A Beirut si torna a manifestare per la Siria

Proponiamo qui di seguito la testimonianza di Jessica C. che lo scorso 17 marzo ha seguito la manifestazione svoltasi a Beirut a sostegno del popolo siriano.

Donne che manifestano mostrando fogli con i nomi delle città colpite dalla repressione, Beirut 17 marzo (Jessica C.)

Ore 15:00 del 17 marzo. Flussi di persone iniziano a dirigersi verso il cuore di piazza dei Martiri a Beirut, esattamente di fronte all’entrata della moschea Mohammad Al-Amin. Si riuniscono fino a formare una massa compatta di corpi, carica di bandiere siriane e cartelloni con immagini e frasi simboliche in supporto del popolo siriano, vittima delle numerose violenze inflitte dal regime nel corso dell’ultimo anno.

Arrivo proprio nel momento in cui i primi cori di dissenso contro il presidente Assad iniziano a levarsi dalla folla in trepidazione. La manifestazione ha inizio. Ci sono circa un centinaio di persone, giovani, uomini e donne di mezza età, attivisti, giornalisti e televisioni. La manifestazione è circondata e controllata da guardie di sicurezza armate e forze militari libanesi, pronti a intervenire.

Non si tratta della prima volta che i siriani in Libano si mobilitano in supporto dei propri connazionali. In questo mese tra le vie del centro di Beirut si sono registrate quasi ogni settimana manifestazioni pacifiche contro il regime siriano cui hanno partecipato attivisti siriani e un certo numero di cittadini libanesi. Puntualmente, poco distante dal corteo anti-regime, ne appare sempre uno in sostegno del presidente Assad.

Anche oggi, poco prima del mio arrivo in piazza dei Martiri, una ventina di manifestanti pro-regime si sono avvicinati a quelli che manifestano contro la repressione. Tra i due gruppi di manifestanti si estende adesso un robusto schieramento di sicurezza: blindati, guardie con manganelli, fucili e veicoli militari.

Durante la manifestazione vengono scanditi vari slogan per la libertà del popolo siriano e cori all’unisono in supporto della rivoluzione, di cui Homs viene proclamata capitale.

Ya Homs, nehna ma‘ak hatta al-mawt (Homs, saremo con te fino alla morte), gridano i manifestanti, così come continui richiami alla libertà e al rispetto dei diritti del popolo siriano fanno da colonna sonora all’intera manifestazione: Suriya bedda hurriya (la Siria vuole libertà), accanto a ash-Sha‘b yurid isqat an-nizam wa i‘dam Bashar (Il popolo vuole la caduta del regime e l’esecuzione di Bashar).

Alcuni manifestanti cercano di non mostrare il viso a telecamere e macchine fotografiche e si coprono con una kufiya o un foulard. Ma la maggior parte esibisce senza paura cartelloni con gli slogan rivoluzionari o semplici fogli bianchi con il nome di una delle tante città colpite in Siria.

Uniti nel silenzio, o nei cori comuni, sono tutti lì a mostrare un unico immenso desiderio: la fine del massacro che da un anno ormai si sta prolungando in Siria e il raggiungimento di quella libertà di cui il popolo siriano è stato privato da tempo.