(di Alberto Zanconato, Ansa). Un attacco limitato servira’ solo a “rafforzare il regime”, che “ne uscira’ da eroe”. Se l’Occidente vuole intervenire in Siria lo deve fare con un’azione prolungata nel tempo a difesa della popolazione civile, con l’istituzione di una ‘no-fly zone’. Lo afferma in un’intervista all’Ansa il professor Imad Salamey, professore di Scienze politiche alla Lebanese American University, uno dei maggiori analisti degli sviluppi in Siria e Libano.
“Ogni azione che gli occidentali dovessero intraprendere – sottolinea Salamey – dovrebbe avere un chiaro obiettivo politico, e questo obiettivo non puo’ essere quello di dare una lezione a Bashar al Assad, perche’ la lezione non verrebbe imparata. Anzi, il regime darebbe l’impressione di essere riuscito a resistere all’aggressore e cio’ rafforzerebbe il morale suo e dei suoi alleati, in Libano e altrove, mentre l’opposizione ne sarebbe indebolita.
Nei Paesi arabi ci sarebbero manifestazioni di sostegno ad Assad, che sarebbe visto come un eroe. Insomma, sarebbe un disastro”. D’altro canto, aggiunge il docente, se l’Occidente rimanesse a guardare senza fare nulla pagherebbe “un prezzo ancora piu’ alto, perche’ cio’ darebbe ai Paesi del Medio Oriente, dalla Siria al Libano, fino all’Egitto, l’impressione che il vero potere nella regione e’ nelle mani di Mosca, e che quindi e’ piu’ conveniente schierarsi con l’asse Russia-Iran-Cina piuttosto che con quello americano ed europeo”.
In Siria, secondo Salamey, si gioca insomma una partita che avra’ conseguenze durature sul futuro del Medio Oriente, e se l’Occidente vuole continuare ad avere un’influenza nella regione dovra’ assumersi l’onere di un intervento militare prolungato nel tempo, nonostante l’opposizione dell’opinione pubblica negli Stati Uniti e in Europa, che non vuole una nuova guerra dopo le amare esperienze dell’Afghanistan e dell’Iraq.
“Questo intervento – afferma il docente della Lebanese American University – dovra’ essere diretto alla difesa della popolazione civile, con l’istituzione di no-fly zone, la creazione di aree protette e la risposta militare ad eventuali bombardamenti indiscriminati”. Un’incognita rimane come il regime siriano, e il fronte che lo sostiene, reagirebbe ad un intervento occidentale, eventualmente anche con attacchi ‘asimmetrici’ contro Israele attraverso le milizie libanesi di Hezbollah, armate dall’Iran.
“Non e’ facile fare previsioni – dice Salamey – perche’ la situazione sul terreno e’ fluida. Se Assad sentisse veramente minacciato il suo potere, potrebbe anche tentare qualche mossa disperata”. Ma in questo, afferma l’analista, potrebbe non avere il sostegno di Teheran, per la quale “il regime siriano sta cominciando a diventare un peso”. La Repubblica islamica potrebbe quindi anche accettare una caduta del regime a Damasco e procedere a “costituire milizie in Siria tra la comunita’ alawita sul modello di quelle di Hezbollah in Libano”.(Ansa).
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