Riprendo da Giornalisti senza frontiere (Gsf) un articolo pubblicato martedì 15 novembre, in cui un mio contatto siriano, che ha aiutato diversi giornalisti stranieri a lavorare sotto copertura in Siria, si lamenta dei rischi a cui vengono esposti i fixers siriani a causa delle leggerezze dei reporters.
[Gsf]: “Conosciamo decine di siriani che sono stati arrestati e torturati dopo aver rilasciato interviste ai media stranieri sulla repressione in atto nel Paese […] Ogni volta che i siriani rilasciano interviste riguardo alla situazione del Paese, diventano esposti al rischio di rappresaglie insieme alle loro famiglie. […] Il dovere di seguire gli eventi in corso non deve essere svolto a spese delle fonti”.
Un fixer siriano si é lamentato di recente con Reporters Without Borders dei giornalisti stranieri imprudenti che “sono alla ricerca dei loro 15 minuti di gloria, facendosi arrestare” senza soppesare le conseguenze a cui sono esposte le persone che li hanno aiutati o accompagnati.
Se un reporter straniero viene arrestato in Siria, è sottoposto a pochi giorni di detenzione e quindi espulso. I siriani invece pagano un prezzo ben maggiore per il loro coinvolgimento.[…]
Rappresentanti del Consiglio nazionale siriano (Cns) e giornalisti locali hanno chiesto a Gsf di chiarire ai giornalisti stranieri che dovrebbero sospendere le loro missioni in Siria fino a quando la situazione non si sarà evoluta. Un giornalista ha affermato: “Dovrebbero andarsene dal Paese e rimanere fuori”.
“Questo non è il nostro messaggio”, ha affermato Reporters Without Borders. “Ma esortiamo i giornalisti a prendere le massime precauzioni […]”.
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