Il foro della pallottola è ben visibile al centro del petto. Il video amatoriale diffuso il 14 ottobre 2011 da un canale Youtube di attivisti siriani (si veda più in basso) mostra il corpo del ragazzino di undici anni, Ibrahim Shayban, ucciso lo stesso giorno a Midan, quartiere centrale di Damasco, disteso su una tavola, coperta – sembra – da una tovaglia. La salma è avvolta da un lenzuolo, che viene scostato in parte per mostrare la ferita in mezzo a un corpo intatto, sotto un viso senza espressione.
Secondo la lista dettagliata del Centro di documentazione delle violazioni in Siria, legato ai Comitati di coordinamento locale degli attivisti, Ibrahim è il 210/mo bambino a trovare la morte in sette mesi di proteste anti-regime e nella conseguente repressione compiuta dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad.
Le cifre in possesso dell’Alto commissariato Onu per i diritti umani (Acnur) e rese note oggi da Ginevra parlano di 187 bambini uccisi in un totale di oltre 3.000 morti.
Gli attivisti forniscono una lista di 3.424 uccisi. Una media che oscilla, a seconda dei bilanci, tra i 14 e i 16 morti al giorno da marzo scorso. Oltre cento negli ultimi dieci giorni. Quarantasei tra ieri e oggi.
Dal canto loro, le autorità di Damasco finora hanno parlato di 1.110 uccisi tra agenti e militari e circa 700 civili morti, senza però fornire le generalità di questi ultimi.
Il 14 ottobre, 33/mo venerdì consecutivo di manifestazioni, almeno tre giovanissimi sono stati uccisi – secondo gli attivisti – dal piombo delle forze di sicurezza: Muhammad Aqla di Enkhel (Daraa), Ibrahim Shayban di Damasco e Walid Abu Zayd di Dael (Daraa). Si parla di una bimba uccisa a Dael, ma non è confermato.
I media ufficiali smentiscono queste notizie. L’agenzia ufficiale Sana ha riferito dell’uccisione di un soldato in un attacco terroristico compiuto da un gruppo armato contro un posto di blocco all’ingresso di Enkhel.
L’agenzia attribuisce inoltre il ferimento di un numero imprecisato di civili a Daraa all’esplosione di un ordigno rudimentale piazzato da terroristi nei pressi dell’antica moschea al Omari.
Secondo i dati degli attivisti e aggiornati alle 20:00 italiane, il bilancio provvisorio è di 11 morti. Cinque a Dael e tre, di cui una donna della famiglia Nayef, a Enkhel. Nell’area di Damasco, oltre al giovane Ibrahim di Midan, risulta morto Hassun Yassin di Saqba, sobborgo della capitale. A Rastan, nei pressi di Homs e teatro all’inizio di ottobre di una battaglia tra disertori e lealisti, un anziano di 85 anni, Muhammad Adam, è stato ucciso. Ad Anadan, poco lontano da Aleppo nel nord, è morto Muhammad Hashum, di cui ancora non si conosce l’età.
Questo venerdì dagli attivisti era stato dedicato ai “Liberi dell’esercito”, in riferimento ai sempre più numerosi militari disertori. Negli ultimi dieci giorni si sono verificati intensi scontri senza precedenti tra forze lealiste e soldati che si sono uniti ai manifestanti in tre diverse zone della Siria: nella provincia nord-occidentale di Idlib al confine con la Turchia, in quella centrale di Homs e Hama, e in quella meridionale di Daraa, primo epicentro delle proteste.
Sempre il 14 ottobre, decine di migliaia di curdi siriani del nord-est sono scesi in piazza per invocare la caduta del regime, da più parti indicato come mandante dell’assassinio, una settimana fa, di Mishaal Tammo, noto oppositore curdo e membro del Consiglio nazionale di oppositori formatosi all’inizio di ottobre a Istanbul. (Resoconto per Ansa del 14 ottobre 2011).
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