Almeno cinque civili sono stati uccisi l’8 ottobre 2011 nel nord-est siriano a maggioranza curda dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad che tentavano di disperdere decine di migliaia di persone riunitesi nella cittadina di Qamishli per partecipare ai funerali di Meshaal Tammo, noto oppositore curdo ucciso il giorno prima in un agguato.
Secondo i Comitati dei coordinamento locali, quattro persone sono state uccise a Qamishli e un’altra ad Amuda, località poco distante, durante manifestazioni di protesta seguite all’omicidio di Tammo, 53 anni, membro del neonato Consiglio nazionale siriano (Cns), principale piattaforma degli oppositori all’estero e in patria che invocano la caduta del regime.
Gli stessi attivisti siriani hanno puntato il dito contro i servizi di sicurezza di Damasco, affermando che Tammo è stato ucciso da quattro uomini armati col volto coperto e che hanno fatto irruzione a casa sua, ferendo il figlio – grave in ospedale – e un’altra attivista.
Dal canto suo l’agenzia ufficiale Sana aveva attribuito la responsabilità dell’agguato a uomini armati che hanno aperto il fuoco contro la vettura di Tammo mentre erano a bordo di un auto nera.
Uno dei figli di Tammo, Fares, intervistato dalla tv panaraba al Jazira da Arbil, nel Kurdistan iracheno, non ha escluso che i curdi siriani possano ora “prendere le armi contro il regime” di Damasco. Gran parte dei media indipendenti sono banditi dalla Siria dall’inizio delle proteste e della conseguente repressione in corso da marzo scorso.
Sempre al Jazira ha mostrato in diretta, tramite Skype, il corteo funebre di Qamishli, poi trasformatosi in una massiccia manifestazione anti-regime a cui hanno partecipato circa 50.000 persone. “Qamishli è stata accerchiata da un fitto cordone di sicurezza sin dalle prime ore del giorno”, afferma all’ANSA un attivista curdo, che ha preferito rimanere anonimo, interpellato telefonicamente a Damasco.
“Ma nelle altre località circostanti, come Darbasiya (dove è stato ucciso Tammo) e Amuda c’erano cortei di migliaia di persone pronti a dirigersi a Qamishli”. L’attivista ha inoltre affermato che da ieri sera i quartieri di Damasco a maggioranza curda, come Rukn al-Din, sono stati circondati dalle forze di sicurezza per il timore che i loro abitanti potessero scendere in strada in solidarietà con i loro ‘fratelli’ di Qamishli, come già avvenuto nelle violente proteste del marzo 2004, quando migliaia di curdi siriani manifestarono violentemente anche ad Aleppo e Damasco.
Il centro di documentazione delle violazioni in Siria, legato ai Comitati di coordinamento riferisce dell’uccisione di altri sei civili: quattro a Jibrin, nella regione centrale di Hama, uno a Dumayr e un altro a Duma, entrambi sobborghi di Damasco.
Sul piano politico, il ministero degli esteri russo ha fatto sapere che il 12 ottobre potrà incontrare una delegazione del Consiglio nazionale, la cui creazione è stata formalizzata ai primi del mese a Istanbul. Al Cairo, sempre l’8 ottobre alcuni membri del Cns, si sono incontrati per eleggere l’organo direttivo, mentre alla periferia di Damasco, un’ala di anziani oppositori che non si è unita al Consiglio nazionale ha tenuto una conferenza stampa per ribadire il rifiuto di ogni intervento straniero per far cadere il regime. (Resoconto per Ansa dell’8 ottobre 2011)
Bellissima la foto.
Allarghiamo, con la benevolenza di SiriaLibano, la visuale sulla questione curda.
Da Wikipedia, pagina “Kurds in Turkey”: Human Rights Watch has documented many instances where the Turkish military forcibly evacuated villages, destroying houses and equipment to prevent the return of the inhabitants. An estimated 3,000 Kurdish villages in Turkey were virtually wiped from the map, representing the displacement of more than 378,000 people.
Uno “scenario iracheno” per la Siria e’ visto con favore dai curdi iracheni, che sperano di inanellare due mini-entita’ confinanti a maggioranza curda; ed e’ accettabile anche per Ankara, che sa di avere ora e sempre mano libera per risolvere nella maniera abituale il problema della diversita’ etnica sul suolo turco… e anche oltre il proprio confine.
Incollo, a quest’ultimo proposito, un’informazione tratta dalla pagina in inglese di wikipedia dedicata al conflitto Turchia-PKK.
On August 17, 2011, the Turkish Armed Forces launched multiple raids against Kurdish rebels, striking 132 targets.Turkish military bombed PKK targets in northern Iraq in six days of air raids, according to General Staff, where 90-100 PKK soldiers were killed, and at least 80 injured.
Sullo stesso evento, un link all’agenzia Reuters del 23 agosto 2011, che nel dare le vittime, cita solo le fonti militari turche, che sono state bravissime: in sei giorni di bombardamenti, uccisi cento soldati curdi, altre decine di miliziani curdi feriti, e (si presume) neanche un civile. Precisione chirurgica. A guardare il video, si nota che i dimostranti curdi a Sulemanya (nord di Baghdad) mostrano foto di civili, asseritamente uccisi nei bombardamenti. La Reuters si limita a dire che le “casualty figures (fornite dai turchi) could not be confirmed”. Possiamo archiviare il caso.
http://www.reuters.com/article/2011/08/23/us-turkey-iraq-military-idUSTRE77M1SY20110823
La questione curda ha causato decine di migliaia di morti (alcuni ritengono 40.000 in meno di trent’anni), e a stento se ne parla, e soltanto perche’ il bombardamento turco e’ avvenuto per sei giorni nel nord dell’Iraq “liberato”. Sono passati oltre vent’anni da quando l’Occidente, cronicamente afflitto da amnesia selettiva, stabiliva una no-fly zone sul nord Iraq per proteggere i curdi.
Nella lotta del popolo curdo per l’indipendenza, la parte del cattivo non l’ha fatta il regime siriano, che pure non e’ stato un angelo nei confronti dei curdi, ma almeno non puo’ essere accusato di genocidio. Se diventiamo pro-kurdi quando questi ultimi si sollevano contro Bashar, va anche bene, basta che non ci dimentichiamo che la modernissima Turchia, “modello per le rivoluzioni arabe”, cui sta cosi’ a cuore l’affermazione dell’opposizione democratica in Siria, non e’ poi cosi’ democratica e amante della diversita': disperde con la forza le manifestazioni curde e si prende la liberta’, in un medio-oriente frammentato, di bombardare i curdi anche oltre il proprio confine. I curdi in Siria, pur negletti e sprovvisti di passaporto, sono stati sempre meglio sotto gli Assad che nell’Iraq di Saddam e in Turchia. Gli sconfitti della Storia resteranno tali, se ci ricordiamo di loro solo quando la loro battaglia coincide, forse per un momentaneo scherzo del fato, con la nostra.
cafe79
PS per SiriaLibano: so che questo sito e’ dedicato a due Paesi, ma e’ impossibile trattare solo Siria e Libano, perche’ le vicende regionali sono troppo intrecciate. Il commento non e’ una critica all’articolo, ma nasce dal desiderio (o dalla necessita’) di inquadrare la questione curda nel suo complesso. Anche perche’ ho il sospetto che l’atteggiamento della Turchia nei confronti dell’ex alleato Bashar sia cambiato anche grazie al via libera americano alla “mano pesante” turca contro i curdi in tutta la regione. Tradotto: la Turchia, secondo una certa visione, diventera’ un power-broker regionale, poiche’ sara’ in grado di tenere testa a due grandi Paesi arabi semiframmentati e militarmente irrilevanti. Avra’ al confine due mini-staterelli curdi cuscinetto (uno in Iraq gia’ c’e’, l’altro in Siria ci sara’ presto) all’interno di failed states, dove potra’ continuare a sbattere, con buona pace delle democrazie occidentali, i profughi curdi in fuga da una Turchia etnicamente purificata. Laddove la situazione dovesse andare fuori controllo, le forze militari turche intervengono, con la gentilezza che le caratterizza; e questo gia’ accade.
Caro Cafe79, grazie per i tuoi commenti. Il tuo PS potrebbe diventare un interessante articolo. Ti va di scriverlo, quando hai tempo, per SiriaLibano?