Siriani anche loro – Bilal Ahmad Bilal

Bilal Ahmad BilalSi aggravano di giorno in giorno le condizioni di salute del giovane giornalista siro-palestinese detenuto da più di 18 mesi nelle carceri del regime del presidente Bashar al Asad.

Lo riferiscono i familiari citati dal Comitato di coordinamento di Muaddamiye, sobborgo a sud-ovest di Damasco solidale con la rivolta.

Le fonti ricordano che Bilal Ahmad Bilal (foto), 26 anni, che collaborava col canale televisivo Filastin al yawm (Palestina oggi, canale basato a Beirut), era stato arrestato alla fine del dicembre 2011 dai servizi di sicurezza militari nei pressi dell’aeroporto di Mezze, alla periferia ovest della capitale siriana.

Era stato in seguito trasferito nel braccio dei detenuti politici di Saydnaya. Qui – affermano le fonti che non sono state finora smentite dalle autorità di Damasco – Bilal è stato sottoposto a dure torture.

I parenti di Bilal affermano inoltre che il tribunale militare di Damasco ha condannato Bilal a 15 anni di carcere perché riconosciuto colpevole di aver “diffuso informazioni false tese a indebolire il morale della nazione”.

Sin dallo scoppio delle prime inedite proteste popolari nella primavera del 2011, il giornalista siriano di origini palestinesi diffondeva anche sul suo profilo Facebook notizie sulla repressione in corso a Muaddamiye da parte delle forze fedeli agli Asad.

La legittimità dell’azione dei tribunali militari siriani in materia di crimini commessi da civili è rimasta in vigore in forza della legge detta dell’anti-terrorismo.

Questa è stata promulgata nel 2011, il giorno stesso dell’abrogazione della legge d’emergenza del 1962, dal duktur Bashar al Asad il riformatore (al muslih), presidente legittimo e democraticamente eletto a capo della Repubblica araba (ovvero: che considera di serie B gli armeni, i curdi, i turcomanni, i circassi e tutte le altre comunità non arabe) siriana.