(Enrico De Angelis* per FanPage). La rivoluzione in Siria è un complotto ordito dagli Stati Uniti, dicono tanti attivisti di sinistra e i loro giornali. Ma dietro questa visione c’è una lettura distorta della realtà e una crescente difficoltà nell’interpretare la complessità del mondo contemporaneo. Che rischia di far perdere credibilità anche alle lotte future.
Da quando la rivolta in Siria è cominciata, molti sono convinti che dietro ci sia un complotto americano-sionista a muovere i fili dell’insurrezione. Si dice che la maggioranza dei siriani sostiene ancora Bashar al-Assad. Che in Siria si viveva ancora bene e che le condizioni di vita erano migliori di altri Stati arabi dove sono scoppiate le rivolte. Che gli attivisti dell’opposizione e i media mainstream che li supportano esagerano il numero delle vittime.
Che si tratta fin dall’inizio di un’insurrezione armata da Stati Uniti e paesi del Golfo. Che si tratta dell’ultimo Stato laico e soprattutto dell’ultimo baluardo, insieme all’Iran, contro le politiche di Stati Uniti e dei loro alleati nella regione. A esprimere questa visione di ciò che sta accadendo in Siria a partire dal Marzo scorso sono persone che si percepiscono come appartenenti al cosiddetto campo anti-imperialista.
È difficile identificare precisamente coloro che ne fanno parte: più che altro si tratta di un sentire comune, che emerge quando ti trovi a parlare con attivisti di diritti umani, simpatizzanti della causa palestinese, anarchici, esponenti di centri sociali e tanti altri. In generale, coloro che contestano l’ordine mondiale di marca statunitense. Ma è una lettura che a volte trova anche espressioni più ufficiali.
In Italia un esempio è Il Manifesto, che fin dall’inizio ha avuto un atteggiamento a dir poco ambiguo nei confronti della Siria. Ogni argomento sembra valido pur di deviare l’attenzione dalla repressione del regime nei confronti delle proteste: gli interessi geo-politici in gioco, l’inattendibilità del conto delle vittime, il carattere armato della rivolta, le infiltrazioni da parte di al-Qaeda e Jihadisti iracheni.
E d’altra parte Il Manifesto è in buona compagnia- In un recente articolo intitolato “Gli Stati Uniti dovrebbero stare fuori dalla Siria” il settimanale statunitense The Nation comincia subito con un’analisi geopolitica della questione, sottolineando chi è contro e chi è pro nel panorama internazionale. Poi prosegue dicendo che “l’opposizione siriana è, almeno nella sua forma esterna, oscura” e conclude che la rivolta potrebbe finire in un massacro degli Alawiti.
Joseph Massad, il campione della teoria della cospirazione, scrive su al-Jazeera English che la rivolta siriana è stata “presa in ostaggio” dalle forze imperialiste all’interno (???) e all’esterno della Siria, e che di certo il risultato non potrà essere una vera democrazia. E così molti altri ancora. In questi mesi mi è capito spesso di imbattermi in persone che avevano queste opinioni.
Un esempio è un attivista italiano incontrato a Piazza Tahrir, al Cairo, in occasione del 25 gennaio, anniversario della rivoluzione egiziana. Era venuto anche lui a festeggiare con gli egiziani la vittoria contro il regime di Mubarak. Ma quando si parla di Siria, la sua posizione è netta: “la situazione è completamente diversa. Il regime egiziano era appoggiato dagli Stati Uniti, quello siriano invece è contro”.
Quando Che Guevara parla come Kissinger – Questo è il primo punto che vorrei discutere: la fredda realpolitik che guida questo modo di pensare. Improvvisamente il discorso dei diritti umani, la difesa della libertà a ogni costo, l’opposizione alla violenza statale nei confronti del cittadino passano in secondo piano. A contare sembrano solo considerazioni di tipo geopolitico. Sebbene nascosto dietro altri argomenti, il discorso essenzialmente è: il nemico del mio nemico è mio amico, qualunque cosa faccia. La Siria è nemica degli Stati Uniti, quindi va protetta. Il popolo siriano può essere sacrificato sull’altare della lotta globale all’anti-imperialismo, perché, e ci dispiace per loro, si trova a lottare dalla parte sbagliata.
L’importante è essere contro gli Stati Uniti, e qualunque cosa dispiaccia a loro, va bene a me. Questo passaggio da un discorso basato sull’etica a un discorso basato unicamente su considerazioni politiche sembra essere vissuto senza contraddizioni. Che Guevara si mette a parlare di colpo come Kissinger o Metternich, eppure tutto sembra normale. Non conta cosa succede a livello locale, la lotta di un popolo per la libertà: quello che conta sono gli equilibri geopolitici.
Una erronea ricostruzione della realtà – La seconda considerazione va sotto il nome di Ignoranza. Perché la contraddizione di cui sopra viene spesso superata sostenendo che non si tratta di una rivolta spontanea ma di un’insurrezione armata orchestrata dagli Stati Uniti con l’intento di intervenire militarmente. Stesso copione della guerra in Iraq del 2003 o, più recentemente, di quella in Libia.
Se la rivolta non è autentica, il caso umanitario non esiste. Non c’è lo spazio qui per confutare in dettaglio tutti i tasselli che disegnano questo mosaico inventato. E non voglio negare che ci siano interessi stranieri in gioco: quelli ci sono sempre. Anzi, più a lungo la rivolta durerà e verrà repressa nel sangue, più l’intervento esterno si farà pressante e influente, condizionando il futuro del paese. Come ha detto un attivista siriano: quando non sai a chi rivolgerti, tratti perfino con il Diavolo.
Ma pensare che l’insurrezione in Siria sia il frutto di un piano preordinato dall’esterno è semplicemente falso. E per chi conosce bene la questione, per chi ne ha seguito ogni minimo sviluppo dall’inizio, su questo non c’è ombra di dubbio. Nessuna potenza regionale o internazionale voleva una rivolta in Siria. È sufficiente analizzare le dichiarazioni dell’amministrazione americana a partire dal marzo scorso. Dopo meno di un mese Hillary Clinton dichiara che “Assad è un riformatore”, liquida la repressione come “uso sproporzionato della forza” e rassicura Assad escludendo un intervento armato in Siria. Il 20 maggio Obama sostiene che “Assad dovrebbe guidare la transizione verso la democrazia”.
Il 18 agosto ripete che “Assad dovrebbe farsi da parte nell’interesse del popolo siriano”. E infine il 6 febbraio esclude di nuovo un intervento militare. Insomma non proprio una campagna di diffamazione com’era stata quella contro Saddam Hussein prima dell’invasione del 2003. Al contrario, le porte sono restate quasi sempre aperte per Bashar al-Assad, anche dopo che la ferocia della repressione era divenuta fin troppo evidente. Il Consiglio nazionale siriano, il principale organo di opposizione all’estero, è stato riconosciuto solo un mese fa e da pochissimi paesi. E l’esercito siriano libero, nonostante tutte le dicerie diffuse durante quest’anno, a giudicare dalle armi rudimentali in suo possesso non ha ancora ricevuto alcun aiuto da paesi esterni.
Una rivoluzione contro il mondo intero – La rivoluzione siriana, come hanno scritto alcuni attivisti, sembra essere una rivoluzione contro il mondo intero. Non nel senso che esiste un complotto ai suoi danni, ma nel senso che la lotta per l’indipendenza è evidentemente una lotta solitaria. Nessun attore esterno ha la forza per intervenire e tantomeno l’intenzione di scommettere su questa rivoluzione. Eppure tutti la seguono da vicino, ansiosi di capire come andrà a finire e su quale cavallo puntare per incassare qualcosa alla fine.
Molti interessi da salvaguardare, esclusi quelli dei siriani. La verità è che il regime di Bashar al-Assad faceva comodo a tutti, Occidente e Israele compresi. La Siria degli Assad ha sempre abbaiato molto e morso poco, e offriva stabilità a tutta l’area. In fondo Israele ha bisogno di una minaccia da esibire per continuare a recitare il ruolo di vittima assediata.
E il regime di Assad costituiva una minaccia solo sulla carta. Al contrario, una Siria realmente indipendente è una perdita sicura per qualcuno e una pericolosa incognita per gli altri. Proprio per questo la mancanza di solidarietà di quei movimenti e di quelle persone che invece sono sempre pronte a scendere in piazza per la Palestina o contro le guerre della NATO risalta ancora di più come un atteggiamento incomprensibile.
È un mondo, quello anti-imperialista, che dimostra non solo di essere rimasto indietro nella propria incapacità di capire la realtà contemporanea e le sue trasformazioni. Ma anche di essere imprigionato all’interno di gabbie ideologiche che gli impediscono di leggere la natura di fenomeni locali nella loro specificità. Dicono: bisogna leggere sempre gli eventi in chiave globale.
Ma anche se fosse vero, bisognerebbe prima di tutto leggerli bene, e secondo bisognerebbe farlo senza dimenticare le persone che abitano i luoghi in cui quegli eventi hanno luogo e che sono sottoposte a volte prima di tutto a forze locali. Come i siriani sanno bene, a volte i poteri locali possono essere più violenti e feroci di quelli globali. Che interessa a un siriano se alla fine gli Stati Uniti dovessero guadagnare in equilibri geopolitici, sempre che sia vero, se il giorno prima un seguace di Assad gli ha ucciso il fratello? Il regime siriano forse non sarà un amico dell’Occidente, ma è un regime oppressivo che ha messo in atto negli ultimi anni politiche di liberalizzazione e di accentramento di potere economico che rimandano a un capitalismo sfrenato, limitato solo dalla necessità di accertarsi che la distribuzione della ricchezza sia compatibile con gli interessi delle autorità.
La perdita di credibilità dei movimenti internazionali di solidarietà – È paradossale e sconfortante che un’insurrezione portata avanti prima di tutto in nome della libertà, della democrazia e della giustizia sociale, e che è portata avanti dai ceti sociali più disagiati del paese, venga percepita come una rivolta a favore dell’imperialismo globale. Perché dunque non si può essere semplicemente dalla parte dei popoli e contro le forze che ne limitano le libertà, dovunque essi siano? Ma questa sarebbe già un’operazione troppo complessa all’interno della cornice manichea imperialismo vs mondo libero.
O si è contro l’Iran o si è contro gli Stati Uniti. Queste persone in genere esibiscono un presuntuoso scetticismo che si traduce in una conclusione sconsiderata: i media mainstream mentono, dunque la realtà è il contrario di ciò che affermano. In altre parole, se la CNN afferma che c’è un massacro in Siria, vuol dire che la rivolta è organizzata dagli americani. Loro sanno come va il mondo, gli altri sono dei poveri lobotomizzati che si bevono qualunque cosa i media decidano di rifilargli.
Ma purtroppo o fortunatamente il mondo (anche quello dei media) è molto più complesso di così. Se è vero che i media mainstream sono spesso subordinati all’agenda dei governi, è anche vero che non si può liquidarli così facilmente e pensare che ci sia un permanente complotto internazionale ordito dagli Stati Uniti. Ma tutto questo per quegli pseudo-intellettuali che siedono comodamente sui propri divani mentre la gente muore ha poca importanza. Solo si ricordino che, quando scenderanno di nuovo in piazza per una giusta causa, contro l’occupazione della Palestina o contro un altro intervento NATO, avranno d’ora in poi molta meno credibilità (Apparso su FanPage il 27 febbraio 2012).
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*Enrico De Angelis è un ricercatore di comunicazione politica internazionale. Si occupa da anni di media (vecchi e nuovi) nel mondo arabo. Attualmente vive al Cairo, Egitto.
Caro De Angelis,
sono completamente d’accordo con quello che ha scritto, e vorrei aggiungere il mio personale disgusto per la bassezza delle argomentazioni che certi ambienti della sinistra e del movimento di solidarietà con la Palestina – di cui, peraltro, come cofondatore del Forum Palestina, mi onoro di far parte – portano avanti per giustificare quello che non è altro che il sostegno ad un regime fascista e mafioso, come quello del clan Assad e dei suoi complici (compreso quel ridicolo Partito “Comunista” in cui la carica di Segretario Generale si trasmette per via dinastica: prima il signor Bakdash, poi la di lui signora, ora il di loro pargolo).
Tuttavia, sia pure con molta fatica, c’è chi si sforza di essere coerente con quelle motivazioni di libertà, democrazia, diritti umani e giustizia sociale che stanno alla base di ogni movimento di solidarietà. Colgo questa occasione per anticipare su questo sito – che costituisce una fonte preziosa di informazione libera e indipendente sugli eventi siriani – l’appello che verrà reso pubblico da domani e che invita a testimoniare, il prossimo 15 marzo, la nostra solidarietà con la rivoluzione siriana, contro ogni intervento “umanitario” e per il diritto del popolo siriano a liberarsi del tiranno-macellaio ed a vivere liberamente e dignitosamente.
CON IL POPOLO SIRIANO, FINO ALLA VITTORIA DELLA DEMOCRAZIA E DELLA LIBERTA’
Il mondo assiste, impotente e distratto (a parte coloro che vorrebbero approfittare della situazione per l’ennesimo intervento “umanitario”), alla carneficina in corso in Siria, dove da mesi il popolo sfida la repressione, la tortura, le stragi e gli omicidi del regime per chiedere democrazia, libertà e dignità. La rivoluzione siriana è parte integrante della primavera araba, del risveglio di milioni di donne e di uomini che vogliono liberare sé stessi ed i propri Paesi dalla tirannia, dall’oppressione e dallo sfruttamento, in Siria come in Egitto, Tunisia, Bahrein, Yemen, Giordania, fino all’Arabia Saudita dominata da una delle monarchie più reazionarie ed oscurantiste che la storia ricordi.
Noi condanniamo senza appello la repressione feroce del dittatore Assad e del suo clan: migliaia di morti, negazione della libertà di informazione ed assassinio di giornalisti, migliaia di arresti di dissidenti, omicidi e pestaggi di giornalisti, vignettisti, esponenti di organismi di difesa dei diritti umani, distruzioni di massa, sequestro e tortura di migliaia di desaparecidos.
Con la stessa forza, rifiutiamo la retorica dell’ennesima “guerra umanitaria”: dalla Jugoslavia all’Iraq, al pantano afghano ancora in corso fino al recente precedente libico, abbiamo visto le sofferenze, i morti causati dalla Nato per “proteggere” i civili, l’indegno gioco sulla pelle delle popolazioni. Qualsiasi intervento straniero sottrarrebbe alla popolazione siriana e alle forze democratiche e rivoluzionarie il controllo sul futuro del loro paese e la sua sovranità, rendendolo prigioniero degli interessi delle grandi potenze, globali e regionali.
Vogliamo sostenere la rivoluzione siriana nella lotta per una vera democrazia, il rispetto dei diritti umani, la giustizia e la dignità, così come sosteniamo l’eroica lotta del popolo palestinese contro l’occupazione israeliana, per il diritto alla vita, alla terra ed alla libertà.
Fra poche giorni, il prossimo 15 marzo, ricorrerà il primo anno dall’inizio della sollevazione del popolo siriano contro il regime del clan Assad: facciamo appello a tutte gli amici e le amiche della giustizia e della pace, a tutte le forze politiche democratiche ed antifasciste, a manifestare in tante città contro il regime assassino di Bashar Assad, per il sostegno a tutte le popolazioni arabe in rivolta, in solidarietà alla forze popolari, democratiche e rivoluzionarie, partecipando poi alle inizitive della comunità siriana di opposizone.
Non vogliamo embarghi contro la popolazione, siamo contro ogni intervento militare “senza se e senza ma”, che si chiami missione “umanitaria” o No Fly Zone. Vogliamo l’immediata cessazione delle operazioni militari del regime contro la popolazione. Vogliamo che l’Onu organizzi una commissione di inchiesta indipendente e non armata che si rechi immediatamente in Siria e verifichi le violazioni dei diritti umani e costruisca le condizioni per elezioni libere e la fine della repressione. Vogliamo che sia il popolo siriano a decidere del proprio futuro. Vogliamo che la solidarietà dei popoli abbracci la lotta della popolazione siriana.
Piero Maestri, Germano Monti, Fabio Marcelli, Vauro Senesi, Vittorio Agnoletto, Franco Russo, Ciro Pesacane, Riccardo Torregiani, Annamaria Rivera, Laura Quagliuolo, Simona Cataldi, Karim Metref, Maria Carla Biavati, Fabio Ruggiero
Siamo certi che, quando questo appello sarà reso pubblico, a queste prime firme se ne aggiungeranno altre, di individui e di associazioni. Anzi, se qualcuno vuole iniziare a farsi sentire, può inviare la sua firma a rivoluzionesiriana@libero.it .
Un’ultima precisazione: l’immagine che campeggia sull’home page del sito in riferimento al suo articolo è quella della testata di un quotidiano che non ha nulla a che vedere con la sinistra, anzi: è una pubblicazione di estrema destra, di quell’area che potremmo definire “rosso-bruna”, e sarebbe confortante se i sostenitori “di sinistra” del tiranno-macellaio avviassero una piccola riflessione anche sulle cattive compagnie. Non è mai troppo tardi, diceva qualcuno.
Complimenti per questo articolo lucido e dall’analisi precisa, che mette a fuoco una grossa falla anche in associazioni e movimenti che solitamente si trovano in solidarietà con rivolte variegate e sfaccettate come quelle che da mesi stanno accadendo in Siria. Credo che oggi più che mai sia necessario munirsi di strumenti di analisi complessi, in grado di leggere situazioni complesse, perché se ci adagiamo su letture del mondo antiquate, che probabilmente non funzionavano neppure quando sono state elaborate, rischiamo di perdere occasioni per sostenere cambiamenti veri e necessari e per vedere anche possibilità di cambiamento nella nostra stessa realtà.
Sulla copertina dell’articolo di De Angelis: la stessa è della redazione non dell’autore dell’articolo. E la scelta è stata fatta sulla base del fatto che molti articoli che riprendono la visione criticata da De Angelis compaiono su “Rinascita”. Non credo che sia un problema solo a sinistra, anzi molti “anti-imperialisti” sono anche a destra. SiriaLibano.
non capisco perchè il sito dia così tanta importanza a quello che pensano i pseudo-pacifisti italiani , è noto che sono antiamericani e antisionisti a prescindere , e il fatto che siano così ignoranti e faziosi da non capire che Assad è comodo sia a USA che a Israele è dovuto proprio alla loro ideologia ( parola vecchia ma non ne trovo di meglio) che impedisce di vedere la realtà .
Trovo che la scelta redazionale sia pertinente, proprio perchè evidenzia quella che dovrebbe essere un’innaturale contaminazione fra sinistra e pacifisti con settori della destra estrema, peraltro ben conosciuti per i loro ripetuti tentativi di infiltrarsi nei movimenti. La frase è usata ed abusata, ma mi torna in mente con prepotenza: “il sonno della ragione genera mostri”.
Essendo piuttosto allergico a certe contaminazioni ed a scanso di equivoci, mi piace rimarcare che l’appello che stiamo promuovendo si rivolge alle forze democratiche ed antifasciste, naturali portatrici delle istanze di giustizia e libertà. Il fatto che i fascisti sostengano il macellaio di Damasco è altrettanto naturale, e bene avete fatto a metterlo in evidenza.
Non crediamo di aver dato troppa importanza. Piuttosto registriamo, grazie alla sintesi di Giordana, i limiti e anche le meschinità di certe sigle ancorate a vecchie ideologie e dirette essenzialmente da gente un po’ ignorante. Per loro, la storia comincia con la guerra libica del 2011. Non sanno parlare altro di Libia. Ce ne ricorderemo quando verranno a chiedere soldi o quando torneranno in Libano a fare i loro progettini di “cooperazione allo sviluppo”. Siamo sconcertati.