Sui cristiani scomparsi nelle carceri di Asad

Collage realizzato dalla Rete siriana per i diritti umani

Non solo vittime dello Stato islamico, i cristiani siriani sono vittime anche del regime siriano: sono circa 450 i siriani ortodossi e cattolici arrestati, torturati e, molti di loro scomparsi, nelle carceri della famiglia Assad al potere in Siria da mezzo secolo.

L’accusa nei loro confronti è quasi sempre la stessa usata per tutti gli altri detenuti politici: “terrorismo”, “collaborazionismo con Paesi stranieri”, “indebolimento del sentimento patriottico”.

Secondo un rapporto diffuso nelle ultime ore dalla Rete siriana per i diritti umani, una delle piattaforme umanitarie che monitorano le violazioni nel Paese, nella lista completa dei 112mila detenuti politici identificati 450 “appartengono alla comunità cristiana”. Tra di loro figurano anche 28 donne.

E’ un fenomeno non certo nuovo e che in Siria ha una storia decennale, come raccontato anche da Mustafa Khalife, cristiano siriano a lungo sottoposto a torture nelle prigioni del regime. Khalife è autore de La Conchiglia, il suo libro di memorie di recente tradotto e pubblicato anche in Italia.

La Rete per i diritti umani ricorda inoltre che dal 2011 circa il 90% degli attacchi ai luoghi di culto cristiani in Siria sono stati portati dalle forze governative e dai loro alleati. Dal canto loro, i principali gruppi armati delle opposizioni, nonostante il loro crescente radicalismo, dal 2011 a oggi non hanno dimostrato di voler prendere di mira i cristiani siriani in quanto cristiani.

Con l’entrata in scena dell’Isis dalla primavera dell’anno scorso, il gruppo jihadista ha cominciato invece a fare concorrenza ai lealisti nella triste classifica di chi ha danneggiato, distrutto e dissacrato più chiese in Siria.

Tra i detenuti politici cristiani nelle carceri di Damasco spiccano i nomi di Gabriel Mousa Kouriye, classe 1962, arrestato nell’agosto 2013 a Qamishli, nel nord-est, perché storico dissidente siriaco. Con lui sono finiti in carcere Said Melki e Robert Bahho.

Il medico Samir Ibrahim di Hasake, sempre nel nord-est, è stato arredato perché prestava soccorso alle vittime della repressione del regime. L’avvocato Khalil Maatuq di Damasco, con una lunga esperienza di difesa dei detenuti poltici, è stato prelevato dai servizi di sicurezza del regime nell’ottobre del 2012 e da allora di lui si sono perse le tracce.

Ancora più inquietante è la storia di Ibtisam Sukkariye, nel luglio 2013 arrestata a Latakia, nella regione costiera e feudo degli Assad, assieme alla figlia Mary. La figlia è stata di recente liberata, la madre è ancora dietro le sbarre. Tra i nomi meno noti elencati nel rapporto figurano un volontario della Mezzaluna Rossa siriana arrestato a Damasco, e altri attivisti di un partito siriano tradizionalmente ostili al regime.

Nel rapporto odierno, l’Ong siriana denuncia anche l’arresto e la scomparsa di cristiani finiti nelle mani dei jihadisti dello Stato islamico e di altri gruppi estremisti armati.

Tra loro ci sono i nomi del gesuita italiano Paolo Dall’Oglio, nel rapporto considerato “siriano di origini italiane”, finito in mano all’Isis nel luglio 2013, e il francescano di Idlib Hanna Musa. A non meglio precisati gruppi di miliziani radicali è invece attribuita la scomparsa di due vescovi ortodossi, Bulos Yazigi e Gregorios Ibrahim, rapiti nell’aprile 2013 nei pressi di Aleppo. (Ansa).