Riportiamo qui di seguito la traduzione quasi integrale dell’intervista rilasciata al quotidiano panarabo al Hayat lo scorso 30 gennaio dal generale sudanese Muhammad al Dabi, capo degli osservatori della Lega Araba. La missione è stata sospesa sabato 28 gennaio e, con molta probabilità, non sarà più riattivata.
I ministri della Lega Araba che dovevano riunirsi il 5 febbraio per decidere sulle sorti della missione, si sono accordati di rinviare all’11 del mese il loro incontro. In attesa di capire cosa succede in seno al Consiglio di sicurezza dell’Onu.
Intanto, mentre si scrive (2 febbraio, ore 13:00 ora sirolibanese), apprendiamo che Dabi sta tenendo una conferenza stampa a Khartum, capitale del suo Paese. E che quindi anche lui ha lasciato Damasco. Ecco le parole del generale al giornale edito a Londra.
“L’opposizione siriana non collabora con noi… ai loro occhi siamo come il governo siriano. Questo ha messo in crisi gli osservatori, spingendoli a rimangono in albergo. Questi se vogliono compiere la loro missione di osservazione non possono penetrare nelle zone dell’opposizione perché hanno paura della reazione dell’opposizione”. Dabi parla sempre ed esclusivamente di “opposizione”, muarada.
“Siamo venuti per osservare le azioni compiute dalle due parti, ma con grande dispiacere abbiamo trovato l’insoddisfazione da parte dell’opposizione. Non vogliono farci lavorare in modo da poter andare al Consiglio di sicurezza e far cadere il regime”.
Sul numero attuale degli osservatori. “I Paesi del Golfo hanno ritirato 55 osservatori e il Marocco altri nove. Ne sono rimasti un centinaio di sette diversi Paesi arabi”. Dopo la sospensione della missione sabato scorso, “quelli che non erano a Damasco stanno tornando verso la capitale”.
Sulla natura della missione. “Siamo venuti in missione di osservazione non per fermare la violenza o liberare i prigionieri. Al Dabi osserva e dice se il governo siriano si attiene (al protocollo) oppure no, notando che c’è comunque un’altra parte che ora imbraccia le armi”.
“La prova della nostra onestà è che abbiamo detto che era in atto un inasprimento della violenza e non abbiamo taciuto. Lavoriamo in trasparenza e onestà: abbiamo giurato sul Corano” (Domanda di SiriaLibano: e se tra gli osservatori ci fossero degli arabi cristiani?).
Escalation. “Il 24, il 25 e il 26 gennaio siamo stati sorpresi da azioni violente in numerose zone calde a Homs, a Hama, nei sobborghi di Damasco, a Idlib. Sorpresi da azioni ostili da parte armata (min al janib al musallah) e dalla forte reazione da parte del governo. Attacchi e contrattacchi che hanno portato a un inasprimento della violenza. Abbiamo parlato di questo col governo siriano”.
La visione del regime secondo Dabi. “Il governo siriano giustifica la sua azione affermando che ci sono aggressioni contro i suoi territori e che esso non attacca, ma che risponde agli attacchi. Questa è la loro ragione. D’altronde, il protocollo non impegna l’altra parte (l’opposizione), bensì il governo. Quindi, ogni azione da parte del governo viene considerata una violazione del testo del protocollo. Il governo siriano si attiene comunque al comma del protocollo che precisa la necessità di fermare la violenza quale che sia la sua natura”.
“Il governo siriano risponde alla missione di osservazione che si impegna a fermare la violenza, quale che sia l’origine, e che quindi non permetterà alle bande e ai gruppi armati alcuna azione ostile. Il quadro è diventato ormai chiaro: la violenza continuerà”.
La violenza continuerà perché nessuno pare aver cercato di far dialogare le parti.