Michel Kilo, “La chiesa siriana torni al popolo”

Pubblichiamo la traduzione di un articolo di Michel Kilo, intellettuale cristiano siriano, arrestato per la prima volta nei primi anni Ottanta per la sua attività di opposizione al regime.

L’articolo è comparso sul quotidiano libanese al Safir e, benché sia un po’ lungo, vale la pena leggerlo fino in fondo.

Il cristianesimo non è stato mai solo per i cristiani. Prima di Gesù di Nazareth, non c’erano i cristiani. Se il Salvatore fosse venuto solo per i cristiani, il suo messaggio e la sua vita non avrebbero potuto avere il valore umanitario e immortale che li caratterizza. Sarebbe stato un riformatore “normale” che è venuto per un certo popolo, e se n’è andato poi per la sua strada.

Cristo non è venuto solamente per i cristiani, non era tra i suoi scopi escludere i non cristiani dai suoi valori. Perché Cristo non era per alcuni uomini o per i credenti, ma era, nella lingua del Corano: “misericordia per i mondi”.
Non vi è dubbio che la persecuzione dei cristiani nel corso dei secoli, durante i quali hanno vissuto nascosti o perseguitati, con enormi sacrifici, li ha costretti a considerare la loro religione un vincolo che li unisce e li protegge, anche se non hanno mai smesso di diffonderla tra i non cristiani.

Hanno inoltre considerato un successo riuscire ad avvicinare alla fede i non cristiani, una prova dell’altezza e della grandezza del messaggio del cristianesimo, della sua natura divina e del suo scopo sacro.

Questa persecuzione iniziale ha portato alla cristallizzazione di due aspetti sostanziali nell’osservanza dei seguaci della nuova religione.
Il primo aspetto è che l’unità della comunità cristiana non deve portarla alla chiusura su se stessa, o all’incapacità di rivolgersi ai non cristiani, di dialogare con loro, di difenderli, in considerazione del fatto che anche loro sono “figli di Dio”.

Il secondo aspetto è che “l’altro” è l’intento e lo scopo per il cristiano. Non perché sia un cristiano come lui, ma esattamente il contrario: per il fatto di non essere cristiano, e si indirizza  in molti casi verso quelli che odiano il cristianesimo.
Il conflitto religioso mescolato agli interessi terreni [durante il Medioevo n.d.T.] ha investito molte tendenze della religione e in parte l’ha isolata in se stessa.

I seguaci di altre religioni sono stati considerati “avversari del cristianesimo” e il dialogo e il rapporto con loro di nessuna utilità. In molti casi non c’era alcuna speranza di recuperali dai loro peccati, anche perché lo sforzo necessario per avvicinarli al cristianesimo, sarebbe stato più grande di qualsiasi beneficio risultante dalla loro adesione.

Quella era un’epoca in cui la politica ha dominato la sostanza del cristianesimo e lo ha posto al proprio servizio.
In questo modo ha confuso le caratteristiche originali e i suoi attribuiti misericordiosi e umanitari, e ha deformato e corrotto quegli aspetti che aveva portato con sé nella lunga storia di “misericordia per i mondi”.

Infine, i conflitti religiosi scoppiati tra le comunità cristiane e all’interno di esse,  hanno svolto un ruolo enorme nella separazione dei seguaci della  nuova religione, su basi non cristiane.
Questi si sono accusati a vicenda di non essere credenti e hanno sterminato quei cristiani che differivano dalla loro dottrina.

Forse non è un segreto che le guerre religiose che l’Europa ha conosciuto tra protestanti e cattolici, hanno portato all’uccisione di milioni di cristiani, nel nome del messaggio di Gesù di Nazareth e della gloria del Signore.

Quindi, il cristianesimo ha attraversato dei momenti che l’hanno portato dall’apertura a tutta l’umanità, a una chiusura su se stesso, in una prima fase.
E poi alla chiusura delle sue dottrine verso il pensiero differente nel cristianesimo stesso, in una seconda fase, asservendosi agli scopi delle istituzioni politiche create all’inizio della formazione degli stati nazionali e di alcune famiglie al potere.

Oppure, la chiusura provocata da risposte agli interessi terreni e alle intenzioni dei leader delle istituzioni ecclesiastiche, diventati a loro volta “prìncipi della chiesa”.
O ancora, nell’imitazione dell’autorità terrena, oppure nella scelta dell’autorità terrena di personalità ecclesiastiche, spesso dunque, lontane da ogni considerazione cristiana o morale.

Oggi, il cristianesimo orientale sta entrando nella fase di estraniazione dal suo ambiente storico e dalla sua sfera sociale e mostra la chiara ostilità verso il diverso: sia cristiano che non.

Pratica una forma di razzismo confessionale che fa del “cristiano” una persona superiore, che disdegna le persone inferiori che non appartengono alla sua dottrina e alla sua fede.

Allo stesso tempo, i prìncipi delle sue chiese compiono evidenti parzialità e ingiustizie, simili a quelle che Roma aveva inflitto ai primi cristiani.
Si alleano con i principi dell’autorità terrena, incitano i loro seguaci contro i loro rivali, anche cristiani, e li accusano di essere in contrasto con il cristianesimo e la religione, solo per il fatto che non stanno dalla parte dell’autorità e sono oppositori o resistenti.

Addirittura è successo che  un vescovo di una delle più grandi chiese di Damasco abbia convocato i servizi di sicurezza nella sua chiesa per consegnare dei giovani. Questi erano andati nel suo ufficio per protestare contro la parzialità della chiesa nei confronti del regime nel conflitto che la Siria sta vivendo e per richiamare la sua attenzione sui danni causati dal suo comportamento complice con alcuni ragazzi della sua chiesa che avevano festeggiato l’uccisione di giovani musulmani di una città vicina a Damasco che avevano manifestato contro il regime.

C’è anche chi ha ricevuto messaggi intimidatori da parte di teppisti che si autoproclamano “gli shabbiha di Cristo” (e immaginate a quale livello di decadenza è arrivata la chiesa, se ora Cristo è seguito da shabbiha!), nei quali si informano le vittime che il loro futuro è segnato e che saranno uccise appena sarà possibile farlo.

Nonostante io abbia risposto personalmente con gentilezza e in modo conciliatorio a un messaggio ricevuto che mi minacciava di morte, il suo autore mi ha informato in un secondo messaggio, che mi avrebbe denunciato ai servizi di sicurezza perché avrei mandato dei membri dell’esercito libero ad assassinarlo. Io che non conosco nemmeno il nome di questo codardo che si firma con un soprannome, onorato di essere “shabbih di Cristo”. Tra l’altro non conosco nessuno nell’esercito libero e non ho nessun contatto con le armi né con gente armata.

I cristiani vogliono perdere  la chiesa di Gesù di Nazareth in favore di una chiesa di shabbiha?
Questo fatto scandaloso non allontana la chiesa dai cristiani e dalla società siriana? E soprattutto dalla comunità musulmana – senza tenere conto delle loro diverse dottrine e comunità religiose?
Non è nostro dovere, di tutti noi, salvare la chiesa da quelli che la considerano un principato alleato con un’istituzione terrena che è l’autorità dominante?

La restituzione della chiesa ai cristiani non sarà possibile senza che la si restituisca al popolo intero, soprattutto ai musulmani. Sia a coloro che stanno con il potere, per salvarli dalla follia, dal fascismo e dalla violenza che li sta distruggendo; sia a quelli contro di esso, per sostenerli nelle calamità, per offrire solidarietà, per riceverli a braccia aperte, alleviare il loro dolore, aiutarli a superare i morti, le vessazioni, l’esilio e la fame. E, allo stesso tempo, per impedir loro di essere trascinati alla violenza e di rispondere al potere nel suo stesso modo, compiendo massacri, inaccettabili per nessuna legge, religione o pratica – cosa che non è mai accaduta neppure nei momenti più bui della nostra storia.

La restituzione della chiesa al popolo e ai cristiani, attraverso tutto il popolo, non è possibile finché essa non ripristinerà la sua identità storica, che portò gli uomini di chiesa a nascondere chi combatteva con le armi contro gli occupanti stranieri – che erano cristiani come loro.

È questo che ha reso i cristiani interlocutori dei musulmani nella cultura, nella storia, nelle aspirazioni, nel destino e componente fondante di un’unica società.
È questo che ha fatto aprire ai musulmani le moschee per far pregare i cristiani e per ospitare i loro matrimoni e i loro funerali.

Oggi nessuno che conosce la storia della Siria può capire come un uomo religioso possa riuscire a diventare un informatore dei servizi di sicurezza. Come la chiesa possa tacere il massacro dei bambini, a meno che non li consideri esseri umani, come possa pensare, alla stregua dei mostri che li massacrano, che non meritino la vita e come possa come loro credere che questi bambini sarebbero diventati terroristi una volta cresciuti.

L’attuale chiesa siriana non riuscirà a trovare delle giustificazioni per la maggior parte dei suoi sacerdoti e per le sue posizioni, se continua a considerarsi una chiesa privata per una sola confessione e non per tutto il popolo: per coloro che sono oppressi, maltrattati e rischiano una morte inammissibile e gratuita, semplicemente perché come esseri umani rivendicano i propri diritti.

La chiesa non recupererà il suo carattere di chiesa di Cristo, se i suoi sacerdoti non scenderanno in strada per chiedere non solo di proteggere la vita dei musulmani, i loro fratelli nell’umanità e nella fede in Dio, ma anche i loro diritti e la loro libertà. Se non si ergeranno contro l’oppressione e l’omicidio per restituire loro la dignità e per considerarli dei cittadini di uno stesso Paese che come tali partecipano all’amministrazione dei suoi affari, e dunque né ospiti di qualcuno, né schiavi di un’autorità o di un potente.

La chiesa non recupererà quindi il suo posto nella comunità, se non la considererà una comunità verso cui ha dei seri doveri. […]

Se Cristo avesse deciso di ritornare oggi da noi, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata scendere in strada per partecipare alle manifestazioni che chiedono la libertà e la dignità dell’uomo. Sarebbe andato a Khaldiyye, Idlib, Maarrat al Numaan, Haffeh, Salma, Baniyas, Duma, Arbin, Kafar Batna, Al Hrak e al Museifra per condividere con la gente la morte e il dolore. Forse avrebbe parlato di nuovo con Dio chiedendo: “Elohi, Elohi, lama sabakthani?“, Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Perché li hai abbandonati?
Sicuramente non accetterebbe che il vicario del Patriarca, il vescovo Luca al Khury che aveva consegnato i cinque cristiani alle Mukhabarat, sia sacerdote in una chiesa che porta il suo nome. L’avrebbe cacciato via, con la stessa furia con cui cacciò i mercanti dal tempio!

La chiesa non sta bene. È così ammalata che non sente il dolore e le sofferenze di quelli per cui Gesù di Nazareth ha sacrificato la sua vita.

È indispensabile che i sacerdoti si ribellino contro i suoi “prìncipi” e che il popolo esca dal suo silenzio e abbandoni la chiesa, perché essa non si accorge delle pene e della morte di chi viene torturato e invece vive soddisfatta e felice in mezzo alla morte e ai fiumi di sangue innocente versato.

È indispensabile anche che  i cristiani si stacchino dalla chiesa, finché essa non torna una chiesa per il popolo, per il musulmano come per il cristiano. Solo così sarà come doveva essere: chiesa del Signore, non chiesa dei “principi” delle Mukhabarat.