Un mese di raid russi, un primo bilancio

Russians soldiers in Berlin, 1945 (Internet)

(di Lorenzo Trombetta, Ansa). In un mese di campagna aerea russa in Siria sono stati compiuti più di mille raid aerei, eseguiti in larga parte su posizioni diverse da quelle dello Stato islamico (Isis).

Il gruppo jihadista è riuscito ad avanzare nel nord del Paese, a danno sia dei governativi sia degli insorti. Questi sono invece il bersaglio preferito dai caccia russi, che offrono copertura aerea all’offensiva lealista e iraniana tesa a rafforzare le linee del presidente Bashar al Assad.

Secondo l’Onu sono ormai oltre 120mila i civili siriani in fuga dalle regioni centro-settentrionali di Aleppo, Idlib, Latakia e Hama investite dai bombardamenti russi iniziati il 30 settembre scorso. Si tratta di sfollati che presto potrebbero prendere la via per il mare verso l’Europa.

Il ministero della difesa di Mosca fornisce ogni giorno il numero di operazioni aeree a partire dalla base aerea di Hmeimim sulla costa e condotte contro “i terroristi”. Questo è un termine usato dal governo siriano e dai suoi alleati per indicare chiunque si oppone ai clan al potere in Siria da mezzo secolo.

Solo ieri, secondo la Russia, sono stati compiuti 71 raid e 118 posizioni di “terroristi” sono state distrutte. Secondo esperti di questioni militari autori di un’inchiesta realizzata per la rivista di giornalismo investigativo Bellingat, più del 90% delle bombe sganciate dai 34 caccia russi sono cadute lontano dall’Isis.

Il fuoco di Mosca si è concentrato lungo i confini dell’area sotto controllo governativo a Hama, Idlib, Latakia e Aleppo. Organizzazioni umanitarie internazionali e numerose testimonianze dal terreno riferiscono dell’uccisione di oltre cento civili nei raid russi e nella distruzione o nel danneggiamento di ospedali nelle zone controllate dalle opposizioni.

Mosca, che si coordina con gli Usa, Israele e la Giordania, ha finora descritto simili notizie come una montatura. Finora le truppe lealiste sostenute da soldati iraniani e da miliziani sciiti filo-iraniani provenienti da vari Paesi non sono riusciti a sfondare le linee di insorti, tra cui figurano qaedisti.

L’Isis è invece avanzato a nord e a sud di Aleppo, dove si combatte anche in queste ore. Le forze anti-Damasco sostenute in primis da Qatar, Arabia Saudita e Turchia hanno risposto all’offensiva riempiendo i propri arsenali di missili anti-carro.

Il conflitto sembra andare verso una radicalizzazione e non verso una soluzione politica. Questa è auspicata, a parole, da tutti gli attori regionali e internazionali coinvolti. Assad, che è stato ricevuto nei giorni scorsi a Mosca da Putin, assicura però che non intende indire elezioni presidenziali – primo passo formale per avviare la transizione – “fino a quando il terrorismo non sarà sconfitto”. (Ansa, 29 ottobre 2015).

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