Kamal Sheikho, attivista e giornalista curdo più volte detenuto dal regime siriano, descrive per OpenDemocracy l’ascesa della resistenza armata in Siria e i rischi a essa connessi, primo fra tutti quello di precipitare la discesa del Paese in una guerra civile.
Sheikho sostiene che la violenza non migliorerà le sorti della rivolta siriana, facendo il gioco di un regime già di per sé brutale e facilitando la conversione delle rivendicazioni politiche in un conflitto tra fazioni.
Il regime – sostiene Sheikho – avrebbe comunque la meglio, nel confrontarsi con l’Esercito siriano libero (Esl), in virtù della sua esperienza nel mantenere la sicurezza interna. Sheikho cita quindi il leader del Consiglio nazionale siriano (Cns), Burhan Ghalioun, e i suoi appelli alla non-violenza.
Le autorità di Damasco starebbero inoltre incoraggiando la violenza in corso, favorendo il traffico di armi nel mercato nero e alimentando il terrore tra i cittadini di attacchi di presunti gruppi di islamisti.
Tuttavia, anche sul fronte dei lealisti, il quotidiano Shada al-Madad, si è spinto ad ammettere il momento di crisi e a chiedere al Presidente Bashar al-Asad di porre fine alla violenza, prima di fornire “una scusa dorata” all’interventismo militare.
La conclusione di Sheikho è che su entrambi i fronti, quello lealista e quello rivoluzionario, il timore di una guerra civile sta aumentando, alimentato dall’allarmante crescita delle violenze di matrice confessionale.
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