(di Lorenzo Trombetta) Ci siamo: Debka file, il sito di disinformazione israeliano, diventa ora una fonte affidabile persino per quegli antagonisti che da anni gridano ai quattro venti di non riconoscere lo Stato sionista e che hanno costruito la loro visibilità sulla difesa dei legittimi diritti dei palestinesi.
Debka, che dice di partire da “dove i media si fermano”, è adesso una fonte affidabile perché svela – “era ora!” – il segreto del Complotto contro la Siria: consiglieri militari britannici e del Qatar si trovano a Homs sotto copertura ad aiutare i ribelli.
Viene citata e ripresa perché “finalmente”, dopo 11 mesi, conferma in molti la convinzione che la Siria è una nuova Libia. Leggiamo di quest’analogia sin dall’aprile scorso. Lo “scenario libico”… evocato così tante volte ma ancora mai realizzato sul terreno. Per il semplice fatto che la Siria non è la Libia e il contesto regionale è completamente diverso da quello nordafricano. Per questo non si avrà nessuna “Libia2″.
Per molti tutto ciò non importa. Per fortuna c’è Debka. E meno male che ci sono gli israeliani, il Deus ex machina del Medio Oriente. Per questi antagonisti di professione e per tutti gli analisti che non riescono ad accettare che i siriani siano semplicemente in rivolta contro il loro regime, Israele è sì a capo del complotto contro Damasco ma è anche il Paese i cui mezzi d’informazione denunciano il complotto stesso.
Geniale… sarà davvero “l’unica democrazia del Medio Oriente”…? Che cerca in tutti i modi di tenere in vita il suo “nemico” più innocuo, gli al-Asad.
La vicenda siriana è davvero formidabile anche perché mette così a nudo tutte le contraddizioni di questo vecchiume, ideologico ma non solo, disposto ad arrampicarsi su ogni specchio pur di non dare dignità ai siriani, in questo caso di Homs.
Eh sì, perché secondo Debka, i consiglieri militari di Qatar e Gran Bretagna starebbero a Homs sotto le bombe, assieme ai cattivoni ribelli. A fare cosa? A consigliarli su come vincere la guerra.
Caspita! Che bravi consiglieri! Da quattro giorni che Homs è sotto le bombe e quei miliziani spelacchiati dell’Esercito libero rispondono con qualche raffica di mitra e lancia razzi.
L’agenzia ufficiale Sana afferma che hanno anche mortai e autobomba. Ah no, correggiamo: la notizia dell’autobomba ieri è apparsa per circa un’ora tra le “urgenti” del sito Internet della Sana ma poi è sparita, anche dal pastone serale sulle atrocità commesse dai terroristi.
Rimangono però i mortai, ovviamente portati a spalla dal Libano grazie ai buoni uffici dei consiglieri militari del Qatar e della Gran Bretagna. E dalla Turchia che, secondo Debka, coordina quest’operazione contro Damasco.
Insomma, vogliono farci credere che mentre a Homs mancano persino le medicine essenziali per il primo soccorso, manca il pane, e in certi casi l’acqua, i consiglieri militari, calatisi dal cielo come angeli neri, dirigono le operazioni dei terroristi. Grazie davvero Debka.
Ed ecco in Italia quasi tutti a riprendere la “notizia” di Debka: blog di controinformazione, altri di informazione specializzata accanto a “autorevoli quotidiani” come La Stampa e Il Sole24Ore. Tra i retroscenisti più esperti c’è chi scrive la fatidica frase a sigillo di ogni verità: “notizia confermata da fonti dell’intelligence occidentale”. Allora…
Molti di questi siti si erano affrettati nei mesi scorsi a riferire – senza verificare sul terreno – di truppe americane ritiratesi dall’Iraq e dispiegate al confine siro-giordano. O di migliaia di miliziani libici entrati in Siria dalla Turchia. Qualcuno dimostri tutto ciò, per favore.
E poi una domandina semplice semplice: quando il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov è andato a Damasco qualche giorno fa… perché mai ha portato con sé il capo dell’intelligence? Non è stata solo una visita politica dunque.
No di certo. Perché il responsabile dei servizi di sicurezza di una potenza come la Russia non lascia la sua comoda sedia per recarsi fino in Siria solo per portare la borsa a un ministro.
Il capo dell’intelligence di Mosca era a Damasco, ma in quel caso i vari retroscenisti erano al mare. O forse a spalar la neve lontani dalle loro rubriche o dai loro siti Internet.
E ancora: quando vediamo video amatoriali di presunti Pasdaran iraniani catturati in Siria dai militari dell’Esercito libero, dove sono gli antagonisti e gli analisti che oggi riprendono Debka?
Si dirà: “sono video fasulli, che non dimostrano nulla! Non sono Pasdaran, ma poveri pellegrini iraniani”. Sarà così, ma seguendo questa logica, finora nessuno ha mostrato video amatoriali o professionali in cui si mostrano questi presunti consiglieri militari del Qatar o britannici a Homs.
E il governo siriano cosa fa? Non è forse in controllo di tutta la Siria? La “crisi” non era finita ieri, come aveva annunciato il presidente Bashar al Asad di fronte alla sorridente moglie a piazza degli Omayyadi? Se è tutto così – e in Italia c’è chi diffonde giornalmente la Sana in italiano come “fonte d’informazione attendibile” – perché non vengono mostrate le prove di questi infiltrati stranieri?
Forse è una questione di forma: i media ufficiali siriani non possono confermare una “notizia” riferita da un sito dell’intelligence israeliana, nemica. Quest’acrobazia viene però lasciata agli antagonisti d’Italia, più lealisti del re.
Si nasconde però un assunto pericoloso dietro alla divulgazione di questa diceria, smentita finora da tutti i testimoni che si trovano a Homs e in particolare dai giornalisti stranieri che stanno sotto le bombe – alcuni di loro fino all’altro ieri documentavano a Gaza i crimini di Israele.
Immaginiamo infatti che questi consiglieri militari occidentali e arabi si trovino davvero a Homs. Agli occhi degli antagonisti, la sola presenza di un aiuto esterno delegittima la causa di chi resiste sotto i mortai di Damasco. E legittima così la stessa repressione del regime.
O almeno rende questa violenza – quotidiana, incessante e impunita – più accettabile, più digeribile. Li fa sentire più a posto con la coscienza: “Se sono aiutati dall’esterno, sono degli sporchi collaborazionisti degli imperialisti e quindi che vengano pure uccisi. E non è vero – proseguono – che ci sono civili a Bab Amro. Sono tutti miliziani armati dall’estero. Quindi va bene farli secchi tutti. E se poi ci sono civili – aggiungono – i ribelli sono così infami che usano i civili e i bambini come scudi umani”.
Una retorica – per lo più implicita, in alcuni casi esplicita – che ricorda tanto quella israeliana durante le varie invasioni del Libano o delle atrocità commesse su Gaza.
Chiudete gli occhi, e domandatevi: se invece che a Homs (città più popolata di Beirut), i crimini commessi in queste ore venissero commessi dagli israeliani nella Striscia di Gaza, con chi, secondo voi, sarebbero schierati gli antagonisti e gli analisti che credono alle frottole di Debka o che comunque le citano, dando loro credito?
E ancora: se si dovesse scoprire che dopo un anno di mattanza qualcuno aiuta realmente i siriani (per i propri interessi certo, ma anche l’Iran e la Russia assumono le loro posizioni per i loro interessi), forse i civili di Homs e delle altre regioni disastrate avrebbero meno diritto di esser salvati?
Caro Trombetta,
trovo estremamente apprezzabile il suo lavoro di informazione sugli eventi siriani, perchè contribuisce a colmare le spaventose lacune dei media italiani, che sembrano incapaci di “coprire” una situazione suscettibile di forti contraccolpi anche per la nostra vita quotidiana. Mi permetto, però, di dissentire dai suoi giudizi trancianti sull’attitudine della sinistra “antagonista”, e lo faccio come persona che si sente pienamente interna a quell’area.
Alcuni giorni or sono, il suo sito ha pubblicato – e la ringrazio per questo – il mio intervento “La papera di Damasco”, commentando come anche a sinistra ci sia qualcuno che pensa che in Siria siano in atto una genuina rivolta popolare e, di converso, una spietata repressione. Vorrei farle notare che questa posizione non è soltanto la mia, ma di gran parte di quella sinistra e di quei movimenti che, come ha scritto lei stesso, difendono i legittimi diritti dei Palestinesi (cosa che, come co-fondatore del Forum Palestina, faccio da anni e della quale vado orgoglioso).
Una prima assemblea fra attivisti italiani ed esponenti dell’opposizione siriana si è tenuta a Roma all’inizio di ottobre, e ne sono seguite altre. Lo scorso 20 novembre, il Manifesto pubblicava un’intervista di Geraldina Colotti ad Ossamah Al Tawel, rappresentante in Italia del Coordinamento Siriano per il Cambiamento Democratico, l’ala dell’opposizione siriana – maggioritaria all’interno del Paese – fermamente contraria ad ogni intervento armato dall’estero e favorevole ad un’evoluzione pacifica (per quanto possibile) della rivolta. La settimana scorsa, infine, si è svolto a Roma un incontro – cui è intervenuto in videoconferenza lo stesso Al Tawel – promosso dai firmatari dell’appello “Libertà per i popoli arabi”, siglato, oltre che dal sottoscritto, dall’ex Vicepresidente del Parlamento europeo Luisa Morgantini, dalla responsabile FIOM Alessandra Mecozzi, da Vittorio Agnoletto, da Vauro, da esponenti dei movimenti per i beni comuni come Ciro Pesacane e Marco Bersani, nonchè da rappresentanti dell’associazionismo, come Loretta Mussi, presidente di Un ponte per.. , e della sinitra politica, come Piero Maestri di Sinistra Critica e Franco Russo del Partito della Rifondazione Comunista, passando per Fabio Marcelli dei Giuristi Democratici ed altri.
Non nascondo che la crescita di un ampio movimento a sostegno dei legittimi diritti del popolo siriano stia incontrando molte difficoltà e molti ostacoli, fra i quali io metto anche la sconsiderata politica del Consiglio Nazionale Siriano, con i suoi stolidi quanto inutili appelli all’intervento del Settimo Cavalleggeri NATO, turco o chissà cosa. E’ vero che esistono settori, pure interni al mondo della solidarietà con i Palestinesi, schierati a difesa del regime del clan Assad, in nome di un presunto “antimperialismo” che risponde più ad una (pessima) vulgata geopolitica che ad un’analisi delle ragioni sociali, delle condizioni materiali che hanno prodotto gli eventi cui assistiamo. Tutto ciò è vero, come è vero anche che molte delle argomentazioni portate da questi settori oscillano fra la consapevole menzogna e la colpevole disinformazione. Tuttavia, credo sia un errore fare di tutta un’erba un fascio e descrivere la sinistra antagonista italiana come una congrega di vecchi carristi in stile 1956. Anche se fatica ad emergere, c’è di più e di meglio.
Mi auguro che quanto prima lei possa dare notizia della mobilitazione di piazza dei movimenti e della sinistra italiani a sostegno dei rivoluzionari siriani. Stiamo lavorando per questo.
Con stima,
Germano Monti
La ringrazio per questo messaggio e la invito, se ha tempo e modo, di segnalarci le varie attività e iniziative in favore della Siria dei movimenti della sinistra italiana. Ci piacerebbe ospitare uno o più suoi (o vostri) articoli a riguardo, visto che se riusciamo a seguire da vicino quel che accade in Siria non sempre abbiamo il polso della situazione su quel che accade nelle piazze italiane. Faccio inoltre ammenda se nei miei più accalorati scritti sul tema non ho finora operato distinzioni. E’ anche vero che finora ci siamo più imbattuti, da qui, nelle iniziative di tali Musolino, Diliberto e affini, che ahimè raccolgono più visibilità di altre sigle. Rimaniamo in contatto e buon proseguimento. Lorenzo
Confortante sapere che con garbo e lucidità si apra la strada verso piattaforme di dialogo attese e anelate.
Buon lavoro a tutti!
caro Lorenzo,
sono d’accordo con Germano Monti…. apprezzo molto il suo lavoro e anche se ne capisco il motivo, mi spiace che metta tutti gli “antagonisti” sotto lo stesso cappello…
mi riprometto di farle avere uno scritto che stiamo preparando e che va nella sua stessa direzione.
Intanto grazie ancora e “condivido”