Faek Ali Hweijeh, questa tazza è per te

(di Elena Chiti, con un grazie speciale a Eva Ziedan) È il marzo del 1982 quando Faek Ali Hweijeh, ventiduenne originario di Salamiyya nel governatorato di Hama, studente in ingegneria edile all’Università di Damasco, viene arrestato dal regime siriano di Hafez al-Asad.

«Ti tratteniamo il tempo di un caffè», gli dicono: «una pura formalità, tanto non sei mica un Fratello musulmano». No, infatti, Hweijeh è un comunista. Ma è l’epoca del massacro di Hama e il regime vede complotti ovunque: il tempo del caffè durerà nove anni, senza processo, con soggiorni nelle maggiori carceri siriane (Tadmor, Mezze, Sednaya) alternati a mesi di torture quotidiane sotto il braccio militare.

Faek Ali Hweijeh uscirà nel 1991. Dopo il caffè riprenderà gli studi: non in ingegneria edile, ma in giurisprudenza. Sarà – ed è tuttora – l’avvocato dei detenuti politici, di quanti in Siria scontano il carcere per reati di opinione.

Ma sarà anche, fin dagli anni del carcere, un poeta. E dalla sua cella, come il codetenuto e amico Faraj Bayraqdar, canterà alla libertà, la invocherà, la pregherà di venire perché i detenuti la stanno aspettando, le fanno il caffè. «Questa tazza è per te», le dirà.

Nel 2003, la casa editrice Al-Balad di Damasco pubblicherà questi canti. La raccolta si intitola Sata’tîn (“Verrai”), come l’omonima poesia che traduco qui sotto e di cui trovate, appena più sotto, il testo originale arabo.

È il marzo del 2012.  Siamo a trent’anni dall’arresto di Faeik Ali Hweijeh. A cinquantadue dalla sua nascita. Faek Ali Hweijeh, questa tazza è per te. E che la prossima sia per la libertà che verrà.

 

Faek Ali Hweijeh

 

Verrai

Donna amata da tutti,

il mio canto è per te.

Bene più prezioso su questa terra,

viviamo per te

in questa bara di cemento

lontano da te.

Per te,

perché ti amiamo

e sappiamo che la lontananza

non dipende da te,

ci ribelliamo alla disperazione

e da questa tomba proclamiamo:

sei il nostro amore,

ti apparteniamo,

vieni.

Vieni a trovarci,

nonostante il giogo quotidiano

e le nostre fatiche

e la notte che ci circonda

accendiamo sul cuore ceri

d’amore e aspettiamo.

***

Ogni giorno ti vediamo

ma non vieni.

Ci sfili via tra le dita

come un miraggio

che non tocchiamo.

Ci uccide la consapevolezza

e tu davanti alla finestra aperta

in tutta la tua grazia

cammini.

Con la veste di un albero verde

ti vede qualcuno

o con quella di un corpo nudo.

Ma la sera,

quando un rosso tramonto

colora di sé tutti i colori,

ti disegni in lontananza,

vicino al sole, vita

che ci rianimi dalla mortificazione,

ti sfioriamo con lo sguardo

ma

non vieni.

***

Davanti alla porta chiusa

stiamo fermi, in attesa.

Non ci coglie la noia perché stai arrivando,

ti facciamo il caffè:

questa tazza è per te, che nessuno la tocchi

e questo posto vuoto vicino al cuore

aspetta che tu venga a bere

e questa sei tu.

Sei tu:

oltre la finestra un cielo

che non risponde al cuore.

Il caffè è già freddo,

i pensieri al rimpianto,

a vagare nell’assurdo.

E noi ci disponiamo in ranghi avversi,

recitiamo ogni sorta di preghiere

a ogni sorta di dei

in ogni sorta di dialetti,

così diversi che ci unisce soltanto

l’amore di te.

Sei l’amore di tutti

un amore che non è prigioniero del tempo

e di nuovo aspettiamo,

aspettiamo a lungo,

ma

non vieni.

***

Fiorisce il desiderio nelle membra,

la voglia abita gli occhi

e li brucia,

li chiudiamo

e sei tutto ciò che rimane,

aspettiamo.

Piantiamo fiori nel cuore,

li irrighiamo con il sangue per non farli appassire,

con mani di amanti

te li offriamo

e aspettiamo.

Hai il diritto di farti desiderare,

sei la nostra sovrana,

aspettiamo.

Il tuo amore è più grande di noi,

aspettiamo.

È il solo bene che abbiamo

ci coglierebbe la morte

se non

aspettiamo.

Sei il nostro amore

e se non fosse per te

non saremmo qui

che aspettiamo.

E così aspettiamo

aspettiamo

aspettiamo.

Hai il diritto di farti desiderare

e noi abbiamo il diritto

di non dubitare:

non puoi non venire.

Verrai.

30 dicembre 1984, carcere di Mezze

(Traduzione dall’arabo di Elena Chiti)

!ستأتين

 

:يا امرأة يعشقها الكل

اليك اناشيدي

:يا اثمن شيء في هذي الدنيا

من اجلك نحيا

في هذا التابوت الاسمنتيّ

بعيداً عنك

،من اجلك

،ولأنا نعشقك

،ونعلم ان البعد بسبب منك

،ورغماً عنك

،فانّا ننتفض على الياس

:ومن هذا القبر نصرّح

،حبيبتنا انت

،ونحن لك

فلتأتي

،تعالي لترينا

رغم القهر اليومي

،رغم متاعبنا

،رغم الليل يحاصرنا

،نشعل شمعات الحب

فوق القلب و ننتظر

*******

،في كل الايام نراك

ولا تأتين

،من بين اصابعنا تنسلين

،سراباً

لا نلمسك

ويقتلنا الوجد

 وانت امام النافذة المفتوحة

،بكامل زينتك

تمشين

،في ثوب الشجر الاخضر

يراك البعض

واحيانا في ثوب الجسد العاري

،لكن في المساء

بالأحمر شفقاً

يطبع كل الالوان بطابعه

،ترتسمين هناك بعيداً

قرب الشمس ، حياةً

،تنعش هذي الارواح المقموعة

تلامسها نظراتٍ

،لكن

لا تاتين

******

امام الباب المغلق

وقوفاً، ننتظر

ولا يدركنا الملل لانك انت القادمة

:نعد القهوة من اجلك

هذا فنجانك لا يلمس

،وهذا الخاوي قرب القلب

من اجل جلوسك، ينتظر

و هذي انت

هذي انت

من النافذة سماءٌ

لا تنطبق على القلب

،والقهوة قد بردت

واللهفة تشعل كل الافكار

،وتطلقها في اللامعقول

فننتظم صفوفاً متنافرة

،نقرا كل الصلوات

،لكل الارباب

،نستخدم كل اللهجات

،فلا يجمعنا نحن المختلفين على الاطلاق

إلا حبك انت

انت حبيبة كلٍ منّا

و حبك لا تاسره اللحظات

،لذلك نبقى ننتظر

،وننتظر كثيراً

لكن

لا  تأتين

*******

الشوق يبرعم من هذا الجسد 

،والرغبة تسكن في العينين

،وتحرقها

،نغمضها

لا يبقى الا انت

و ننتظر

،نزرع ورداً في القلب

،نرويه دماء كي لا يذبل

،وبايدينا، عشاقاً

نحمله

وننتظر

،ويحق لك التاخير

،فانت اميرتنا

ننتظر

،حبك اسمى منّا

ننتظر

لا نملك الا ذاك،

و سيلفحنا الموت

:اذا لم نبق

ننتظر

وانت حبيبتنا

،ولولا انك انت

:ما كنا هنا

ننتظر

وسنبقى ننتظر

وننتظر

وننتظر

،انت يحق لك التاخير 

ونحن يحق لنا

ان نوقن

ان لا يمكن الا تاتين

!!!!! ……ستأتين

سجن المزة_30 /كانون1 / 1984