Homs, laboratorio di guerra civile?

Homs è la terza città siriana, ma è la prima per numero di uccisi in oltre 200 giorni di proteste e conseguenti repressioni. Al centro del Paese e sulla direttrice Damasco-Aleppo, l’intera regione di Homs è ormai consacrata come l’epicentro della rivolta.Che alcuni affermano sia ben armata, tutt’altro che pacifica.

Di questa città – i cui abitanti, gli “homosni”, sono a torto noti in Libano per essere così ingenui da essere oggetto, come i nostri Carabinieri, di barzellette e freddure – sono giunti nelle ultime due settimane due interessanti testimonianze.

La prima è del coraggioso giornalista tedesco Wolfgang Bauer, che ha pubblicato il suo lungo resoconto su Die Zeit, poi tradotto e pubblicato da Internazionale (scarica qui il PDF dell’articolo in italiano).

La seconda è di un corrispondente anonimo del New York Times. Le sue note sono state messe insieme a Beirut da Anthony Shadid, sempre del NYT e che era già stato a Homs a luglio sotto copertura con un altro fotografo.

A leggere i due resoconti ci si accorge che dalla fine di agosto alla fine di settembre la situazione si è involuta e che la violenza pare dominare sempre di più anche il campo degli anti-regime. Agli orrendi crimini riportati dagli homosni citati da Bauer, avrebbero risposto – secondo la testimonianza del NYT – rappresaglie e omicidi mirati contro esponenti identificati come filo-regime e contro collaborazionisti.

Ma Homs è anche la città natale di Burhan Ghalioun, incoronato a Istanbul domenica 2 ottobre, anima del Consiglio nazionale che è riuscito a metter d’accordo, dopo mesi, numerose voci in contrasto tra loro nel variegato panorama del dissenso siriano in patria e all’estero.

Homs è la città dove vivono da secoli cristiani e sunniti. I quartieri alawiti sono “recenti”, formatisi con l’immigrazione dalle campagne degli alawiti dei villaggi circostanti. Le tensioni erano già presenti da decenni. Seguiamo da vicino cosa succede in città.