Un giornalista francese, Gilles Jacquier, reporter di France 2 (foto), è stato ucciso oggi a Homs da un’esplosione nel quartiere alawita di Akrama. E’ il primo giornalista occidentale a perdere la vita in Siria dall’inizio della repressione delle proteste anti-governative.
Si era salvato a Gaza, in Afghanistan, in Iraq, in Libia. E’ caduto in Siria. Un suo collega olandese – Steven Wassenaar, freelance – è stato lievemente ferito a un occhio (inizialmente si era parlato di un belga). Altri sette siriani – riferisce la tv ad Duniya vicina al regime – sono stati uccisi.
Come riferisce un fotografo dell’Afp, testimone dell’accaduto, i giornalisti facevano parte di un tour organizzato dalle autorità nella terza città del Paese ed epicentro della repressione e della conseguente rivolta. Erano intenti a seguire un corteo di lealisti quando il gruppo è stato colpito da proiettili di mortaio. Il fatto stimola qualche domanda a caldo.
1) Chi ha la possibilità di usare mortai in Siria?
a) Se sono i disertori o, per dirla con i complottisti, i salafiti-infiltrati-terroristi-sionisti, allora è una davvero una notizia. Significa che è in atto un’escalation militare. Finora, i disertori, e i civili che si uniscono a loro, hanno dato prova di usare fucili automatici e lancia granate. A Jabal Zawiya (Idlib) hanno detto di esser riusciti a portare un lancia razzi anti-carro. Ma dei mortai finora non se ne sapeva nulla.
b) Se non sono i disertori, allora è il regime. Perché i marziani ancora non si sono manifestati.
2) Se sono stati i disertori con i mortai nuovi di zecca – arrivatigli dai francesi-turchi-Nato-Israele, ancora con la plastica e le targhette – perché puntare su un quartiere lealista?
a) Perché, diranno alcuni, in quanto cattivoni, non vedono l’ora di sterminare i loro nemici, gli alawiti vittime del complotto. Per caso, in quel momento, c’erano anche due giornalisti occidentali. Ma, nella retorica del regime, i giornalisti occidentali non sono servi del complotto? Da una parte gli agenti del complotto vengono descritti come molto scaltri, dall’altra – se è vero che per errore hanno ucciso un loro complice – il reporter – si mostrano come degli arruffoni.
Se è stato il regime, perché sparare contro un quartiere lealista rischiando di uccidere – come poi è avvenuto – propri sostenitori e dei giornalisti stranieri?
a) Per dimostrare, diranno altri, che Homs è pericolosa ed è bene non avvicinarsi alla città. Osservatori e giornalisti accreditati sono ora avvertiti. Per attribuire l’attacco ai terroristi che impediscono il libero accesso agli operatori dell’informazione, liberamente accolti dalle autorità di Damasco.
3) Perché gli agenti del complotto attaccano siriani civili (Damasco, 6 gennaio) quando dovrebbero cercare di raccogliere consenso interno? E attaccano gli osservatori arabi (11 di loro sono stati feriti a Latakia e Homs il 9 gennaio), quando dovrebbero cercare di convincerli della bontà della loro causa? E attaccano i giornalisti occidentali, quando dovrebbero invece averli alleati per ricevere il sostegno internazionale?
4) Perché la prima volta che i terroristi-cattivoni attaccano un corteo lealista, lo fanno proprio quando c’è un giornalista occidentale?
5) Perché il regime organizza tour per giornalisti solo nei quartieri lealisti a maggioranza alawiti (circostanza confermata da almeno quattro colleghi autorevoli che hanno partecipato a questi viaggi)?
a) Perché, diranno alcuni, gli altri quartieri sono troppo pericolosi e le autorità siriane, responsabili, tengono all’incolumità dei loro ospiti. Per ragioni di sicurezza insomma.
b) Perché, diranno invece altri, il regime non vuole mostrare l’altra faccia di Homs. Quella in rivolta contro il governo e quella assediata e bombardata dall’artiglieria lealista.
Rileviamo intanto che a circa un’ora e mezzo dalla diffusione delle prime notizie dell’uccisione di un giornalista a Homs, gli attivisti non hanno ancora pubblicato nessun video amatoriale su Internet. “Perché Akrama è una zona che ci è preclusa, nessuno può entrare se non i lealisti”, mi hanno detto per telefono due abitanti di Homs raggiunti telefonicamente e residenti nei quartieri a maggioranza sunniti.
Tempestiva è stata invece la tv al Duniya, che non in questi dieci mesi ha dimostrato tempestività – come del resto la Sana e la tv di Stato – solo in caso di attacchi attribuiti ad al Qaida, ai salafiti, ai terroristi.
Aspettiamo vostre domande ed eventuali risposte. Nell’attesa, un omaggio a Gilles Jacquier, vincitore tra l’altro del premio Ilaria Alpi 2011 come miglior reportage internazionale per il suo Tunisie, la révolution en marche.
Scusi, ma sta forse dicendo che in Medio Oriente procurarsi dei mortai (sempre che l’arma impiegata sia stata un mortaio, data la dinamica del colpo diretto a un bersaglio in movimento propenderei piuttosto per l’ipotesi RPG) è un’impresa difficile?
Ma lei è un corrispondente per il Corriere dei Piccoli?
Forse Lei da Bologna ha informazioni migliori delle mie e La invito dunque a condividerle con i lettori del Corriere dei Piccoli. Ma a quanto risulta l’Esercito siriano libero (Esl) e i civili che si sono uniti con le armi alla rivolta non hanno mortai. Se così fosse li avrebbero già usati, non avrebbero aspettato – guarda caso – l’arrivo di un gruppo di giornalisti occidentali. Sul fatto che l’arma usata sia un mortaio è circostanza riferita da testimoni oculari (un fotografo dell’Afp che si trovava sul posto, accreditato a Damasco) e dalla stessa agenzia ufficiale Sana (http://www.sana.sy/ara/336/2012/01/11/393662.htm). Secondo il fotografo, sono stati tre i mortai che hanno colpito la zona. Il primo ha ucciso alcuni civili, il terzo ha preso in pieno un gruppo di giornalisti. Attendiamo con ansia di ricevere le sue informazioni sul fatto che i rivoltosi in Siria abbiano i mortai. Magari, risponda pure alle altre domande.
“A quanto risulta l’Esercito siriano libero (Esl) e i civili che si sono uniti con le armi alla rivolta non hanno mortai”.
Ma a quanto risulta a chi? Lei crede veramente che esista un censimento delle armi che circolano in Siria e in Medio Oriente? Guardi che basta pensare alle tattiche utilizzate dalla guerriglia nel confinante Iraq: gli attacchi con l’uso di mortai lì erano la regola. Per effettuare attacchi con mortai non ci vogliono certo né una grande organizzazione né chissà quali finanziamenti alle spalle
Concludo il mio intervento: difficile dare una risposta alle altre domande che lei pone, soprattutto per me che sono un semplice fruitore di fonti informative (il suo blog ma anche, ebbene lo ammetto, alcuni dei siti che lei definirebbe “complottisti”). La mia idea è che in Siria (o in certe sue parti) ormai regni l’anarchia, quindi impossibile cercare di dare risposte coerenti ad azioni come quella di ieri. Come mi sembra difficile che in uno scenario tanto caotico tutto possa essere ricondotto a complotti governativi per screditare l’opposizione (parlo di opposizione quando come scrive anche lei in realtà bisognerebbe parlare di opposizioni al plurale, e spesso con progetti politici in contrasto tra loro).
Faccio comunque notare che su diversi quotidiani di oggi si parla effettivamente di “granate” e non di mortai relativamente alla tragedia di ieri a Homs
Ma come “a quanto risulta a chi?”. A quanto risulta a me. Ma scusi, Alessandro, crede che qui stiamo a fumare narghile? Seguo minuto per minuto la rivolta siriana da febbraio, prima del 15 marzo, con le prime manifestazioni. Ricevo e verifico informazioni su vari canali e crede che non sappia se ci sono stati precedenti di uso di mortai da parte dell’Esl? Su questo sito non scrivo le mie impressioni dalla calda sedia di Roma come uno dei tanti lettori che in Italia leggono, si tengono aggiornati. Poi Lei continua con questi paragoni: ora l’Iraq. Come se l’Iraq 2003-07 fosse la Siria di oggi. Lei si definisce – nel commento successivo – un semplice fruitore di fonti informative. Benissimo: si informi allora su chi operava in Iraq a quel tempo e chi opera oggi in Siria. Non esistono censimenti delle armi in “Medio Oriente” (categoria usata come se fosse un unico grande scatolone di caos e violenza, ma non è così) è vero, ma seguendo da vicino la questione si ha un’idea – sempre approssimativa ovvio, visto che non ero io lì con Jacquier – di quale arsenale posseggono finora (domani è un altro giorno) le forze in campo. E’ vero, la canna del mortaio si porta a spalla e il proiettile nello zaino. Ma perché, mi chiedo, non usarlo da Bab Tadmor contro Zahra (se conosce “il Medio Oriente” sa di cosa parlo), dove la distanza è minore e si può essere più precisi, e si sceglie invece di sparare su un quartiere lealista dove c’è un gruppo di giornalisti?
Non regna l’anarchia. O regna il regime o i disertori + i civili armati. L’idea che tutto sia così caotico e confuso favorisce la manipolazione. Quanti mi hanno detto in questo periodo: “Ah, della Siria non si sa nulla… è tutto vero e tutto falso… lasciamo perdere… potrebbe essere tutto falso”, per screditare la versione degli attivisti. Ci sono molte zone d’ombra ma anche delle evidenze. Ha sentito la testimonianza dell’osservatore algerino Anwar Malek? Anche lui un venduto degli americani e del Qatar? Sono tutti venduti quelli che raccontano i crimini? E se lo dice un algerino, osservatore della Lega Araba, perché non credergli?
Sulle granate o sui mortai, ieri ero fuori e al ritorno ho letto almeno tre racconti diversi su come sono andate le cose a Jacquier. Per fortuna il suo corpo subirà un’autopsia fuori dalla Siria e spero di possa accertare da che arma è stato colpito. Perché un rpg se colpisce brucia molto di più di un mortaio. E il corpo di Jacquier non è bruciato come mostrano video e foto. Su questo però aspettiamo l’autopsia.
Caro Trombetta,
mi pare che tu sia parziale.
Leggi per caso Fisk oppure guardi RT TV su cui parlano analisti americani, inglesi, indiani ecc.?
Esistono anche quelli oltre alle fonti non ben precisate di comitati dei ribelli vari.
Eppure riporti solo una versione della storia. Non so se per dolo o per ignoranza.
Il problema è che una popolazione inerme si trova fra un dittatore che non si rassegna a promuovere democrazia e ribelli che supportati dall’occidente creano casini per interessi non proprio umanitari.
Guerre umanitarie che creano più morti civili dei dittatori e che distruggono economie e paesaggi interi.
Afghanistan Iraq e Libia insegnano. A proposito di Sirte e dei bombardamenti sui civili dopo la morte di Gheddafi non si sa nulla? E una Nofly zone per loro no? Sono civili meno civili forse.
Buon fine settimana
Parto dal basso. Cosa c’entra la repressione in Siria con il fatto che i media non danno spazio ai civili di Sirte? Le guerre umanitarie: sto forse difendendo “le guerre umanitarie”? Si vada a legger quello che scrivo da anni e veda se ho mai difeso simili azioni. Lei vede le cose così chiare: da una parte un dittatore, dall’altra dei “ribelli supportati dall’occidente” che “creano casini”. Non sono d’accordo nel vedere i civili siriani e i disertori come coloro che creano casini, che creano caos e problemi. Si vada a rileggere la semplice cronologia degli eventi siriani. E il graduale cambio di slogan conseguente ai ripetuti bagni di sangue, a partire dal 18 marzo a Daraa. Sono civili, esseri umani come me e Lei, che dopo mesi di uccisioni indiscriminate, in alcune zone della Siria hanno preso le armi unendosi ai disertori, tra l’altro poco armati. Al posto loro cosa farebbe? Lascerebbe uccidere la sua famiglia perché se risponde al fuoco è un servo degli interessi americani e questo non piace a molti? Non guardo Rt TV. E Fisk lo conosco bene qui a Beirut. Lo leggo ma non sempre sono d’accordo. Come sulla sua ricostruzione dei fatti di Hama del 1982, contenuta tra l’altro nella traduzione italiana del suo Pity the Nation che ho avuto occasione di curare e introdurre. Non sono d’accordo sulle sue ricostruzioni, basate su un viaggio in Siria che ha fatto come giornalista accreditato, ovvero ingabbiato nel protocollo ufficiale. E basate su una scarsa conoscenza della principale lingua delle fonti: l’arabo. Ammetto di esser parziale, come chiunque comunque. Nessun giornalista è imparziale. Sono parziale: amo i siriani e sono con loro. Ma Lei getta un’accusa pesante, che io sia parziale per dolo (l’ignoranza ci può stare, non sono Dio). Cosa intende? Gradirei che Lei chiarisse a me e ai lettori cosa intende nell’ipotizzare che io sia parziale per dolo.