Imam Sadr scomparso, parla la figlia

(di Raffaele Mauriello*). A quasi trentaquattro anni dalla sua scomparsa in Libia, il 31 agosto 1978, l’Imam [1] Sayyid Musa al Sadr continua ad attirare grande attenzione. La figura di al Sadr lega in maniera curiosa la caduta di Gheddafi, gli alawiti e il presidente siriano Bashar al Asad, la Repubblica islamica dell’Iran, e la “primavera araba/risveglio islamico”.

Da un lato, le dichiarazioni di al Sadr sugli alawiti (nel 1974 Hafez al Asad, allora presidente siriano e padre dell’attuale raìs, chiese a Sadr di emettere un parere giuridico circa l’appartenenza all’Islam degli alawiti) rappresentarono il sigillo formale e internazionale al processo di “sciitizzazione” del gruppo religioso al potere in Siria con il presidente al Asad.
Alcuni membri della famiglia al Sadr sono, poi, uniti da legami matrimoniali con le famiglie Khomeini (la famiglia del padre della Repubblica islamica, Seyyed Ruhollah Komeini) e Khatami (la famiglia del due volte presidente della Repubblica, Seyyed Muhammad Khatami).
Guardando inoltre alle attuali vicende della “primavera araba” attraverso il caleidoscopio del “risveglio islamico” si vede forse meglio come non sia del tutto fuoriluogo considerare punto di partenza di questo risveglio proprio l’Iran della presidenza Khatami e il successivo scontro frontale fra progressisti e neoconservatori manifestatosi per le strade di Teheran in seguito alle elezioni presidenziali del giugno del 2009.
Abbiamo deciso di parlare di alcune di queste vicende con la figlia dell’Imam, Hawra al Sadr (foto in homepage), nel suo ufficio a Teheran. Hawra è direttrice della Fondazione culturale e di ricerca sull’Imam Musa al Sadr.

La fondazione, da lei creata nel 2003, si occupa di seguire il caso della scomparsa dell’Imam e di diffondere il suo pensiero, in particolare attraverso l’organizzazione di conferenze e una cospicua produzione editoriale, e fa parte di una rete di fondazioni non governamentali create dalla famiglia di Musa al Sadr in Libano e in Iran.

Fanno parte di questa rete la Fondazione Imam al Sadr di Tiro, diretta da una sorella di Musa, Rabab al Sadr, che svolge una notevole attività caritativa fornendo in particolare cure mediche gratuite alla popolazione del sud del Libano e istruzione primaria e secondaria gratuita alle donne; e il Centro per la ricerca e lo studio sull’Imam Musa al Sadr di Beirut, diretta dal figlio dell’Imam, che svolge le stesse attività della fondazione di Teheran in ambito arabofono.

Le condizioni ambientali dell’intervista, condotta il 5 maggio 2012, non sono state però delle migliori. Una settimana prima, Keyhan, il quotidiano conservatore più importante e aggressivo del Paese, direttamente legato alla Guida, ha iniziato una campagna stampa contro Shahre Ketab, la catena di negozi di libri più importante dell’Iran, diretta dal marito di Hawra, accusandola di organizzare attività culturali in collaborazione con le rappresentanze culturali dei Paesi europei.

Signora al Sadr, quali sono le recenti notizie sulla scomparsa di suo padre?
Hawra: La caduta del regime di Gheddafi ha riacceso le speranze della liberazione dell’Imam Musa al Sadr e dei suoi due compagni (lo Shaykh Muhammad Yaqub e il giornalista Abbas Badr al Din). A tal riguardo, è stato creato un comitato ufficiale da parte dello stato libanese che ha stabilito rapporti diretti con il Consiglio transitorio libico.

Il Comitato, insieme al ministro degli esteri libanese e a mio fratello, ha effetuato un viaggio in Libia dove ha incontrato il presidente del Consiglio, ‘Abd al Jalil, il primo ministro, il ministro degli esteri, e il ministro della giustizia. Il lavoro del Comitato prosegue in maniera seria, ma siamo ancora lontani dallo scoprire dov’è tenuto prigioniero mio padre. Posso dirle, però, che abbiamo notizie credibili sul fatto che per alcuni anni sia stato tenuto prigioniero in alcune carceri sotto il controllo diretto di fedelissimi di Gheddafi.

Come vive le attuali vicende della cosiddetta “primavera araba/risveglio islamico” alla luce del pensiero di suo padre?
Hawra: Forse la caratteristica piu’ importante dell’Imam Musa al Sadr è stata la sua predisposizione al dialogo come strumento di risoluzione dei conflitti. Anche se, di fatto, lui è stato il rapresentante di un gruppo religioso specifico [gli sciiti], la sua predisposizione al dialogo era tale che per esempio i cristiani quando lo incontravano non avevano in alcun modo l’impressione di discutere con qualcuno che avesse delle idee a volte molto diverse dalle loro.

Questo elemento è alla base del suo umanesimo. Io credo che il sentiero su cui si sono incamminati i popoli e i paesi colpiti da questi eventi sia molto bello, e non posso che sostenere la voglia di impadronirsi del proprio destino di questi popoli. Certo, devo anche dire che in alcuni casi non posso che essere preoccupata dai tentativi in atto da diverse parti per appropriarsi di questa voglia di libertà per fini propri. Dobbiamo adoperarci tutti perché questa bella possibilità rimanga nelle mani della gente.

Come interpreta il ruolo di suo padre nel favorire il riavvicinamento fra sciiti e alawiti, e quindi la leggittimità agli occhi dei musulmani del presidente al Asad, alla luce delle recenti tragiche vicende in Siria?
Hawra: La questione siriana è molto sensibile. Quello che le posso dire è che ritengo che se l’Imam Musa al Sadr fosse stato ancora presente sullo scenario libanese il livelo delle tensioni sarebbe stato molto ridotto.

In particolare, lui si è sempre impegnato perché nessun gruppo rimanesse isolato, appartato dagli altri. Infatti, durante la guerra civile libanese lui s’impegnò sempre perché nessun gruppo fosse isolato completamente dagli altri. Questo suo attegiamento provocava critiche persino fra le persone a lui più vicine, che gli chiedevano perché non fosse giusto isolare persone o gruppi che li attaccavano. Lui credeva profondamente che l’isolamento portasse solo a un intensificarsi del livello dello scontro e a un accentuarsi degli estremismi.

Pochi sanno che il Sayyid Muqtada al Sadr è membro della stessa famiglia del Sayyid Musa al Sadr. Lei come interpreta il ruolo di Muqtada nelle attuali vicende irachene alla luce del pensiero di suo padre?
Hawra: Vede, ogni persona ha delle caratteristiche proprie, e la stessa cosa vale per i diversi paesi in cui i membri della famiglia al-Sadr hanno operato e operano. La mia speranza è che l’Iraq trovi un po’ di tranquillità, e che tutti i membri della mia famiglia si adoperino al massimo per questo fine.

 


[1] L’utilizzo del termine “Imam” in ambito sciita è divenuto quantomai problematico. Fino agli ultimi decenni del secolo scorso, tale “qualifica” era riservata ai dodici Imam della tradizione sciita. Probabilmente a partire proprio dalla figura di Musa al Sadr, ma in maniera ancora piu’ importante ed evidente con l’“Imam” Ruhollah Khomeini, tale termine è stato utilizzato anche per alcuni importanti leader religiosi sciiti; introducendo una voluta ma discutibile sovrapposizione teologico-ideologica fra i soli leggittimi detentori del potere politico agli occhi degli sciiti, cioè i dodici Imam della tradizione, con i contemporanei protagonisti del panorama religioso (e politico) sciita.
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* Raffaele Mauriello è un ricercatore esperto di storia contemporanea dell’Islam sciita e di geopolitica. Di recente è uscita la sua monografia Descendants of the Family of the Prophet in Contemporary History: A Case Study, the Šīʻī Religious Establishment of al-Naǧaf (Iraq)Suppl. alla “Rivista degli Studi Orientali” dell’Università di Roma “La Sapienza”, Roma-Pisa Dicembre 2011.