Proponiamo qui di seguito la nostra traduzione del messaggio di addio che Padre Paolo Dall’Oglio ha rivolto dal suo blog ai siriani e in particolare agli abitanti del Qalamun, la regione montuosa che si estende a nord di Damasco e in cui ha vissuto per trent’anni.
Nel momento in cui abbandono il Paese alla volta di un doloroso esilio – e Iddio mi è testimone che avrei piuttosto preferito giacere con i martiri della libertà nella polvere di questa amata terra e financo scendere nell’inferno della detenzione – il mio cuore si consola inviando un messaggio di gratidudine ai cari abitanti del Qalamun attraverso pagine libere che parlano alla generazione dei nostri giovani liberi.
Mi scuso con le autorità competenti se non ho chiesto in precedenza l’approvazione della sicurezza e il permesso di pubblicazione, ma tra i sei punti del piano Annan c’è il riconoscimento del mio diritto a esercitare la libertà di opinione e di espressione, benché questo sia proprio il motivo per cui sono stato espulso.
Il Qalamun mi ha stregato dalla prima volta che ci sono passato da turista nel 1973, quando avevo 19 anni. Ho stampato nella mia immaginazione le asperità attraenti delle sue montagne mentre studiavo l’arabo, l’Islam e il Cristianesimo orientale a Damasco nel 1980.
È poi accaduto quel che doveva accadere quando il mio destino ha incrociato quello del monastero di Mar Musa al Habashi a est di Nabek nell’estate del 1982. Nell’istante stesso in cui ho fatto quell’incontro meraviglioso, ho visto nel monastero di Mar Musa nel Qalamun il corpo adatto a realizzare il progetto di misticismo condiviso tra cristiani e musulmani, a tradurre in atto la visione dell’accoglienza di Abramo e l’interesse per l’ambiente nella lotta contro la desertificazione, per uno sviluppo sostenibile e a lavorare con pazienza alla costruzione di una società civile matura, garanzia di una democrazia non solo formale.
Non ho mai immaginato il monaco o la monaca come una persona avulsa dalla responsabilità e dalle ambizioni della sua generazione, ma piuttosto come un servo e un attivatore del lato spirituale in tutta la nostra vita. E sarebbe una vita vuota e mortale se fosse priva di questo lato spirituale ed estetico. E quanta di questa armonia tra la terra, i cuori, le vette, il vento e le stelle riesce a esprimere il Qalamun!
Trent’anni sono trascorsi, trent’anni di familiarità, di cooperazione, di buon vicinato, ma anche di difficoltà.
Ho assaporato questo fondamento della civiltà, antico e fondato sul rispetto della religione, sulla lealtà e sul riconoscimento della fede altrui. E tuttavia notavo con preoccupazione che tra le spighe di grano abbondante crescevano erbe velenose e spinose che quasi soffocavano la società a livello culturale, religioso e istituzionale.
La riserva ambientale protetta è stata chiusa, le conferenze e i gruppi di dialogo ci sono stati impediti e il nostro lavoro è stato paralizzato su varie dimensioni. Eppure lo spirito non è stato sottomesso.
Il mio permesso di residenza è scaduto nel mese di marzo del 2011, proprio quando si dischiudevano le gemme della primavera siriana e da allora non ho potuto lasciare il Paese per andare a trovare i miei anziani genitori.
Nei mesi scorsi sono stato costretto a mettere da parte la prudenza e la paura perché vedevo all’orizzonte lo scoppio della guerra civile, le migliaia di morti e il deturpamento della bellezza della nostra nazione, quali sono le nostre giovani e i nostri giovani straordinari.
Ho provato a continuare a esercitare una democrazia matura anzitempo, sperando potesse sconfiggere il sopruso con l’arma del diritto e non con i proiettili.
Ma adesso addio a te, Qalamun e a voi abitanti cari. Nel mio cuore porto le immagini dei vostri volti buoni, l’accoglienza sincera e le menti severe che non funzionano se non per convinzione.
Arrivederci, miei vicini, musulmani e cristiani, nel mio cuore siete un’unica nazione, la sola alla quale appartengo!
Arrivederci a presto, se Iddio vorrà! Sì, me ne vado e quanto più mi allontano, tanto più mi immergo nella mia appartenenza araba, siriana e qalamunita, perché l’umanità non si realizza se non nella specificità.
Cristo mi ha insegnato a perdonare, ma se non fosse Dio a perdonare nei nostri cuori, come potremmo noi perdonare chi è nostro fratello nell’umanità per l’inammissibile deturpazione che ne fa?
Dio ha gettato il perdono nel mio cuore, ma, nel momento della separazione, chiedo a voi tutti di perdonare qualunque mancanza o errore io abbia commesso.
I profeti ci hanno insegnato a ringraziare e sono tanti e tanti i doni per cui ringrazio l’Altissimo in questi trent’anni nel Qalamun.
“Se Mi sarete grati, v’aumenterò*”.
(Traduzione dall’arabo di Caterina Pinto)
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* Corano, Sura di Abramo (14:7), traduzione di Alessandro Bausani. N.d.T.
mi dispiace per te Padre Paolo. il martirio lo si vive in mille modi, il tuo è uno dei piu dolorosi…
ma proprio dove c’è tanta croce ci sarà tanta risurrezione!
sono sicura che un giorno ritornerai nel qalamun. anzi voglio dirti che non sarai mai assente dai cuori di quelli che ti hanno conosciuto, che con te hanno fatto un cammino di “umanizzazione” e di fratellanza. continua a pregare per la Siria, che il Signore la protegga dal vero che magari noi non conosciamo… e torni ad essere la nazione della semplicità dell’accoglienza e della gioia….
Ho appena sfiorato la tua terra ed ho appena assaporato la meditazione nelle tue montagne, quanto basta per lasciare un segno che cerco di diffondere con le persone che ho vicino. So di non essere solo ed il desiderio di pace che porto con me nasce anche da te.