(di Eva Ziedan). Ricordo l’ultima conversazione con Padre Paolo, “Abuna”. È avvenuta dopo una mia reazione a un video in cui si vede un noto attivista cristiano che si converte all’Islam prima di morire.
La mia reazione è stata: “Ma perché cavolo!”
Questo non perché sono cristiana, non perché conto quanti siano i cristiani e quanti i musulmani della rivoluzione in Siria. Ma, visto che purtroppo alcune agenzie di informazione ci hanno portato a sottolineare l’appartenenza religiosa di ogni attivista, quell’uomo era stato un esempio del fatto che la rivoluzione non è islamica.
La risposta di Abuna è stata questa: “Penso che l’attivista cristiano abbia detto benissimo lo stato della sua coscienza. Dio lo benedica e lo accolga nel suo bel Paradiso musulmano.
Non ti devi dispiacere, è il gesto della libertà di coscienza dichiarata oltre le appartenenze familiari. È un gesto abramitico, ed è basato sulla testimonianza importante dei rivoluzionari musulmani coraggiosi”.
Ora rileggo queste parole e i miei ragionamenti e le miei analisi inciampano e fuggono via.
Questo episodio non è un modo per ricordare le “virtù” di una persona “rapita”. No, io mi rifiuto di credere che Abuna non stia bene.
Le voci che girano tra gli attivisti in Siria indicano la probabilità che Padre Paolo sia stato catturato da bande estremiste, come lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, la Jabhat an Nusra o le brigate di Ahrar ash Sham, come è accaduto anche ad altri noti attivisti, tra cui i fratelli Saleh.
Altri attivisti affermano, invece, che Padre Paolo ha detto di voler incontrare l’Emiro dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante e che sarebbe tornato dopo tre giorni, a meno che non fosse stato trattenuto da loro.
La pericolosità di queste bande è ormai nota. Anche i motivi della loro presenza in Siria sono chiari per chi vuole sapere. Se hanno deciso di rapire Abuna non è una cosa strana: Padre Paolo è al fianco della rivoluzione della libertà e della dignità. La loro, invece, non è rivoluzione, ma un luogo dove crescono funghi velenosi.
Tutti gli attivisti in Siria stanno facendo un lavoro immenso per avere notizie di Pade Paolo e stanno organizzando manifestazioni contro questi “barbuti”. E neppure questo è strano! Sono stati i siriani stessi a dire: “Padre Paolo è riuscito ad andare oltre la sua cultura e riconciliarsi con noi. Quanti anni ci metteremo noi per riconciliaci con noi stessi?”
Preghiamo per lui?
Si, ma immaginiamolo lì, che con la sua voce profonda stia spiegando cos’è il vero Islam a chi lo trattiene. Che stia parlando loro del Corano. Perché queste persone lo sanno a memoria, però non lo comprendono davvero.
Immaginiamo che gli racconti che l’Islam in Siria è l’Islam di Ibn Arabi, il grande maestro, il filosofo, il mistico e il poeta arabo del XII secolo, che ha detto: “Io seguo la religione dell’amore, quale che sia la strada che prende la sua carovana: questo è il mio credo e la mia fede”.
Abuna, io sono musulmana e seguo la tua religione. Ci manchi tanto.
____
Il ritratto di Padre Paolo Dall’Oglio è di John Wreford.
Sì, ci manchi, Padre Paolo. Spero che potrai leggere presto questo pezzo di Eva. E che noi potremo leggere presto un pezzo firmato da te. Ti aspettiamo.
Elena
Abuna l’idea che ti sia capitato qualcosa mi toglie il sonno. Su di te circolano mille voci. Ogni giorno prego per te il Dio dei cristiani, molti altri nel mondo stanno pregando per te il Dio dei mussulmani, che poi è lo stesso, perché DIo è uno e le nostre preghiere si fondono in un tutto armonico, come tu ci insegni. In occasione dell’Eid mi piace davvero pensarti, come dice Eva, intento a disquisire sul Corano con le persone che ti stanno trattenendo. Il tuo agire è guidato dall’amore che tu elargisci a piene mani senza distinzioni. Possa ora il mio amore e quello di migliaia di altre persone nel mondo darti la forza ed il sostegno qualsiasi cosa ti stia succedendo in questi giorni. TORNA PRESTO!