(di Lorenzo Trombetta, Ansa). In un mese di campagna aerea russa in Siria sono stati compiuti più di mille raid aerei, eseguiti in larga parte su posizioni diverse da quelle dello Stato islamico (Isis).
Il gruppo jihadista è riuscito ad avanzare nel nord del Paese, a danno sia dei governativi sia degli insorti. Questi sono invece il bersaglio preferito dai caccia russi, che offrono copertura aerea all’offensiva lealista e iraniana tesa a rafforzare le linee del presidente Bashar al Assad.
Secondo l’Onu sono ormai oltre 120mila i civili siriani in fuga dalle regioni centro-settentrionali di Aleppo, Idlib, Latakia e Hama investite dai bombardamenti russi iniziati il 30 settembre scorso. Si tratta di sfollati che presto potrebbero prendere la via per il mare verso l’Europa.
Il ministero della difesa di Mosca fornisce ogni giorno il numero di operazioni aeree a partire dalla base aerea di Hmeimim sulla costa e condotte contro “i terroristi”. Questo è un termine usato dal governo siriano e dai suoi alleati per indicare chiunque si oppone ai clan al potere in Siria da mezzo secolo.
Solo ieri, secondo la Russia, sono stati compiuti 71 raid e 118 posizioni di “terroristi” sono state distrutte. Secondo esperti di questioni militari autori di un’inchiesta realizzata per la rivista di giornalismo investigativo Bellingat, più del 90% delle bombe sganciate dai 34 caccia russi sono cadute lontano dall’Isis.
Il fuoco di Mosca si è concentrato lungo i confini dell’area sotto controllo governativo a Hama, Idlib, Latakia e Aleppo. Organizzazioni umanitarie internazionali e numerose testimonianze dal terreno riferiscono dell’uccisione di oltre cento civili nei raid russi e nella distruzione o nel danneggiamento di ospedali nelle zone controllate dalle opposizioni.
Mosca, che si coordina con gli Usa, Israele e la Giordania, ha finora descritto simili notizie come una montatura. Finora le truppe lealiste sostenute da soldati iraniani e da miliziani sciiti filo-iraniani provenienti da vari Paesi non sono riusciti a sfondare le linee di insorti, tra cui figurano qaedisti.
L’Isis è invece avanzato a nord e a sud di Aleppo, dove si combatte anche in queste ore. Le forze anti-Damasco sostenute in primis da Qatar, Arabia Saudita e Turchia hanno risposto all’offensiva riempiendo i propri arsenali di missili anti-carro.
Il conflitto sembra andare verso una radicalizzazione e non verso una soluzione politica. Questa è auspicata, a parole, da tutti gli attori regionali e internazionali coinvolti. Assad, che è stato ricevuto nei giorni scorsi a Mosca da Putin, assicura però che non intende indire elezioni presidenziali – primo passo formale per avviare la transizione – “fino a quando il terrorismo non sarà sconfitto”. (Ansa, 29 ottobre 2015).
I “giornalisti investigativi” del sito bellingcat, non ha fatto il militare. Si sono fatti dire dagli analisti militari che i raid si sono concentrati lontano dall’ISIS (ossia vicino alle proprie linee: vedremo poi perchè è importante qusta precisazione), ma non hanno chiesto il perchè. Cari “giornalisti investigativi”, domandatevi: perchè i raid aerei del (pur limitato) contingente russo sono stati estremamente più efficaci di quelli americani? Semplice, gli americani non avevano fanteria, i russi sì (le truppe di Assad). Ora, è perfettamente logico da un punto di vista militare, che nei primi giorni i raid si siano concentrati sui tagliagole del ramo di Al Qaeda in Siria, Al Nusra. Perchè sono quelli che occupano le posizioni a diretto contatto con la fanteria. Bombardare le posizioni dell’ISIS, assai più lontane e non alla portata dei soldati siriani, avrebbe fatto star meglio “bellingcat”, ma non avrebbe avuto alcun senso militare . Cordiali saluti.
Buongiorno, il tempo dirà se la sua analisi è corretta. Per ora le posso dire che ieri, degli amici presenti a Hreitan (nord di Aleppo), mi hanno inviato le fotografie dei bombardamenti russi sulla città dove la Nusra non è presente, ma dove ci sono battaglioni dell’Fsa e del Fronte islamico. Ho visto numerosi bambini feriti e corpi di civili estratti dalle macerie. Su una cosa sono concorde con lei, che i raid sono concentrati contro chi occupa le posizioni più vicine al regime siriano, ma indipendentemente che si tratti di brigate qaediste o altri gruppi ribelli. Però al momento la lotta allo Stato islamico sbandierata da Putin e Lavrov rimane aria fritta ed è solo propaganda. Cordialmente Alberto Savioli
Buonasera. Grazie per la cortese risposta. Dunque ricapitolando: perchè una azione aerea sia efficace (e non sia pura propaganda) deve per prima cosa mantenere il contatto con la propria fanteria. Attacchi aerei in profondità non servono a nulla, se non ci sono truppe sul terreno a “rastrellare”. Questa è la differenza tra la campagna russa e quella americana. Gli americani cercavano l’Araba Fenice (formare dal nulla un esercito di ribelli moderati) ed hanno fallito. I più realisti russi hanno scoperto l’uovo di Colombo: contro l’ISIS l’unico esercito possibile è quello che c’è già (l’esercito di Assad). Dopodichè tutto viene da sè. E’ del tutto normale che vengano eliminate prima le minacce a tergo e ai fianchi del dispositivo a terra: il turno dell’ISIS verrà successivamente (anche se in questi giorni vediamo che i russi, grazie ai progressi della campagna, possono finalmente colpire le arterie economiche dei tagliagole, cioè i flussi di contrabbando del petrolio). Se fra la “fanteria” di Assad e l’ISIS si frappongono i l’FSA ed il Fronte Islamico (jihadisti anche essi) è un loro dannatissimo problema. La soluzione del problema operativo non permette infatti distinguo: si levino spontaneamente di torno arrendendosi e rinunciando alle armi. Altrimenti, sono soltanto un ostacolo nella guerra all’ISIS, che va “rimosso”. La guerra, purtroppo si fa così.
Terminata quella che possiamo chiamare “Fase I” delle operazioni russe contro lo Stato Islamico (abbiamo visto la “ripulitura” delle minacce, pur non strettamente ISIS, al fianco e al tergo del dispositivo dell’unica fanteria disponibile, cioè le truppe governative), la Russia sta quindi opportunamente tagliando le linee logistiche dell’ISIS ( i corridoi che consentono alla Turchia di far affluire rifornimenti, armi e “foreign fighters” in un verso, e contrabbandare petrolio nell’altro). L’imboscata tesa dai turchi al jet turco aveva con ogni probabilità lo scopo di impedire che i russi “sigillassero” quel confine, rendendo impossibile ogni ulteriore sostegno turco all’ISIS. Una campagna che, con modeste risorse, si sta rivelando militarmente efficace e pagante. Se poi i russi riuscissero a dividere il campo anti-Assad (i bombardamenti sul FSA hanno anche lo scopo di “ammorbidire” i riottosi) si potrebbe dire che i russi avrebbero svolto un lavoro eccellente dal punto di vista politico-militare. Il problema è che i russi non possono risolvere da soli il problema siriano. Se le potenze occidentali che finora hanno puntato sui propri “proxy” locali (USA, Francia) per scalzare il governo di Assad, non convergono sul piano di pace presentato dai russi (almeno come base di partenza per questa benedetta Grande Coalizione), l’ambiziosa iniziativa russa potrebbe non riuscire. Ma qui ci si avventura sul terreno politico. Quello che era sensato dire dal punto di vista militare, ho cercato di esporlo nei miei interventi. Grazie per l’ospitalità.
A giocare a Risiko si perde di vista la realtà. Quando si parla di sconfiggere lo Stato islamico cosa si intende? Sconfiggerlo militarmente o sconfiggere le ragioni ideologiche che hanno portato alla sua formazione (comprese le mafie che lo hanno sostenuto)? La soluzione che lei propone, perfetta per una tavolo di Risiko o per chi simpatizza per Putin e Assad, non tiene conto di una realtà talmente semplice che non viene mai considerata, ossia che il 74% dei siriani sono musulmani sunniti (tolti i curdi, rimangono circa il 64-65%). Bene, i territori in mano allo Stato islamico e alla galassia ribelle sono a quasi totalità sunnita. 5 anni di conflitto hanno connotato le parti belligeranti sempre più in senso confessionale, così quello che era il governo/regime siriano è diventato un’enclave sciita (con le minoranze cristiane), supportato da battaglioni sciiti iracheni, afghani e iraniani. Lei pensa che riconquistare l’area a maggioranza sunnita (in mano all’Is) con truppe sciite invece che sunnite (qualche gruppo della galassia ribelle), al di là del risultato sul campo, possa avere un risultato sul lungo periodo? Non pensa che sia rimandare un problema invece che risolverlo in modo chiaro? Non pensa che il conflitto che si è connotato in senso confessionale si inasprirà maggiormente? Se prova a guardare all’Iraq vedrà esattamente questo fenomeno, non si spiega altrimenti il sostegno militare degli ex baathisti laici e socialisti (sunniti) della Naqshbandiya di Ibrahim ad-Douri al califfo al-Baghdadi durante la presa di Mosul, invece che al governo iracheno in mano ai gruppi sciiti capeggiati allora da al-Maliki. Grazie, Alberto Savioli
La sconfitta militare è il necessario prodromo della sconfitta politica. In breve, l’intervento militare o è parte di una stategia politica, un elemento per “forzare la mano” ai riottosi, costringerli al tavolo delle trattative, oppure è inutile. Per questo i russi bombardano, ma al contempo presentano un dettagliato piano di pace in sette punti. Bombardano, ma al contempo lanciano chiari segnali all’FSA. Detto per inciso(per questo il contingente russo è estremamente limitato): il loro scopo non è “sconfiggere l’ISIS” (anche se l’obiettivo secondario di stanare i jihadisti ceceni non va sottovalutato), ma preparare le condizioni per la fine della guerra (ed evitare il collasso dello Stato e dell’Esercito siriano). In poche parole, stanno dicendo ad una parte dei ribelli: “sconfiggere Assad è impossibile, (anche se siete il 75%!) non vi resta che sedervi al tavolo delle trattative!” Che è, come si vede, l’unico modo per tutelare l’integrità della Siria, e scongiurare “pulizie etniche” (a danno di alawiti, cristiani, curdi, drusi) prossime venture. Che sono il minimo che accadrà se il 75% (abbiamo visto polarizzatosi confessionalmente, e non certo in senso moderato) dovesse malauguratamente prendere il potere, o conquistare una propria sovranità su un pezzo di Siria o di Iraq.
P.S. il “Risiko” è gioco molto istruttivo. In un paese che ha sospeso il servizio di leva, supplisce a “deficit” di cultura strategica financo imbarazzanti (vedasi le curiose scoperte di “bellingat”, che ignorava la banale opportunità tattica di bombardare prima le minacce a ridosso del dispositivo sul terreno).
Grazie per la cortese attenzione, e buona giornata.
Postum scriptum: un errore di prospettiva tipico di coloro che nutrono incomprensibili pregiudizi nei confronti del “risiko”, è quello di leggere le statistiche alla “Trilussa”. Siccome gli oppositori di Assad sono nella totalità sunniti, allora tutti i sunniti sono contro Assad. Ovvamente, la realtà è ben lungi dall’essere così semplice. Infatti, se l’opposizione di Assad fosse anche minimamanete rappresentativa del 75% della popolazione sunnita, in considerazione degli appoggi finanziari, politici e militari che ha avuto (da Turchia, Arabia Saudita,Qatar, USA, Israele, Francia, Gran Bretagna…) il governo di Assad sarebbe già caduto da quattro anni. Forse, la straordinaria “resilienza” del regime di Damasco è dovuta a qualcosa in più dell'”aiutino” russo, di Hezbollah e dell’Iran. A meno di non avere una visione del mondo straordinariamente ingenua e semplicistica.
Cordiali saluti.
Ha ragione, ho una visione del mondo ingenua e semplicistica. Invece chi parla di “aiutino” riguardo a Hezbollah (che è stato l’unico esercito a mettere in difficoltà Israele), alle truppe speciali iraniane e al generale Soleimani che di fatto dirige a terra l’esercito siriano, e alla copertura aerea e consulenza logistica del secondo esercito più forte al mondo e alla terza aviazione militare, quella russa, ha una visione corretta e imparziale delle cose.
Cordiali saluti.
Le sembrerà strano, ma è così.
Il sostegno straniero (che c’è stato, ed è stato meritorio, altrimenti la Siria si sarebbe trasformata in un’altra Libia) da solo non avrebbe potuto impedire il collasso dello stato siriano, se il governo di Assad non avesse avuto risorse, forza propria.
Stiamo parlando di quattro anni di ferocissima guerra, di un governo soffocato da sanzioni economiche e sottoposto all’ostracismo internazionale: sarebbe crollato da un pezzo, suvvìa!
Non esiste esercito al mondo che con la sola forza delle armi possa tenere in piedi un governo che non abbia gambe politiche: la sola forza militare non è mai decisiva.
Si ricordi la lezione dell’occupazione americana dell’Iraq, un caso per tutti.
Ovviamente capisco che Lei preferisca pensarla diversamente: la mia è una chiave di lettura sgradevole, che costringe a prendere atto della complessità della realtà.
Le idee semplicistiche hanno invece successo perchè sono semplici.
Per definizione.
Cordialmente.