore dopo gli attentati di Kafar Suse, ha detto in una nota: “Avevamo ricevuto avvertimenti dal governo libanese dell’infiltrazione di membri di al Qaida in Siria”. Se non fossero ancora chiare le conclusioni che il regime degli al Asad ha voluto trarre da subito circa la matrice dell’attacco – la prima menzione del coinvolgimento di al Qaida è giunta circa un minuto dopo la prima notizia dell’esplosione – ci ha pensato la tv di Stato di Damasco.
Citando non meglio precisati “analisti politici”, l’emittente ha detto: “Chi ha fatto entrare gli uomini armati di al Qaida è l’alleanza che dall’estero sostiene il complotto contro la Siria”. E ancora: “In Siria c’è una guerra terroristica che colpisce il popolo e lo Stato allo stesso modo”. Il presidente Bashar al Assad lo ha ripetuto più volte e molti in Occidente gli hanno creduto e continuano a credergli: se cade il regime, la Siria sarà un nuovo Iraq. O peggio: un altro Afghanistan, anzi decine di Afghanistan. In entrambi gli scenari – si sa – le autobomba e i kamikaze “di al Qaida” sono di casa.
Gli attentati di Damasco, eseguiti a due giorni dal Natale cattolico, vengono inoltre compiuti mentre i primi 12 osservatori della Lega Araba, arrivati ieri sera, devono ancora svuotare le loro valige. Stamani si sono subito recati sul luogo dell’attentato, ha detto la tv di Stato. Il resto della missione è attesa entro la fine della settimana prossima e in molti temono che il livello di violenza nel paese continui a crescer in modo esponenziale, come successo nei giorni che hanno preceduto l’arrivo della prima squadra di osservatori.
Da lunedì a mercoledì, oltre 200 persone tra civili e disertori sono morti – secondo attivisti anti-regime – nella regione nord-occidentale di Idlib. Le fonti riportano nomi e cognomi delle vittime, luogo della loro uccisione e riferiscono di veri e propri massacri condotti contro le caserme di militari in procinto di disertare. Michel Kilo, uno dei decani del dissenso politico interno, cristiano di nascita ma noto per le sue posizioni aconfessionali, ha messo in dubbio la versione offerta dal regime circa gli attacchi di Damasco, affermando che si tratta di una delle tappe di un “caos organizzato e pianificato”.
A proposito di “caos” contrapposto a “stabilità”, gli stessi non precisati “analisti politici” citati stamani dalla tv di Stato affermavano: “È questa la democrazia che vogliono i nemici della Siria, paese della sicurezza e della stabilità?”. Parole apparse sulla scritta in sovrimpressione mentre l’emittente proponeva a ripetizione le immagini delle vittime e dei danni degli attentati di Kafar Suse. La ciliegina sulla torta mediatica l’ha messa Hezbollah, che in un comunicato ha accusato gli Stati Uniti (“al soldo dei sionisti”) di esser dietro al duplice attentato di Damasco e alla catena di esplosioni che hanno sconvolto Baghdad due giorni fa.
A breve si attende un bel “comunicato di al Qaida” – magari postato su uno dei mille forum jihadisti, dove chiunque può registrarsi come membro – col quale l’organizzazione terroristica rivendica l’attacco. Chissà se al Qaida rivendicherà anche l’uccisione di oltre 5 mila siriani caduti dal 15 marzo ad oggi, la cui morte è invece attribuita da attivisti siriani alle forze del regime?
al posto del “comunicato di al Qaida” c’é stato il comunicato dei fratelli musulmani che ha rivendicato l’attentato su un sito che poi é risultato essere un clone del sito originale…. e la persona che lo ha creato é figlio del consigliere del gran mufti Hasson… che coincidenza
Si tratta di coincidenze pianificate dal regime, machiavellico burattinaio da 40 anni.
Nessuna coincidenza è mai banale o casuale..