(di Na’yl Hariri*, al Hayat. Trad. dall’arabo di Patrizia Stellato). Negli ultimi mesi, non è passato un giorno senza che i giornali siriani non abbiano pubblicato notizie sullo Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis, acronimo in arabo: “Da‘ish”) e sul modello della sua occupazione militare. Spesso trattando non le sue vittorie sul regime siriano o i suoi attacchi contro le unità dell’esercito di Asad, ma parlando degli assalti ai gruppi dell’opposizione. Queste notizie sono state spesso diffuse dai media “rivoluzionari”.
Tra gli sviluppi recenti più importanti vi è lo scoppio della guerra tra “Da‘ish” e i battaglioni salafiti nel nord. Precedentemente erano circolate false voci in base alle quali “Da‘ish” aveva aperto il fronte per attaccare tutti i gruppi, compreso “il Movimento islamico Uomini liberi del Levante” (in arabo “Harakat Ahrar al-Sham al-Islami”), il più salafita tra i battaglioni del nord.
Gli scontri con al-Qaida. I primi segnali di questo tipo di occupazione hanno avuto inizio a metà di quest’anno con le contese e i disaccordi tra “Da‘ish” e il fronte “al-Nusra” (N.d.T. Fronte della vittoria del popolo di Siria) in seguito all’ingresso della neonata organizzazione (“Da‘ish”) nel territorio siriano. Ed è parso che “lo Stato” non abbia accettato il suo ingresso come partner di “al-Nusra” in un progetto che rientra negli interessi di al-Qaida. E visto che “Da‘ish” vuole prendere le redini del potere in toto, usando il pretesto di “una vittoria ritardata”, sono scoppiati dei contrasti al punto da chiedere l’intervento dell’alta autorità competente per appianare la controversia.
Al-Zawahiri, in un audio-messaggio, ha annunciato la sua opposizione alla nascita della nuova organizzazione, recriminando di non essere stato consultato a riguardo; ha poi affermato che è lo Stato islamico dell’Iraq a rappresentare al-Qaida in Iraq e “al-Nusra” ne è rappresentante in Siria. Alla dichiarazione di al-Zawahiri, lo “Stato” ha reagito manifestando il proprio rifiuto del potere di “Da‘ish”, al punto da accusare quest’ultimo di miscredenza e considerare che “non c’è obbedienza alla creazione nella disobbedienza al creatore” (N.d.T. estratto di un hadith). Inoltre, ha chiarito che la prima scissione di “Da‘ish”, avvenuta in seguito alla disputa con “al-Nusra”, andava al di là del diverbio sull’approccio da adottare in Siria. Infine, ha ricordato che il nuovo gruppo è poi giunto a una seconda scissione, in cui annunciava di non voler più sottostare all’autorità dell’intera organizzazione di al-Qaida.
“Da‘ish” ha così iniziato subito a sbarazzarsi a modo suo delle “ragioni della vittoria ritardata” e ha attaccato i diversi battaglioni nel nord, in particolare la brigata Tempesta del Nord (in arabo ‘Asifa al-Shamal), la brigata dei Discendenti del profeta (in arabo Ahfad al-Rasul) e la brigata dell’Unità (al-Tawhid). Si è poi addentrato in alcune zone “redente” e nelle campagne di Aleppo, tenendo in ostaggio per parecchi giorni più di 15 giornalisti-attivisti ed estendendo un controllo ferreo.
Per ragioni di sensibilità dei fronti estesi su vaste aree, caratterizzate da una forte maggioranza islamica, i principali battaglioni islamici si sono limitati a una semplice dichiarazione per esprimere sia il proprio malcontento sia il rifiuto del metodo miscredente utilizzato dalla corrente dei battaglioni “non islamici”; al tempo stesso hanno mantenuto una “distanza di sicurezza” tra loro e lo “Stato”. “Da‘ish” ha protetto le conquiste militari di queste organizzazioni, in primis quelle del Movimento islamico Ahrar al-Sham cui ha affidato la supervisione della maggior parte dei valichi di sua conquista, così come gli ha lasciato il controllo delle sue posizioni sebbene il Movimento non abbia dichiarato ufficialmente la sua fedeltà alla nuova organizzazione.
Verso la terza scissione. Ciò nonostante, “Da‘ish” ha rapito alcuni membri prima del Movimento islamico Ahrar al-Sham e poi della delegazione islamica che lo aveva raggiunto per negoziare. Ha, inoltre, intensificato gli attacchi contro una serie di posti di blocco del movimento Ahrar al-Sham, oltre a sequestrarne e a ucciderne alcuni membri, dichiarando di rifiutarsi di ricorrere al tribunale sciaraitico. Non si è trattata della prima volta in cui il gruppo ha disconosciuto l’autorità della corte, precedentemente aveva anche rapito alcuni dei suoi giudici.
Arrivato a questo punto, ha annunciato la terza scissione: si è sbarazzato dei battaglioni islamici, persino dei salafiti intransigenti e, in un colpo solo, ha aperto un nuovo fronte di conflitto verso tutti, dichiarando che il suo è un progetto di uno Stato proprio cui non partecipano né l’opposizione né gli attivisti civili né i battaglioni islamici. È probabile che tale atteggiamento sia dovuto a una forza enorme e a un sostegno potente che non disdegna di restargli alleato sul suolo siriano.
Il nuovo contesto siriano. Lo scenario siriano, divenuto praticamente un parco giochi per gli islamici, sta assistendo a un nuovo cambiamento: ai “nemici di Da‘ish” si sono associate alcune organizzazioni islamiche da non sottovalutare in confronto al ruolo debole dell’Esercito libero siriano (Esl). E dopo che gli organismi internazionali hanno precedentemente fallito nel loro tentativo di ripristinare sia la leadership dello Stato Maggiore dell’Esercito libero sia la propria autorità, è chiaro che i loro sforzi saranno vanificati alla luce del forte sostegno dato agli islamici. Questi ultimi potranno autofinanziarsi facendo affidamento sui valichi di frontiera turchi e sul petrolio siriano.
Si profila ora una nuova situazione che include un’alleanza tra l’Esercito libero e i battaglioni islamici contro un nemico che non è Asad. A conferma di ciò vi è la recente dichiarazione del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito libero, Salim Idriss, il quale non nega la possibilità di cooperazione tra l’Esercito libero e il regime siriano nella sua “guerra al terrorismo”. (al Hayat, 21 dicembre 2013).
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*Scrittore siriano
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