I cristiani d’Oriente “sono parte integrante del mondo arabo e devono essere un attore politico nella primavera araba in corso”: all’insegna di questo auspicio si apre domenica prossima nei pressi di Beirut un mega convegno, con oltre 700 invitati tra intellettuali e politici libanesi e arabi, dedicato al ruolo dei cristiani arabi nelle rivolte popolari in corso nel Nordafrica e in Medio Oriente.
“Noi cristiani d’Oriente siamo gli interlocutori più indicati per far comprendere all’Europa, e in generale all’Occidente, l’importanza del dialogo islamo-cristiano”, afferma Fares Suaid, già deputato nel parlamento libanese e co-fondatore del gruppo di intellettuali cristiani libanesi “Sayyidet al Jabal” (Signora della Montagna), dal nome del convento a nord-est di Beirut dove si tenne undici anni fa la loro prima riunione.
“Il nostro ruolo è come quello di Sant’Egidio in Italia”, afferma Suaid parlando con ANSAMed alla vigilia del convegno del 23 ottobre. Da più di dieci anni Sayyidet al Jabal riunisce periodicamente attorno a un tavolo intellettuali e leader d’opinione non solo cristiani e non solo libanesi per “produrre riflessioni su quanto avviene nella regione, per fornire letture politiche e culturali necessarie ad affrontare le sfide che ci si pongono dinnanzi”.
Secondo Suaid, dopo l’11 settembre 2001 e dopo l’omicidio dell’ex premier libanese Rafik Hariri nel 2005, le rivolte che scuotono da dieci mesi la regione sono la sfida cruciale del primo decennio del nuovo millennio: “E’ un evento paragonabile alla caduta del muro di Berlino nel 1989″, afferma l’ex deputato, originario della regione di Byblos a nord di Beirut. “La primavera araba aprirà un periodo di incertezza in tutto il Mediterraneo con inevitabili destabilizzazioni in Europa”.
“E se nel 1989 – prosegue in un italiano impeccabile, frutto di sei anni di studi di medicina prima della specializzazione in cardiologia ottenuta in Francia – ad essere investite dalla destabilizzazione furono le frontiere orientali dell’Europa, ora saranno le sue sponde meridionali. L’Europa sarà dunque la cassa di assorbimento di questi sommovimenti, non solo per eventuali aumenti di immigrazione ma anche per possibili ripercussioni politiche all’interno delle comunità arabe e musulmane nelle città europee”.
“L’Italia, prima degli altri, per la sua storia e la sua posizione, deve comprendere la portata di questi eventi”, afferma Suaid, secondo cui i “cristiani arabi sono gli interlocutori più indicati a cui rivolgersi per capire cosa sta succedendo”. “Noi cristiani d’Oriente – spiega – non siamo marziani, alieni calati dallo spazio. Siamo parte di queste società e dobbiamo oggi difendere i principi di cittadinanza, di rispetto dei diritti umani e di democrazia. Abbiamo qualcosa da dire nella primavera araba”.
Suaid critica duramente i vertici delle chiese cristiane d’Oriente, da mesi allineate a difendere le dittature arabe, in particolare il vicino regime siriano di Bashar al Assad, scosso da sette mesi di proteste continue nonostante una sanguinosa repressione che ha causato finora oltre 3.000 morti accertati.
“La Chiesa usa l’argomento della paura del fondamentalismo islamico per difendere le dittature, ma così facendo rischiano di rimanere fuori dalla Storia e dalla geografia della regione”. “La primavera araba – secondo Suaid – è un processo che nessuno può ormai fermare. Schierarsi contro di essa significa schierarsi contro la maggioranza dei manifestanti, che sono musulmani.Ci si schiera contro l’Islam. Si divide invece di unire. E si preparano le basi per un futuro di emarginazione e non di convivenza. Se i cristiani si allineano contro la rivoluzione – conclude Suaid – contro i principi che dovrebbero invece difendere, si schierano contro se stessi”. (Scritto per Ansamed il 20 ottobre 2011).
Lascia una risposta