Damasco, nemici della Siria colpiscono ancora

(di Lorenzo Trombetta, per Europa Quotidiano) I vetri dei finestrini della fiancata dell’autobus investito dall’esplosione sono rotti in modo alterno: uno sì e uno no. I brandelli di corpi umani sono mostrati dai “passanti” alle telecamere della tv di stato siriana senza alcun rispetto o pietas, come fossero viscere di agnello e non resti dei «martiri innocenti ».

Sono solo due dei numerosi fermi immagine di questo nuovo “attentato suicida” riproposti dalla tv di stato e dall’agenzia ufficiale Sana, le uniche fonti di informazione che hanno potuto raccontare il 6 gennaio scorso l’esplosione di Midan, centrale quartiere di Damasco, roccaforte sunnita e da settimane epicentro di manifestazioni anti-governative (Bbc in arabo è arrivata dopo molte ore).

«Non sappiamo chi è morto né quanti sono morti, ma siamo sicuri che dietro quest’azione terroristica ci sono i cosiddetti manifestanti per la libertà», ha detto l’annunciatrice della tv di stato.

Lo scenario è molto simile a quello presentato il 23 dicembre scorso, quando un duplice attentato aveva preso di mira le sedi di due servizi di controllo e repressione del regime. Allora morirono – secondo il bilancio ufficiale – 44 persone, di cui sette civili. Ieri, sempre secondo le uniche fonti disponibili, sul terreno sono state trovate tracce di venticinque corpi diversi.

Questo particolare è stato reso noto dopo appena un’ora dall’attacco: evidentemente la medicina legale siriana ha strumenti assai più avanzati di quelli a disposizione nel resto del mondo.

E gli inquirenti di Damasco sono assai più scaltri dei loro colleghi di altri paesi: dopo dieci minuti dalle prime notizie dell’attentato di Midan, la tv di stato ha affermato che a commettere l’attentato è stato un kamikaze.

Il 23 dicembre, dopo un minuto dalla notizia della prima esplosione, le autorità avevano puntato il dito su al Qaeda. Il giorno dopo, creando un finto sito internet dei Fratelli musulmani, personalità vicine al regime avevano poi diffuso una falsa rivendicazione del movimento sunnita illegale in Siria.

L’attacco di ieri è avvenuto alle undici circa. Un’ora e mezza prima l’appuntamento del raduno anti-governativo, previsto come ogni venerdì di preghiera islamica di fronte alla principale moschea di Midan.

Le forze di sicurezza hanno così cordonato l’area in modo massiccio. «Non hanno fede, non hanno sharia», ha urlato alla telecamera della tv di stato un uomo, sul luogo dell’esplosione e con indosso l’inconfondibile giubbetto nero di finta pelle, riferendosi agli attentatori e accusandoli quindi di non essere veri musulmani.

Il duplice attacco del 23 era avvenuto a poche ore dall’arrivo a Damasco della prima squadra di osservatori arabi. L’attentato di ieri è stato compiuto alla vigilia della consegna alla Lega Araba del primo rapporto preliminare della missione interaraba.

Domenica si riunirà il comitato ministeriale per discutere i risultati dei primi dieci giorni di lavoro. Sempre più imbarazzato dal fallimento della missione (la media di venti uccisi al giorno in Siria non è diminuita dall’arrivo degli osservatori), il segretario generale Nabil al Arabi ha ieri incontrato il leader di Hamas, Khaled Meshaal, da anni ospitato a Damasco, perché riferisca al presidente Bashar al Assad che la Lega Araba sta per passare la mano. All’Onu.

Secondo al Arabi, Meshaal ha svolto un ruolo di primo piano nel convincere la Siria ad accettare la missione degli osservatori arabi. (Europa Quotidiano, 7 gennaio 2011)

P.S. Interessanti le affermazioni di questi cittadini siriani di fronte alle telecamere della tv di stato. Il vero Islam non è questo, affermano. Evidentemente, la matrice è chiara: fondamentalisti islamici. L’unità nazionale è poi ribadita da più di un intervistato, anche da un cristiano, appena giunto dalla messa per le festività cristiane. “Non è questa la libertà che voglio”, dice piangendo una signora.

Qui di seguito invece le prime immagini della tv di Stato sul luogo dell’esplosione. Una deflagrazione che, come si vede dalla disposizione dei morti e dei feriti sull’asfalto, ha colpito per lungo, uccidendo sul colpo alcuni e ferendo invece lievemente altri a loro fianco.

All’arrivo del cameraman, i vestiti dei corpi investiti dall’esplosione non sono stracciati e nemmeno impolverati. Forse il cameraman è arrivato con un po’ di ritardo. Alcuni lettori mi hanno scritto facendo notare alcune sinistre incongruenze. Per esempio: i cadaveri e i feriti sono “in linea” lungo un percorso diritto e non a raggiera attorno al luogo della detonazione.

Questo, dalle foto pubblicate sul sito Internet della Sana, sembra esser tra la parte anteriore sinistra dell’autobus – pieno di caschi e scudi della polizia – e una delle auto della polizia in sosta (la parte posteriore dell’auto è molto danneggiato. Foto qui sotto).

Dall’entità però lieve dei danni provocati attorno – si vedano le altre auto in sosta, gli pneumatici non danneggiati affatto – sembrerebbe un’esplosione di bassa intensità. Che però è riuscita a uccidere poliziotti decine di metri distanti (all’inizio del video si vedono i primi cadaveri, ben lontani dal bus e coperti da un pilone del cavalcavia).

Perché mai poi, le vittime sono tutte ferite alla testa? E’ un ordigno intelligente che mira solo al capo? Gli abiti delle vittime sono privi di calcinacci, polveri, residui. Uno scenario insolito anche un attentato dinamitardo.

In una delle foto pubblicate dalla Sana e relative ai morti e feriti ammassati sul pavimento di una sala dell’ospedale Mujtahid di Midan, si vede il corpo di un giovane, con ancora la cravatta al collo e con gli occhi sbarrati (foto qui sotto).

Evidentemente è morto. In un’altra foto, si riconosce lo stesso giovane (la maglia, la peluria attorno all’ombelico, i pantaloni…) su un letto accudito da un’infermiera che controlla i tubi collegati al viso (foto qui sotto).

E’ vivo? Se sì, perché il suo corpo morto – con gli occhi sbarrati – viene lasciato poi a terra (“i martiri della patria”) col nome scritto su un pezzo di adesivo incollato sulla guancia? Non c’è spazio per questi “martiri” (foto sotto)?

Oppure il giovane con la cravatta è già morto. E allora perché collegare il corpo con quei tubi? In quella foto si vede una delegata della Lega Araba (pettorina arancione) fotografare il viso del giovane. Chissà che conclusioni avrà tratto la signora osservatrice?

Qui in basso infine, un video girato il 28 dicembre 2009 a Karachi durante un attentato suicida. In quel caso, l’improvvisato operatore, trovandosi sul posto, ha potuto riprendere i corpi senza vita (al minuto 2:40 del filmato) ancora impolverati e prima che qualcuno riabbottonasse loro i vestiti.