(di Eva Ziedan). Tutto è bello in Italia, il Paese che sempre avevo sognato di visitare. Camminavo per le strade con occhi di gufo, fissando ogni dettaglio come se volessi mangiarlo!
Quando sono stata nella chiesa di Santa Croce a Firenze, ho ricordato quello che Abdel Rahman Munif, uno dei più grandi scrittori arabi, diceva: “Quando guardi la bellezza delle città europee da straniero, senti che non sono tue e che rimarrai per sempre straniero”.
Mi dicevo: “Ma come è possibile che non provo quello che provava Munif?”. Anzi. Sentivo la voce di Machiavelli che mi diceva che se fossi vissuta nella sua epoca, mi avrebbe scelto come sua amante! E sentivo Michelangelo che mi diceva di volersene andare a Roma perché era arrabbiato con la famiglia Medici di Firenze!
La bellezza delle città non può farti sentire straniero! Anzi, è la bruttezza delle città ti fa straniero!
Mentre gli sguardi freddi ti fanno sentire straniero, un buongiorno in dialetto romano ti dà già una bella giornata!
Una focaccia pugliese mi fa tornare nella mia terra per un po’.
Una domanda come: “Ma dov’è la Siria? È quella vicina ad Israele?” ti fa rimanere male.
Articoli scritti da giornalisti che hanno vissuto la Siria ti fanno sentire tra le parole il profumo del sapone di Aleppo.
Altri articoli, invece, al di là del rispetto per il diritto d’opinione, ti fanno pensare che il giornalista abbia pernottato allo Sham hotel, al Four Seasons o dal raìs stesso (cinque stelle e più!).
Eh, Munif, questi qui sì che ti fanno sentire straniero!
Vorrei rivolgermi a voi direttamente. A voi che siete “i pacifisti”, voi che “non volete le guerre”, voi chi siete contro “il complotto americano”.
Come mai voi festeggiate la liberazione dell’Italia? Non vi siete liberati come Gandhi! Vorrei veramente cantare con voi la mia canzone italiana preferita, “Bella ciao”, oppure “Siamo ribelli della montagna”! Magari vi ricordate che anche voi avete avuto le brigate partigiane, anche voi avete chiesto l’aiuto dall’esterno, anche le vostre brigate hanno sbagliato, commettendo fatti di sangue e a volte giustizie sommarie!
Però questo era il prezzo della vostra libertà, che ora vivete.
Perché voi sì e noi no? Perché sempre noi abbiamo contro i “complotti globali”?
Se mi dite che il nostro tessuto sociale è ben diverso e meno complicato di quello italiano, vi rispondo che il tessuto sociale siriano era già complesso prima dell’avvento della famiglia Asad. Già prima avevamo quel tessuto sociale e abbiamo vissuto la democrazia. Provo a capire che voi avete paura di entrare nelle zone “calde” in Siria per verificare, che non siete come Mika Yamamoto, Marie Colvin, Remi Ochlik, Edith Bouvier o Alessio Romenzi e altri ancora.
Ma cavolo! Nei libri di storia, però, potete entrare senza nessun pericolo! Studiate la nostra storia! Quella che precede il potere degli Asad!
Se poi mi dite che ci sono brigate di fondamentalisti islamici che combattono a fianco dell’Esercito libero (Esl) e che l’Esl si macchia di crimini, in questo caso non vi rispondo. Vi denuncio!
Vi denuncio perché vorrei vedere il vostro “pacifismo” dove sarebbe andato se Daraya, Homs o Aleppo fossero le vostre città.
Se vi venisse uccisa tutta la vostra famiglia, in questo caso vorrei proprio vedere se rimarreste “pacifisti” o prendereste le armi anche – purtroppo! – dai wahhabiti!
Ancora un momento… vi chiedo un favore molto “pacifico”. Perché, anziché rimanere qua e “sparare” delle cose che la storia non cancellerà, perché non andate a trovare Mazen Darwish e i suoi colleghi giornalisti che da sette mesi sono rinchiusi nelle carceri delle mukhabarat? Sono giornalisti come voi. Anzi, Mazen è un membro dell’Unione internazionale dei giornalisti. Così almeno ci dite se sono vivi o no! Questa gentilezza non va contro il vostro “pacifismo”, no?
Ve lo chiedo perché da mesi leggo del vostro sostegno al “laico” Asad, contro gli estremisti religiosi (anche quando non erano ribelli armati). Ma non avete speso mai una parola per i pacifisti siriani – quelli sì veri pacifisti – arrestati, torturati, alcuni anche uccisi, per aver chiesto la libertà nel Paese, o per aver raccontato le violenze del regime.
Vorrei sapere se il vostro silenzio è stato dolo oppure pura ignoranza.
In entrambi i casi, per favore, lasciate stare il mio Paese. Combattete le vostre battaglie ideologiche sulla vostra e non sulla nostra pelle.
Vi ricordo infine che siete figli di grandi nomi nella storia dell’umanità. Almeno apprezzate questo! O provate a scrivere qualcosa che corrisponde al loro livello!
“Pertanto, uno che diventa Principe con il favore del popolo, deve mantenerselo amico; e ciò gli sarà facile perché il popolo non chiede altro che di non essere oppresso. Ma uno che contro il popolo, diventa Principe con il favore dei potenti, deve prima di ogni altra cosa conquistare il popolo, e ciò gli sarà facile nel momento in cui lo prenderà sotto la sua protezione. E poiché gli uomini, quando ricevono del bene da chi credevano di ricevere del male, si sentono più profondamente obbligati verso il loro benefattore, il popolo gli diventa subito più favorevole di quanto lo sarebbe stato se il Principe avesse preso il potere col suo favore; e il Principe se lo può conquistare in molti modi, sui quali, proprio perché variano a seconda delle situazioni, non si può dare una regola sicura, per cui li tralasceremo”. Niccolò Machiavelli
completo disaccordo. Per quanto cinico, le dispute interne di un paese sovrano devono essere risolte internamente. L’unica alternativa è un intervento militare di “peace keeping” stile balcani anni 90, concordato cioè con entrame le fazioni in lotta. Non c’è altra alternativa. E non parliamo di partigiani italiani, per cortesia…
Grazie Eva. Un’argomentazione precisa che centra il bersaglio e molto efficace perché proveniente dalla bocca di una giovane siriana. Ho condiviso nel mio Fb. Temo però che si stia consolidando nella “sinistra” italiana l’abitudine a schierarsi con i paesi BRICS in funzione “antiimperialista” perché è una soluzione semplice, facilmente replicabile, pronta per ogni occasione e che si presta a una certa mancanza di coraggio che attualmente caratterizza l’ambiente italiano.
Gentile Marco,
la mia richiesta Le sarebbe stata più chiara se avesse continuato a leggere la lettera!
Ho chiesto che anziché perdere tempo da un anno e mezzo a condannare l’intervento esterno (che sappiamo tutti non ci sarebbe stato!), questi “pacifisti” avrebbero potuto spendere una parola per i pacifisti veri siriani, uccisi, torturati, oppure in prigione come nel caso dei giornalisti.
Quando ho parlato dei partigiani italiani, mi riferivo al fatto che anche voi italiani avete ricevuto aiuti esterni, senza i quali non avreste potuto vincere la vostra lotta per la liberazione. Questi “pacifisti” non possono parlare a noi siriani come fossero Gandhi, al solo scopo di difendere Asad e nascondere la sua vera natura di criminale.
Infine non ho capito quando dice “per cortesia” a cosa si riferisca la sua reticenza. Al fatto che i partigiani italiani non hanno niente in comune con i resistenti siriani, oppure all’impossibilità di paragonare la vostra lotta di liberazione alla nostra?
Perché – in tal caso – aggiungerei: “Vorrei sapere se il vostro silenzio è stato dolo oppure pura ignoranza. O forse razzismo?”
“Per quanto cinico, le dispute interne di un paese sovrano devono essere risolte internamente.”
Non quando la russia ha una base militare in Siria e non quando l’iran manda uomini in siria..
Concordo con la la lettera di Eva Ziedan, argomentazioni corrette. Nulla da aggiungere. L’unica cosa che si denota in Italia è un pacifismo un po’ “ignorante” dei reali fatti, delle dinamiche, un pacifismo o bianco o nero, quando purtroppo le situazioni vanno affrontate per le scale di grigio che presentano, approfondite ecc… Qui non si fa e chi vive la situazione solo apprendendo dai media italiani è fuorviato. Spero che in tanti inizino a crescere, a essere curiosi, a essere aperti e ad avere voglia di confrontarsi sulla realtà, scendendo dal mondo delle idee di Platone. Occorre applicare la pace, che è tante tante cose, non solo essere contro la guerra, questa è una conseguenza dell’essere a favore di tanti fatti concreti, da applicare nella vita. Unica soluzione: continuare a informare e sbatterci anche la testa.
Mi sono espresso male e forse frettolosamente, ma anche rileggendo questa lettera aperta trovo che le argomentazioni siano diverse ed un poco confuse.
Provo ad estrarne alcune tematiche e questioni salienti, sperando di rispondere all’autrice:
“Perché voi sì e noi no? Perché sempre noi abbiamo contro i “complotti globali”?”
Si sta domandando perché la lotta di liberazione partigiana in Italia sia legittimata mentre quella dell’Esercito di Liberazione Siriano no? Semplice: la nostra si è conclusa con la vittoria (degli Alleati) e, visto che la Storia la fanno i vincenti, da allora ha trovato piena legittimità nei libri di Storia. Pensi, invece, alla lotta di liberazione del Sud Italia nel 19° secolo: era la giusta e sacrosanta causa di libertà dei popoli meridionali oppressi dalle milizie venute dal Nord, lotta persa e passata alla Storia come “brigantaggio”.
“…da mesi leggo del vostro sostegno al “laico” Asad, contro gli estremisti religiosi (anche quando non erano ribelli armati). Ma non avete speso mai una parola per i pacifisti siriani”.”
Anche in questo caso non comprendo bene dove l’autore legge o vede queste cose: in TV e sui giornali trovo articoli molto attenti e spesso proprio apertamente schierati in favore dei rivoltosi e decisamente sfavorevoli ad Asad (se si scrive così, allora gli storpiano anche il nome…). Se l’autrice volesse spiegarmi dove trovo tali articoli le sarei grato, veramente.
Infine, la mia reticenza nei riguardi dei partigiani italiani deriva dal fatto che non mi riconosco in quella che è stata la loro lotta e nemmeno nei modi in cui è stata portata avanti. Non trovo sia stata, la loro, una lotta di liberazione (da chi?). La “liberazione” italiana è frutto degli eserciti alleati e di questo paghiamo e pagheremo ancora per molto le conseguenze: vi dice nulla la descrizione dell’Italia come portaerei NATO nel Mediterraneo?
Spero di essermi spiegato e la ringrazio, comunque, per avermi risposto.
Per Unapietra: non so se ci sono basi russe o uomini iraniani in Siria, ma questo non aggiunge molto al mio discorso.
Completamente daccordo con Marco.
Non mi sembra che chi è contrario ad un intervento militare non sia vicino ai pacifisti siriani.
Così come non è asolutamente vero che chi è contro l’intervento militare sia daccordo con quanto stiano facendo i paesi BRICS.
Al contrario di ciò che viene detto nell’articolo, l’intervento militare viene visto, da chi come me si oppone ad esso, come la distruzione della Siria (modello Iraq, insomma).
In Siria c’è in maniera palese uno scontro tra paesi BRICS e paesi NATO.
Da un lato si fornisce armi ad Assad, dall’altro si forniscono armi ai ribelli.
Per me è impensabile credere che una delle due parti che forniscono armi abbiano a cuore i diritti umani.
E’ già successo in Iraq, in Libia etc.
Gli iracheni ed i libici continuano a morire, continuano a non avere diritti ed a non avere democrazia.
Per ciò che riguarda la considerazione sui partigiani, son passati più di 60 anni e non ho vissuto personalmente quella storia italiana. L’ho vissuta tramite i libri di scuola nei quali ci raccontano dei partigiani e della lotta di liberazione dal fascismo.
Questo appunto ciò che raccontano i libri. Nella realtà era una guerra civile, sicuramente finanziata da qualcuno (le armi non sono gratis).
Ma purtroppo non ero nato e non posso sapere cosa c’era al di là di quanto scritto sui libri, purtroppo.
Credo però che negli ultimi anni siano cambiati gli interessi degli stati e siano cambiate molte cose.
Dato le considerazioni fatte finora, alla domanda “perché voi si e noi no?” ti rispondo con una domanda: negli ultimi decenni sono cambiate tantissime cose compreso gli interessi dei nostri paesi nei vostri confronti. Tu come immagini che diventerà la Siria dopo un intervento militare? Come l’Italia del dopoguerra o come l’Iraq del dopoguerra?
Personalmente credo che la risposta sia come l’Iraq perché gli interessi in gioco sono radicalmente diversi ma lascio a te la tua risposta personale.
Infine una considerazione.
Non ti conosco personalmente.
Ho però due amici siriani, anzi un collega che vive lì ed una amica siriana che vive qui ed ha parenti a Damasco.
Li sento ogni tanto per sapere come stanno.
La cosa che ho notato è la differenza di opinione tra i due.
Nonostante il giudizio negativo nei confronti di Assad (come non averlo), uno spera in un intervento militare straniero, l’altro spera che non ci sarà un intervento militare perché ne teme le conseguenze.
Questo è solo un esempio ma era per dirti che quando scrivi i tuoi articoli non accenni mai al fatto che la comunità siriana in patria non è così unita intorno alle tue posizioni.
Un conto è essere contro Assad (credo lo siano tutti o quasi), un conto è essere per un intervento militare (su questo punto credo che le opinioni tra i siriani siano molto più discordanti di quanto tu voglia far credere).
Ciao e grazie comunque dello scambio di opinioni.
Leggendo la pagina facebook ed il sito, più che analisi sulla Siria leggo accuse alla sinitra italiana ed ai pacifisti in generale (come se coincidessero sempre).
Mi sembra che il sito sia molto più attento a denigrare chi non vuole un intervento militare piuttosto che a narrare ciò che succede in Siria.
Andando poi su facebook si vede come chi non è daccordo sia tacciato immediatamente di ignoranza e venga invitato subito ad andarsi a leggere la storia della Siria (cito “le consiglio di leggersi un po’ di testi sulla storia siriana contemporanea… Se ha bisogno di qualche suggerimento bibliografico siamo a disposizione … la sua risposta è esemplare di come certa “sinistra”, che ignora la Storia di queste regioni, voglia per forza avere qualcosa da dire in ambiti ad essa sconosciuti.”, etc.)
Non conosco le persone che vi hanno scritto su facebook.
Una cosa è sicura: non si sono identificate in destra e sinistra e dai loro discorsi appare semplicemente un’opinione non interventista.
Personlamente, sono un pò di anni che mi interesso di storia dei paesi arabi, Siria inclusa, e, nonstatnte il mio interesse, non riesco neppure a collegare la mia opposizione al regime di Assad con un intervento militare come se ciò fosse il risultato di una maggiore o minore conoscenza della storia.
Spesso sembra che dietro il sito non ci siano più persone (come viene scritto) ma una sola persona che porta avanti la stessa teoria senza che ci sia possibilità di pensarla diversamente.
Se la pensi diversamente allora sei un “pacifista”, di “sinistra”, ignorante della storia e non attento ai diritti umani.
Troppo facile e semplicistico ragionare così.
Difficile è invece mettersi in discussione e accettare che le proprie conclusioni non siano frutto della cultura ma solo opinioni personali e perciò assolutamente discutibili.
Visti i toni, posso darti un suggerimento preso dal blog FocusOnIsrael.
Lì, per indicare le persone che non sono daccordo con loro, usano il termine “pacifinti”.
Potrebbe essere un buon modo per concludere le offese che rivolgi a chi non la pensa come te.
E’ vero: forse a volte sbaglio il tono. SiriaLibano è frutto del lavoro di varie persone, non solo il mio. Lorenzo Trombetta, la mia firma è in alto a destra e lo dico nel chi siamo che sono io il proprietario del sito. Le accuse a certi ambienti della sinistra di chiudere gli occhi di fronte a quel che sta avvenendo in Siria, spesso nascondendosi dietro proclami “pacifisti” derivano dalla lettura su Internet e su altri media della loro presa di posizione. La virulenza, in certi momenti sbagliati e forse non opportuna (e mi prometto quindi di sfumare, smussare) è dovuta al fatto che io stesso credevo di far parte di una sinistra italiana vicina ai popoli oppressi al di là del contesto “geopolitico”, che invece per la Siria viene spesso usato per giustificare questa posizione ambigua.
La mia presa di posizione è comunque condivisa dalla redazione di SiriaLibano e da una piattaforma più ampia di persone con cui condivido percorsi di studio e di vita fuori dall’Italia. Si vedano gli appelli e gli articoli apparsi sul sito nel corso di questo anno e mezzo. Non invochiamo l’intervento armato ma notiamo come queste piattaforme (di recente anche delle Ong italiane) continuino a parlare di “soluzione politica” senza considerare un fatto basilare: il regime sin dall’inizio non ha previsto una soluzione politica. Semplicemente – e qui entra in ballo la mancanza di conoscenza del contesto storico siriano – perché una soluzione politica, un compromesso, un arretramento dunque della posizione del regime, determinerebbe la sua caduta. Il regime ha arrestato subito i manifestanti del 16 marzo a Damasco e ha sparato sui manifestanti a Daraa due giorni dopo. Sono fatti accertati. E da allora la sua risposta è stata questa.
Di quale “soluzione politica” si parla allora? Quale “guerra umanitaria” va scongiurata visto che nessuno attore regionale e internazionale ha intenzione di infilarsi in una simile azione? E’ questa ambiguità, questo essere arroccati su posizioni che non tengono conto della realtà e del contesto, che ci spingono – e a me con troppa irruenza forse su FB – ad accusarli di non esser più di “sinistra” e a non capire il loro “pacifismo”, quando gli stessi siriani che sono sotto le bombe invocano un sostegno straniero e ti dicono – me lo hanno detto personalmente – “anche se arrivassero combattenti stranieri, che male ci sarebbe?”. E’ questa una buona fetta di realtà, non tutta certo perché esistono altre posizioni, ma questa è la realtà di gente oppressa che rischia ogni giorno la morte. E l’assenza di un sostegno, seppur retorico ma chiaro e non ambiguo, da parte di questi ambienti di “sinistra” e del “pacifismo” è una delle mie, nostre, peggiori sofferenze.
Nel merito poi della risposta a un utente Facebook, Lirio Bolaffio, circa la necessità di leggersi un minimo di letteratura sulla Siria contemporanea, questa è dovuta al fatto che il tipo è arrivato a dire che le proteste del 2011 sono scoppiate quando era in preparazione una nuova costituzione. Cito letteralmente: “Mi pare alquanto strano che questa ribellione siriana si sia armata proprio quando la costituzione del paese veniva modificata in senso più islamico e venivano indette le elezioni. Sembra quasi che i ribelli lottassero contro il tempo, più che contro un regime. Dovevano sbrigarsi prima che le riforme potessero avere successo”. E’ una delle tante castronate che ho sentito dire e che ho visto scritte. Basterebbe anche solo andarsi a leggere la cronologia degli eventi ma anche conoscere più a fondo la storia siriana degli ultimi dieci anni, senza arrivare per forza alla fine dell’impero ottomano.
Perché, Vincenzo, sulla Siria (o su altri scenari) è possibile dire tutto e il contrario di tutto senza avere la più pallida idea dell’argomento? Non è una scienza la Storia, ma qui mi sembra che si esageri. Da qui la saccenza, la supponenza, l’irritabilità che ti viene dopo che hai passato anni a dedicarti un argomento e ora, e vedi che su questa assenza di conoscenza si basano posizioni che di fatto legittimano il proseguio della mattanza. Spero di aver spiegato i motivi di questi toni. Comunque, rilevo che ci sia un problema di comunicazione in quei post su FB (se devo spiegarli con questa lunga lettera) e ti ringrazio per avermi dato il tuo parere.
grazie del chiarimento.
Capisco che su facebook non c’è modo di scrivere una lettera così lunga.
Ho preso in realtà l’ultima delle vostre affermazioni come esempio.
Mesi fa avevo tolto il “mi piace” alla vostra pagina dal momento che c’erano state numerose di queste espressioni “colorite” inserite a priori nei post senza che nessuno avesse commentato.
Non ho mai commentato quei post ma ho evitato semplicemente di leggervi.
Son tornato a leggervi dopo mesi nella speranza di un cambiamento di toni.
Tali affermazioni mi avevano fatto fuggire.
Per comprendere un argomento ho bisogno di analizzare serenamente più punti di vista e, quando un punto di vista contiene dei giudizi, scappo via.
Riguardo i siriani che chiedono l’intervento, lo so, ci sono molti che chiedono l’intervento ma il ricordo della Libia e dell’Iraq è quello che fa titubare le persone come me, senza alcuna pretesa di voler avere ragione.
).
Personalmente, credo che se l’ONU volesse intervenire, potrebbe farlo solo coinvolgendo l’Iran e chiarendo che dopo la Siria non viene l’Iran (paese a cui mi sento più vicino per una serie di ragioni personali…non mi riferisco al regime, ovviamente
Questa è l’unica via d’uscita che io vedo. Ma è un’opinione strettamente personale.
Al momento, a meno di un cambio futuro di opinione, non sosterrei alun altro tipo di intervento perché credo avrebbe conseguenze peggiori del non intervento (che pure avrà le sue conseguenze davvero dannose per i siriani).
grazie ancora.
Ciao,
Vincenzo
Mea culpa per i toni che fanno fuggire e che si rivelano controproducenti. Sono d’accordo anch’io che l’unica soluzione, vista da occidente, è quella di coinvolgere e soprattutto rassicurare l’Iran e la Russia. Il loro appoggio ad al Asad è funzionale ai loro interessi. Se invece di minacciarli li includiamo in un piano post-regime, forse si riesce a sbloccare l’impasse, e al Asad è costretto a fare le valige semplicemente perché non riceve più il sostegno che lo tiene in piedi. Ho più volte criticato questa miopia e ostinazione occidentale a voler “vincere” in Siria, facendo così solo più danni ai siriani. Bisogna però tenere alta la guardia verso i qualunquismi e l’ignoranza di molta gente in Italia che, prima apriva la bocca e dava fiato, adesso apre Facebook e scrive due castronate. Alla fine, la sua diventa un’opinione pari a quella di chi conosce meglio il contesto. Su questo bisogna unirci.
Premesso che sono d’accordo con la lettera ai “pacifisti” e, più in generale, con il lavoro di informazione ed approfondimento svolto dalla redazione di SiriaLibano, devo dire che conserazioni del tipo “la mia reticenza nei riguardi dei partigiani italiani deriva dal fatto che non mi riconosco in quella che è stata la loro lotta e nemmeno nei modi in cui è stata portata avanti. Non trovo sia stata, la loro, una lotta di liberazione (da chi?)” oppure “Per ciò che riguarda la considerazione sui partigiani, son passati più di 60 anni e non ho vissuto personalmente quella storia italiana. L’ho vissuta tramite i libri di scuola nei quali ci raccontano dei partigiani e della lotta di liberazione dal fascismo.
Questo appunto ciò che raccontano i libri. Nella realtà era una guerra civile, sicuramente finanziata da qualcuno (le armi non sono gratis).
Ma purtroppo non ero nato e non posso sapere cosa c’era al di là di quanto scritto sui libri, purtroppo” mi sembrano la solita, intollerabile ipocrisia di chi non ha il coraggio di definirsi apertamente fascista e ricorre al consolidato espediente sintetizzabile nella frase “io non c’ero e, se c’ero, dormivo”. La Resistenza è stata anche una guerra civile (bella scoperta, davvero!), ma le ragioni di chi ha combattuto per liberare il proprio Paese dalla dittatura e dalla barbarie nazifascista non possono essere messe sullo stesso piano di chi voleva imporre ancora dittatura e barbarie.
Anche in Siria è in corso una guerra civile, ed anche in Siria entrano in gioco attori esterni, sia regionali che globali, ma le ragioni di chi si oppone alla tirannia non sono equivalenti a quelle del tiranno e dei suoi accoliti. Se non si parte da questa elementare consapevolezza, è inevitabile che accada quello che sta accadendo in Italia (stalinisti e fascisti uniti nella difesa del regime “antimperialista”) e che la lettera ai sedicenti “pacifisti” ha messo in luce.
Caro Germano,
non mi sono definito fascista/comunista/socialista/cattolico/moderato/grillino… perchè non credo nelle etichette: quello che ho scritto l’ho detto perchè lo pensavo.
Molti usano certe categorie per semplificare la comprensione della realtà e se mi hai messo nel cassetto “Fascisti” non è un mio problema e nemmeno una mia colpa: non prendertela con me.
“..e il Principe se lo può conquistare in molti modi, sui quali, proprio perché variano a seconda delle situazioni, non si può dare una regola sicura, per cui li tralasceremo”. Niccolò Machiavelli
la situazione cara Eva è complicatissima e come dice il tuo amato Macchiavelli, non c’è una regola sicura; quindi dire Asad sbaglia e/o l’Esl sbaglia è irrimediabilmente lacunoso data la situazione che ha a che fare con diversi fattori e fronti.
qui un ben argomentato articolo in proposito:
http://www.areaglobale.org/index.php/it/interventi/questioni-internazionali…
Noto con dispiacere che siamo ormai passati dal dibattito al sillogismo e che si è smesso di parlare di Siria o di pacifismo italiano per mostrare che “chi di Machiavelli ferisce, di Machiavelli perisce”.
Non credo sia stato capito il tono provocatorio con cui Eva Ziedan ha fatto allusione a Machiavelli. E anche se davvero fosse il suo autore preferito, non è questo il punto.
E’ triste che ci si trinceri dietro Machiavelli, facendone un paladino del (proprio) relativismo, invece di esprimere chiaramente quel che si pensa.
Sono d’accordo con Germano Monti: bisognerebbe che questi cosidetti “pacifisti” (e non sto parlando del pacifismo italiano in generale, ma di alcuni suoi rappresentanti per lo meno ambigui che la lettera di Eva Ziedan ha chiamato in causa) avessero il coraggio di spiegare il loro punto di vista nei dettagli.
Di esplicitare per esempio che – per loro – “pace” non è un principio ma un’esclamazione: un’espressione come “pazienza”, “lasciamo stare”, “passerà”, “non ci sporchiamo le mani”. Cioè, in parole povere, un sinonimo di “me ne frego”. E con questo Machiavelli non c’entra.
Elena, hai letto questo articolo:
http://www.areaglobale.org/index.php/it/interventi/questioni-internazionali… leggilo, ti illuminerà sulla strada di Damasco;
io dopo averlo letto non so non riesco a vedere una via di uscita da questo enorme conflitto di interessi, di poteri, di religioni e di etnie.
quello che penso è che sia l’autodeterminazione dei popoli a decidere del proprio destino, e che ogni guerra civile produce morte e desolazione, ma alla fine è il popolo che decide cosa vuole (monarchia, dittatura, democrazia..).
quelli che tu e Elena chiamate “pacifisti” secondo me dicono semplicemente questo: che l’occidente e gli altri stati/ potenze/fazioni interessati alla Siria (ognuno di loro per le ragioni ben descritte nell’articolo da me menzionato sopra), dovrebbero starsene fuori, perchè il loro interagire moltiplica all’ennesima potenza le morti e le desolazioni, aggravando la situazione ed esacerbando gli animi in un vortice senza fine vedi Libia, Iraq, Egitto ecc…
A parer mio non è possibile schierarsi per alcuna delle parti.
Giá nel lontano 1936 Suleiman Assad chiese protezione alla Francia in quanto ben sapeva quale sorte i sunniti avevano in serbo per gli alawiti.
http://www.jewishpress.com/indepth/analysis/dr-mordechai-kedar/assads-grandfathers-1936-letter-predicts-muslim-slaughter-of-minorities-praises-zionists/2012/09/20/
Purtroppo ha ragione quel saggio che diceva: “In the Middle-East you’re either sitting at the table eating or on the menu”.
Completamente d’accordo con l’autore dell’articolo…
o di qua o di là, nero o bianco, o con Assad o con gli Americani, o islam o cristianità…dai avanti così e riusciremo a dividere il mondo in due. Indiani e cow boy. Guardie e ladri. io non ci sto. io non sono pacifista! io sono contro la guerra, contro tutte le guerre!perchè non c’è mai stata una guerra che abbia risolto i conflitti, che non abbia aggiunto vittime alle vittime. spezziamo la logica del dente per dente, siamo tutti troppo piccoli, troppo simili per non riuscire a parlarci, siamo tutti TROPPO fratelli per non riuscire a non uccidersi.
In questi giorni mi sono imbattuto in una lettera aperta scritta da Eva Ziedan, cittadina siriana, indirizzata ai “pacifisti” italiani sul sito “Sirialibano.com”. Ho letto perché mi riconosco nella definizione, anche se non sempre mi riconosco nel movimento pacifista italiano. Più volte ne ho criticato le scelte e gli atteggiamenti, non direi per semplice spirito di polemica, ma proprio con scelte professionali ed esistenziali drastiche.
Vorrei rispondere a questa lettera aperta, perché la trovo interessante per quanto discutibile. E vorrei rispondere perché mi sento, nel mio piccolo destinatario, di questa lettera.
Ne riporterò ampi stralci per coloro che non hanno avuto modo di leggerla.
<>.
In poche righe sono state toccate qui questioni che intere biblioteche di libri di storia forse non basterebbero per spiegare. Io ci proverò in poche righe.
Dopo una giovinezza spesa ad arrabattarmi su queste questioni mi sono dato una risposta. Ho deciso di distinguere 2 tipi di “resistenza”. La resistenza armata e la resistenza nonviolenta. Per qualcuno sono semplicemente 2 diverse fasi della medesima strategia di lotta. Chiedete a Gene Sharp, per esempio, convinto che il popolo disarmato non ha altro modo per combattere se non applicando strategie nonviolente. Oppure chiedete agli “antagonisti” italiani, agli “antifasciti”, che di solito rigettano la Nonviolenza ma poi si lamentano delle manganellate della polizia. Allora, o ti attrezzi per bene e sovverti con la violenza il potere costituito e imponi il tuo di potere, altrimenti di cosa ti lamenti?
Io però non la penso così. Resistenza armata e resistenza nonviolenta sono 2 cose agli antipodi. Innanzi tutto perché, oltre il fumo della retorica, nascondono 2 obiettivi ben diversi. La resistenza armata (in virtù di quelle armi o a testimonianza di quelle armi) si propone di abbattere un potere per instaurarne un altro, qualunque esso sia. La resistenza nonviolenta (intendo quella professata con spirito e non per calcolo) non si propone l’abbattimento di un potere per instaurarne un altro, ma l’abbattimento del Potere in quanto tale. Pertanto non solo bandisce la violenza armata, ma anche la prevaricazione, la vendetta, la rappresaglia, la dittatura, la nomenclatura, la classe dirigente e secondo me anche il concetto di “partito”.
Non so chi in Italia, durante la seconda guerra mondiale, abbia chiesto l’intervento militare dall’estero, io non c’ero. Ma non l’avrei fatto. E tanto meno avrei imbracciato un fucile e sarei salito sui monti. Avrei “resistito”, certo. In altro modo. Sabotando, organizzando. Coloro che in Italia hanno chiesto un intervento militare dall’estero e che hanno combattuto con le armi in mano non l’hanno fatto a mio nome (sempre che questa frase valga anche retroattivamente). Non sono responsabile di quelle scelte e nemmeno di essere nato italiano in Italia, ma non le rivendico oggi. Lo dico chiaro, il 25 aprile non festeggio “quella” liberazione. Festeggio (festeggio?) qualcosa che purtroppo è rimasto un sogno segreto nei cuori di troppe persone, una rivoluzione confiscata dall’imperialismo americano tanto quanto dalla realpolitik sovietica e da quei cialtroni che in Italia l’hanno seguita. Pertanto trovo assai pertinente il pensiero espresso in queste righe della lettera aperta, ma non mi riconosco nella sotto-categoria a cui questo pensiero è indirizzato. Pertanto, ribadisco: sono contrario all’intervento armato in Siria.
<>.
Ho visitato la Siria nel 2005, non per turismo, non per spirito d’avventura, ma per realizzare un documentario. Un lavoro indipendente, finanziato dalla crema del pacifismo italiano (Peacereporter.net), che mi ha portato nel cuore del paese, messo in contatto con l’opposizione al regime ed esposto a non pochi rischi. Il documentario si chiama “Isti’mariyah – controvento tra Napoli e Baghdad”. Dubito che i più lo abbiano visto, specialmente in Italia, dal momento che chi l’ha prodotto l’ha trovato un lavoro ingombrante e l’ha insabbiato. Vorrei però riportare alcune battute finali pronunciate da Shadi, il protagonista, un ragazzo palestinese di Damasco, di ritorno da un’esperienza in Iraq come volontario pentito combattente contro l’occupazione americana:
“Non so se la guerra raggiungerà la Siria, nel frattempo difenderò qui la nostra libertà, chiamando le cose con il loro nome. Io, Shadi, esisto!”.
Al quale risponde la voce di Alessandro, un ragazzo italiano che ne racconta la storia:
“Il ritorno a Damasco si rivelò però amaro, per Shadi. Su segnalazione di un passeggero dell’autobus, insospettito dai suoi discorsi spregiudicati, venne dapprima spiato per qualche giorno ed infine arrestato. In un regime le soffiate sono ben retribuite. Ciò avvenne però non prima di avermi inviato il suo diario attraverso la posta elettronica. La rete corre più veloce dei regimi. Ora, trascorso ormai un anno, è ancora dietro le sbarre di un carcere segreto siriano, senza uno straccio di accusa né un processo. Anche per Asfoor questa volta sarebbe difficile evadere…”.
Queste cose sono state dette 8 anni fa, non nell’ultimo mese. Nel 2005 ho rischiato qualcosa di mio per “verificare”, non solo, anche per “denunciare”. Questo lavoro è stato proiettato da Tehran a New York, ma avuto poche occasioni in Italia. Si parlava di colonialismo, che se se ne parlasse oggi, ci sarebbe da impallidire. Tra le persone intervistate c’era anche Ali Haidar, del Partito Nazionalista Socialista Siriano, all’epoca da poco uscito dalla clandestinità grazie alle riforme di Assad. Oggi, lo stesso risulta essere niente di meno che il Ministro per la Riconciliazione Nazionale. Sarà un caso, ma già allora descriveva un percorso lungo e faticoso per arrivare alla democrazia, ma metteva in guardia dai veri interessi degli Stati Uniti nella regione, mascherati dalla missione di esportare democrazia. Parlò del vecchio piano Sykes-Picot di spartizione della regione mediorientale e di un progetto colonialista a lungo termine mai finito. Penso di aver puntualizzato abbondantemente già allora quali sono le responsabilità di Assad, ma anche quelle degli Stati Uniti. Pertanto oggi non ho nessun problema a ribadire: sono contrario all’intervento armato in Siria.
<>.
“Vi denuncio”? In che senso? Credimi, cara Eva, le armi non le prenderei nemmeno se me le desse mia madre. Di fronte a un’avanzata militare il mio codice etico prevede solo una soluzione, qualora mi ci trovassi coinvolto: la fuga. Ma vorrei aggiungere una cosa. Frasi simili alle tue le ho sentite in Kosovo nel 1998, quando facevo il “casco bianco”. Sono passati molti anni. Penso che ci sia solo uno schifo più grande dello schifo della guerra. Quello di rispondere con un’altra guerra. La guerra non è una partita a pallacanestro, non vince il più forte. L’unica cosa che vince è la logica stessa della guerra, un controsenso troglodita che ci ostiniamo a considerare strumento di risoluzione dei conflitti internazionali. Slobodan Milošević era un criminale, ma sono convinto che abbia fatto più male l’UCK agli albanesi del Kosovo che non quel dittatore mafioso. Perché in questo modo hanno perso l’innocenza e soprattutto l’anima. E sappiamo chi sosteneva l’UCK. Vai a vedere cos’è oggi il Kosovo, uno stato assistenziale etnicamente ripulito e sostanzialmente immobile. Ben diverso il fermento che ho conosciuto io, nei sottoscala, quando in segreto mesi prima dei bombardamenti, albanesi e serbi ancora si parlavano e si facevano coraggio a vicenda. Pertanto anche questa tua provocazione mi lascia indifferente e ribadisco: sono contrario all’intervento armato in Siria.
<>.
Mi associo a questa ultima domanda. Per quanto, devo ammettere di essermi dato una risposta, nel corso degli anni. E’ sicuramente dolo. Persone che con me avevano lavorato al documentario sono state imprigionate, torturate, uccise. Un avvocato che intervistammo, Anwar al-Bounni, fu subito dopo messo in carcere. Ci provai in tutti i modi a lanciare una campagna di sostegno. Mi rispose un’associazione di avvocati francesi, gli passai il materiale girato per il documentario, mi tenni in contatto per un po’, finché poi fu rilasciato. Ma da Peacereporter nessun aiuto. Eppure un oppositore in carcere dovrebbe attirare l’attenzione… Comunque tranquilla, in questo caso non si è trattato di anti-imperialismo, è che questo documentario non doveva girare. E un oppositore in carcere può essere molto funzionale alla propria propaganda, ma nei casi in cui non lo fosse, rimane semplicemente un signor nessuno. Pertanto, mi interesso di oppositori siriani da quasi dieci anni e quindi ribadisco: sono contrario all’intervento armato in Siria.
<>.
Apprezzo l’analisi in questo primo capoverso, purtroppo questo è il problema di quasi tutti gli italiani che masticano politica estera: è sempre solo propaganda ideologica. Ciò che avviene nel resto del mondo ha un peso specifico in relazione a quanto è spendibile sul tavolo dello scontro politico interno. Non ha cioè un valore in sé. L’italiano non ragiona da cittadino del mondo, ragiona da italiano. Perciò ciò che succede all’estero è interessante solo se ha degli effetti o se può portare vantaggi in Italia. Questo (mal)costume non ha risparmiato i cosiddetti “pacifisti”. Per esempio, a suo tempo trovai un’espressione per definire i responsabili di Peacereporter che si disinteressarono del documentario che loro stessi avevano finanziato (ma la definizione va bene per molti altri): “virtuosi delle retrovie”. Sempre pronti a mettersi in prima fila solo quando è il momento giusto, un fiuto fenomenale per il vivere di posizione, perché dirsi contro la guerra, quando ormai la guerra è cosa fatta, ti fa apparire un “coglione” agli occhi di molti, ma anche “un eroe” agli occhi di molti altri sprovveduti. Facile lanciare una campagna di raccolta firme contro l’intervento armato in Siria a pochi giorni dai bombardamenti: non serve a niente e procura visibilità, quella che garantirà a queste persone la rendita di posizione per i prossimi mesi-anni. E sono giornalisti, intellettuali, gente che fa cose, che ha sempre il culo parato e le conoscenze giuste. Gente che sa come raccontargliela alla gente e sa quand’è il momento giusto per imboscarsi. Gente che ha imparato che parlare di “vittime” paga più che parlare di “oppositori”.
Questo è il pacifismo italiano, quasi senza distinzioni. E per questo trovo pertinenti le tue “accuse”, cara Eva. Ma, come ho scritto, ho poco da spartire con questo movimento. E anche Machiavelli, diciamolo, se non è ancora archiviato dalla Storia come un cialtrone è solo perché molti altri cialtroni fanno ancora parte della Storia. Pertanto, per quanto ho scritto, ribadisco: sono contrario all’intervento armato in Siria.
Michelangelo Severgnini
In questa faccenda non esiste il “buono” e il “cattivo”: tutti e due gli schieramenti si sono macchiati di crimini contro l’umanità e nessuno può negarlo. Esiste solo un meno peggiore: Assad. In effetti, benchè sia un gran criminale e si faccia aiutare dell’Hezbollah, almeno lui protegge le minoranze (lui stesso fa parte della minoranza Alauita) e da al paese un governo stabile, mentre se i ribelli prendessero il potere comincerebbero a commettere genocidi contro gli Alauiti, poi contro i Drusi, Cristiani… Se riuscissero ad instaurare un governo, sarebbe un governo islamico che proseguirà la politica repressiva di assad, ma in peggio e finnzierà al-Qaeda.
Vediamo di informarci meglio: vi è< una forte somiglianza tra l'<attacco sionista su Gaza e quello dei ribelli verso Assad. Gli oppressori della prima sono parenti-amici dei ribelli nella seconda.
Entrambi, oppressori sionisti e ribelli salafo-wahabiti sono acerrimi nemici del President Assad.
Entrambi vorrebbero vederlo morto e sepolto, il grande riformatore della Siria. Entrambi sono alla ricerca di tribalizzare il territorio: tanto a Gaza quanto in Siria.
Entrambi ricorrono alla tortura verso i resistenti: altro che carceri assadiane. Vi sono documenti raccapriccianti di ribelli che tagliano le gole ai soldati di leva siriani.
La verità è che la Resistenza al sionismo imperialista abita a Damasco. Questa nazione è l'ultima roccaforte socialista-nazionale contro il capitale famelico.
Il resto sono articoli prezzolati di siriani comodamente espatriati<.
Difficile avere l’approvazione di chi ragiona per frasi fatte e applica gli stessi schemi ideologici di volta in volta a contesti diversi, e senza conoscere la realtà locale. Non si può chiedere di più e nemmeno un piccolo sforzo mentale a chi si firma Vladimir Putin, a chi commenta nascondendosi dietro ad uno pseudonimo (vergogna delle proprie idee?) e a chi da del prezzolato comodamente espatriato a vanvera, quando prezzolati e comodamente espatriati sono quei siriani che inneggiano ad Assad e condividono le idee di questo novello e codardo Vladimir Putin.