(di Alberto Savioli). La sofferenza dei cristiani, secondo il Papa, non va disgiunta dalla sofferenza di tutti i siriani. E’ un tema di estrema attualità, anche alla luce delle recenti visite in Italia della deputata siriana cristiana Maria Saadeh e del Patriarca Gregorio III Laham.
Nella prima parte di questo articolo si è evidenziato come la rete di sostegno a questi rapprentanti cristiani sia di sostegno al regime del presidente Bashar al Asad. Qui e nella terza parte si entra nel merito di quanto da loro affermato nel corso di interviste pubbliche rilasciate in Italia. Si parte con la deputata siriana cristiana Maria Saadeh.
All’Ansa ha dichiarato: “Un nuovo gradino nella scala degli orrori della guerra in Siria: l’uccisione mirata dei bambini, i bombardamenti diretti alle scuole, specie – negli ultimi tempi – quelle frequentate dalla minoranza cristiana. Sono già 11 mila le piccole vittime del conflitto, ma ora, da ‘effetto collaterale’, stanno diventando l’obiettivo dei gruppi qaidisti e jihadisti che combattono il regime di Damasco”.
Evidentemente per la Saadeh il problema si pone solo ora che purtroppo anche i bambini cristiani vengono presi di mira. Quando i bambini morti non erano cristiani? La Saadeh definisce le loro morti “effetto collaterale”.
Evidentemente per la Saadeh i bambini di altre comunità, in particolare sunniti, sgozzati e poi bruciati nel maggio 2013 a Ras an-Naba e al-Bayda (dove sono state uccise 200 persone. Per scaricare il rapporto di 70 pagine compilato da Human Rights Watch) da milizie lealiste guidate da Mihraç Ural, sono morti per “effetti collaterali” (nella foto a destra Ural in compagnia di Mariam Agnes del la Croix, promotrice del movimento Mussalaha – Riconciliazione).
Così come sono vittime di “effetti collaterali” quelli uccisi dalle bombe sganciate sulle loro case o scuole dall’aviazione di Asad. A allo stesso modo, sono “vittime collaterali” quelli presi di mira dai cecchini di Asad (sono stati selezionati dei video con contenuti non troppo forti, ma su Youtube ve ne sono a centiania di terribili).
Pur prendendo le distanze dal regime, la deputata siriana sottolinea che la priorità è adesso quella di difendere lo Stato: ”se crolla lo Stato siriano, è la disintegrazione totale del Paese”. Questa velata presa di distanza dal regime – affermando genericamente che sì, il regime ha le sue colpe – è tipica di una propaganda filo regime che si vuole accreditare all’estero, volendosi mostrare come non allineata in toto.
L’opinione della Saadeh, di non far crollare lo Stato siriano a rischio di totale disintegrazione del paese è condivisibile, ma mostra un limite in quanto alcuni settori dello Stato siriano non sono separabili dal regime degli Asad.
Di fatto la Saadeh sta dicendo: conserviamo Asad a garanzia dello Stato siriano. L’opinione della Saadeh era quella dell’opposizione interna siriana ospitata dalla Comunità di San Egidio: “il regime ha le sue colpe, ma non vogliamo la sua caduta per il bene dello Stato”.
Non può ignorare la Saadeh che quell’opposizione interna, quando ha cominciato a diventare scomoda, è stata spazzata dal regime, Michel Kilo vive all’estero perché la sua casa in Siria è stata confiscata ed è ricercato dai servizi di sicurezza, Samir Aita vive all’estero, Ali Rahmun e Faek Hweijeh sono stati arrestati e poi liberati, ‘Abdul Aziz Kheir è stato arrestato lo scorso anno di ritorno da una visita ufficiale in Cina a colloquio con il ministro degli esteri di Pechino, e non si sa più nulla di lui.
In un’intervista sull’Avvenire, alla domanda “il governo ha però usato la mano dura. Non è stato un errore aspettare così tanto per arrivare ad accettare il tavolo dell’Onu?”, la Saadeh risponde: “È naturale che ci siano stati errori… Ma per uscirne fuori bisogna riportare la crisi sul suo piano naturale, che è il confronto, il dialogo tra il regime e le istanze dell’opposizione interna, e lasciare fuori, respingere le ingerenze esterne”.
L’affermazione è giusta, ma cosa intende la Saadeh per opposizione interna? Quell’opposizione interna ospite a San Egidio non ha fatto una bella fine: non era armata, non chiedeva la caduta di Asad, dialogava. Eppure è stata in parte incarcerata o costretta all’esilio. Forse la Saadeh considera opposizione quei partiti pro-Asad, critici solo di facciata e che in Siria vengono derisi quando li si definisce “opposizione”.
Vale la pena ricordare che non è la prima volta che il regime si dichiara disposto al dialogo. Già in passato Asad, in occasione di amnistie, aveva promesso la liberazione dei detenuti che non si erano macchiati di fatti di sangue. Però ha continuato ad arrestare e torturare oppositori, manifestanti pacifici e semplici cittadini sospettati di reati “contro lo Stato” (1, 2, 3).
Per queste persone, la Saadeh e Gregorio III Laham non hanno mai speso una parola. La loro attenzione è rivolta ai “terroristi” che stanno distruggendo la Siria. Si sorprenderanno allora di scoprire che i “terroristi” Zahran Alloush ora capo del Jaysh al Islam (Esercito dell’Islam), Hassan Abbud (Abu Abdullah al-Hamwi) capo di Ahrar ash-Sham, e Issa ssh Sheikh, il capo delle Brigate Suqour al-Islam, dopo aver trascorso insieme diversi anni di carcere a causa della loro attività religiosa, sono stati rilasciati (insieme ad Abu Muhammad al Fateh al Jolani, il capo di Jabhat al-Nusra) dalla prigione Saydnaya alla metà del 2011, con l’amnistia presidenziale del 31 maggio. Ma dal febbraio 2012 il giornalista Mazen Darwish, presidente del Centro per i media e la libertà di espressione (Scm), si trova nelle carceri del regime assieme a molti come lui.
In un’intervista rilascita a Rainews24 il 3 dicembre, la Saadeh a proposito dell’attacco in corso nella cittadina cristiana di Maalula ha detto: “non sono scioccata in quanto cristiana, ma in quanto siriana”. Chissà come mai la Saadeh non si è mostrata altrettanto scioccata quando le milizie del regime hanno attaccato i civili nelle “Maaloula sunnite” a Hula, Halfaya, Qubayr, Treimsa?
Nella stessa intervista e in quella rilasciata all’Ansa, la deputata siriana si è mostrata preoccupata per la sorte delle chiese, delle moschee, e per i siti archeologici del Paese, “perché i terroristi finanziati dall’esterno stanno distruggendo tutto questo”. Tuttavia non ha mostrato la stessa solerte preoccupazione, quando il regime bombardava la moschea di Khaled Ibn al-Walid a Homs, o quando sparava colpi di cannone contro il colonnato di Apamea, bombe sul Krak de Chevalier, colpi di artiglieria contro la fortezza di Qalat al-Mudiq… E nemmeno quando non erano i ribelli, ma i soldati governativi a trafugare importanti statue di Palmira, come denuncia la pagina facebook Le patrimoine archéologique syrien en danger.
Forse lo scopo degli incontri della Saadeh emerge chiaro in un passaggio del testo-intervista rilasciata all’Ansa. “Proprio all’Europa, la deputata siriana rivolge un particolare appello: riaprire le ambasciate e i canali diplomatici in Siria, per poter svolgere un vero ruolo di mediazione e di pacificazione ed aiutare la popolazione civile”.
Ma risulta ancora più esplicita nell’intervista concessa a il Giornale, quando afferma:
“Chi crede di usare quei negoziati (Ginevra 2) per mettere all’angolo Bashar Assad (…) sbaglia tutto… ho tentato di far capire ai vostri politici che il conflitto siriano è a una svolta e che è tempo che l’Italia ritrovi la sua capacità negoziale. In passato eravate i nostri principali partner commerciali e i vostri leader afferravano meglio di molti altri la complessità siriana. Ora dovete riprendervi quel ruolo prima che qualcun altro prenda il vostro posto. L’era delle sanzioni è politicamente finita. A Damasco si stanno affacciando molte rappresentanze europee. Voi invece sembrate incollati agli schemi di due anni fa quando il mantra della politica internazionale era la delegittimazione di Bashar Assad e l’appoggio incondizionato ai ribelli”.
Caro Alberto, grazie per l’articolo, trovo si tratti di un’analisi molto importante.
Da gennaio a giugno di quest’anno, sono stato a Ginevra come stagista per un ONG (International Commission of Jurists). Ho avuto quindi modo di seguire le sessioni di marzo e giugno del Human Rights Council. In entrambe le occasioni sono stato a diverse conferenze sulla Siria, e ho avuto modo di incontrare sia la deputata siriana Maria Saadeh che Maryam Agnes de la Croix (con quest’ultima ho anche avuto modo di discutere, con la prima no). In più ho assistito a un incontro con la giornalista russa Anastasia Popova e con un analista belga-arabo-turco, Bahar Kimyongür.
Devo ammettere che, senza essere ovviamente mai stato un sostenitore di Assad (come si potrebbe?), fin dall’inizio delle rivolta siriana sono stato scettico sull’informazione mainstream che ricevevo. Più che altro riguardo ai massacri indiscriminati perpetrati dal regime. Il fatto è che dopo varie esperienze di disinformazione (Kosovo, Iraq, Libia per citare alcuni esempi) è difficile credere a quello che viene riportato dai mass media nazionali e internazionali. Per cui, senza minimizzare la portata delle proteste in corso, ho a lungo creduto che la parte armata della protesta fosse per la maggior parte foraggiata e organizzata dall’esterno.
Ho quindi sempre cercato fonti di informazione alternative da consultare a fianco di quelle mainstream come Repubblica o al Jazeera (il NYT forse fa discorso a sè, perchè i pezzi sono spesso interessanti e accurati, e c’è un giornalista – CJ Chiver – che ha girato molti reportage assieme ai combattenti dell’ESL).
Da quando un’amica mi ha regalato il libro di Lorenzo Trombetta (Siria), e da quando ho cominciato a leggere SiriaLibano, ho parecchio mutato opinione sulle fonti ‘alternative’ di informazione. Soprattutto ho avuto modo di capire molto meglio la struttura del potere in Siria, la realtà dei comitati territoriali, la questione della strategia della tensione tramite i gruppi jihadisti, nonché la forza della propaganda del regime (che non credevo avesse tale portata).
Ho l’impressione di essere caduto nella trappola informativa in cui è caduto il campo che si rifà al discorso di sinistra e ‘anti-imperialista’, e di aver fatto la parte dell’ ‘utile idiota’. In pratica ho ignorato tutta la parte di popolazione siriana che attua una resistenza non-violenta e politica, concentrandomi solo sul conflitto, e in quest’ultimo in buona parte sulla conta delle efferatezze, per capire chi ne compia di più (e riconoscendo troppo poco le motiviazioni alla base dei siriani cone hanno preso le armi).
Quando ho incontrato Maryam Agnes de la Croix ho pensato che portasse un punto di vista interessante. Non l’avrei detta allineata al regime, nonostante essa stessa rendesse pubblici i suoi contatti con il medesimo. Più che altro, sembrava lo facesse per questioni di mediazione tra Assad e alcune delle fazioni ribelli. Il linguaggio usato non era da propaganda. Da quanto avevo capito, il suo progetto Mussahala (assieme a Mairead Maguire) sembrava al contempo di aiuto umanitario alla popolazione e di mediazione politica. Lei stessa mi ha mostrato personalmente foto che la ritraevano assieme a rappresentatnti del regime, di Al-Nusra e a combattenti dell’ESL, nel tentativo di mediare. Sulla veridicità delle foto non posso esprimermi, tuttavia lì per lì non avevo motivi di dubitarne. Che ricordi, non ha mai definito i ribelli “terroristi” (al contrario della Popova che li definiva indistintamente così).
Tuttavia i fatti che tu citi riguardo a un suo coinvolgimento nella morte del giornalista francese e di civili gettano un’ombra inquietante.
Non so se quello che ho scritto abbia un senso, mi piacerebbe ne discutessimo.
Tuttavia ringrazio te e il resto della redazione per le analisi e le notizie che pubblicate. Con stima,
Vito
Gent.Le Vito, ringrazio te per la stima, ma soprattutto per la preziosa testimonianza che hai dato.
Forse dovresti scrivere di quell’esperienza come stagista e di come la tua opinione sia mutata col tempo e perchè.
Non sei la prima persona che conosco che dal campo anti-imperialista, pacifista o di sinistra, sulla Siria ha preso un abbaglio iniziale, applicando i teoremi dell’Iraq, del Kosovo e della Libia: “ciò che era successo in quei paesi stava di conseguenza accadendo anche in Siria, e le potenze imperialiste stavano utilizzando la stampa mainstream per i loro scopi”.
In questi tre anni ho avuto modo di dialogare o discutere con chi si era fossilizzato su queste posizioni, ho spiegato che la mia posizione di partenza era la loro, sono di sinistra, odio le guerre, ho sempre sostenuto la causa palestinese e al tempo dell’attacco americano all’Iraq manifestavo al di fuori della base americana di Aviano. La mia diversa posizione sulla Siria era dettata dalla conoscenza del luogo e delle dinamiche del paese, e non solo per le conoscenze dirette di persone che testimoniavano quanto stava accadendo.
Mi sono sentito dare del “ratto” o del filo-salafita per aver sostenuto la società civile siriana che si opponeva ad entrambe le dittature, da persone che non avevano mai visto la Siria e che l’avevano scoperta nel 2011 su organi di contro-informazione, per loro tutto quello che usciva su altre piattaforme che non fossero le loro, era privo di validità. Tuttavia ho continuato a “perdere tempo” in queste discussioni sperando che qualche lettore con senso critico avrebbe potuto valutare le argomentazioni e i fatti.
Entrando nel merito della de la Croix, i suoi interventi soprattutto all’estero sono molto pacati e sembra in qualche caso criticare il regime, è lo stesso atteggiamento che adotta la Saadeh. In realtà omettono molte verità per dare un’informazione parziale e distorta. Inizialmente anche io pensavo che i contatti della de la Croix con il regime fossero dettati dalla necessità di negoziare, tu mi parli di foto che la ritraggono con combattenti, ma la cosa interessante è che in tutte le relazioni delle attività ufficiali di Musalaha, non si parla di contatti con l’opposizione combattente. Anzi si dice esplicitamente che i contatti con questa parte non ci sono stati. Inoltre i partiti di opposizione siriani ospitati a San Egidio un anno fa, non sono stati interpellati dalla de la Croix nel processo di riconciliazione. Sarebbe interessante sapere a chi si rivolgono quando parlano di riconciliazione. Forse alla Saadeh? O al Partito Comunista Siriano (filo regime) di Bagdash?
Nella terza parte del pezzo (che uscirà a breve) troverai molti spunti che riguardano Musalaha.
Il suo coinvolgimento nella morte di Jaquier lo cito perchè fa parte di una serie di accuse su più fronti che le vengono mosse, anche a me risulta difficile credere che volontariamente lo possa aver messo in quella situazione.
Per i fatti di Muaddamiyah invece, come puoi vedere negli articoli linkati (nella prima parte), ci sono anche registrazioni dove lei garantisce il libero passaggio e l’incolumità delle persone, dicendo di aver parlato con il tale e il tale. Poi possiamo anche pensare che la de la Croix sia in buona fede e credesse ai funzionari siriani, però quando la stessa persona si trova implicata in più fatti e di estrema gravità, sorge qualche dubbio.
Ricambio la stima, scrivi pure per qualsiasi confronto o anche critica.
Alberto
Caro Alberto,
grazie mille per la risposta. Mi vedo riflesso nel quadro che descrivi: l’essere contro le guerre, l’aver manifestato contro la guerra in Iraq, essere a favore dell’autodeterminazione del popolo palestinese, e via dicendo. Bene o male la classica posizione di chi ritiene di appartenere al campo della sinistra (qualsiasi cosa ciò significhi al giorno d’oggi).
L’essere consapevole dell’utilizzo dei media per fini – in senso lato – geopolitici, fa sì che si crei una sorta di ossessione rispetto al non farsi ingannare dai media mainstream. E purtroppo, è fin troppo facile cadere nell’errore opposto e finire per fare il gioco di una parte – in questo caso il regime di Assad – cui ovviamente non si darebbe mai il proprio appoggio, anzi.
Banalmente, i punti di riferimento dovrebbero essere l’incolumità e il benessere della popolazione siriana da agenti sia interni che esterni; nonché qualsiasi tipo di aspirazione cui le persone tendano, secondo il principio che ognuno deve aver la possibilità di scegliere ciò che vuole essere ed avere. Tuttavia, nel marasma del conflitto, è facile perdere di vista questa “semplice” bussola. Io mi rendo conto di averlo fatto. A tal proposito, ho trovato illuminante – pur nella sua semplicità – la distinzione che Lorenzo Trombetta fa nel suo libro tra equidistanza ed equipollenza. Una cosa è voler esser terzi rispetto alle parti; altra cosa è metterle sullo stesso piano. Ed è vero che non si può paragonare una rivolta popolare, o la struttura e l’organizzazione – sotto tutti i punti di vista – delle associazioni popolari, con un regime che dura da quasi 50 anni. Ecco, direi che l’ossessione per l’anti-imperialismo – il quale tuttavia ha molte buone ragioni – fa perdere di vista questo aspetto. Soprattutto perchè, almeno personalmente, ho considerato l’appoggio esterno ai combattenti siriani come l’elemento che colmava la distanza tra regime e opposizione, che quindi mi faceva mettere le parti sullo stesso piano.
Tornando a de la Croix. Al tempo le ho chiesto cosa ne pensasse di Padre Paolo, che sapevo essere incondizionatamente dalla parte dei ribelli. Lei mi ha accennato al fatto che inizialmente si era unita alla comunità di Mar Musa. Poi mi ha detto che Padre Paolo è sempre stato vicino ai servizi segreti siriani, e che lui le ha causato problemi ogniqualvolta lei si recava in Israele a trovare i fratelli, perchè – mi diceva – Padre Paolo riportava questo fatto ai servizi segreti. Ha concluso affermando che non si spiegava come Padre Paolo fosse passato da essere intimo dei servizi ad appoggiare incondizionatamente i ribelli.
Quanto alle foto, lei non le ha mostrate durante la conferenza, me le ha mostrate quando parlavamo. Durante la conferenza sia lei che la Macguire parlavano della loro attività di mediazione col governo siriano. Effettivamente non ricordo se abbiano menzionato pubblicamente di aver avuto contati coi ribelli. Tuttavia, nel nostro dialogo a quattr’occhi, de la Croix mi ha menzionato esplicitamente il fatto che loro mediavano coi ribelli, anche combattenti (“quelli che con cui è possibile parlare”, ha detto).
Io non sono un esperto della Siria, però ho avuto la fortuna di visitarla nell’agosto 2010, rimanendone ovviamente assolutamente affascinato. Cerco di capire cosa stia accadendo, ma più leggo più sono confuso. Tuttavia SiriaLibano mi sta aiutando molto in questo senso. E mi sta facendo recuperare la bussola che avevo perduto. Grazie,
Vito
Vito Todeschini,
io non credo la de la Croix sia coinvolta nell’omicidio del giornalista Jaquier, e del resto le ultime notizie sulle indagini della giustizia francese pare non vadano in quel senso, basti pensare all’articolo apparso su Le Figaro pubblicato (si direbbe con un po’ di dispiacere visto il punto di domanda) da questo stesso sito. Vedi qui: http://www.sirialibano.com/siria-2/jacquierlenquete-francaise-pointe-les-rebelles-syriens.html E non darei molto peso a nessuna altra prova non… provata di un suo presunto favoreggiamento verso altri omicidi. Guarderai anche poco a chi la tira per la maglietta, chi diffonde il suo verbo: non è responsabile lei per quel che fanno le persone che la citano.
L’importante è capire comunque quel che fa e dichiara Mother Mary, è attenersi ai fatti. E attenendosi ai fatti, è certo che lei fatichi ad imputare colpe al regime, anche quando tutti i media internazionali e le agenzie per i diritti umani lo fanno. Quindi, partiamo da qui, atteniamoci ai fatti. E’ un invito che faccio anche a sirialibano. Per esempio Mother Mary divenne “famosa” due anni fa perché, grazie alla Correggia, vennero diffuse le sue denunce circa uccisioni di civili da parte dei ribelli, civili identificati con nomi e cognomi e scritti da Mother Mary, che si vantava di avere degli elenchi. Anche di questo dovremmo interessarci: erano veri quegli elenchi? Se non lo sappiamo, dobbiamo lasciare a Mother Mary il beneficio del dubbio. Forse la suora ha visto, per la sua limitata esperienza, più all’opera i ribelli che il regime, e si è convinta che le uccisioni fossero più che altro a carico dei ribelli. Nessuno lo sa se è in buonafede o meno. E noi non dobbiamo preoccuparcene, dobbiamo attenerci ai fatti. Tu per esempio Vito ti sei attenuto al suo linguaggio, e hai fatto bene. Non parla di terroristi. Però il suo linguaggio è decisamente da propaganda di regime in molte altre circostanze, per esempio in alcune sue interviste. A questo proposito, ti cito il mio pezzo: che ti invito a leggere. http://www.pressenza.com/it/2013/10/la-rivolta-popolare-siriana-la-crisi-del-pacifismo-parte-ii-2/
Non dovrei essere io a dire che avevo ragione quando scrissi questi articoli. Ma cosa pensare quando un cristiano siriano come Samaan Daoud (di cui ho scritto nella prima parte), sul suo profilo facebook condivide un articolo riportato sul blog cattolico Piccole Note dal titolo: “Per l’ex capo della Cia la vittoria di Assad è il male minore”. Saranno molti adesso a condividere quest’opinione, frutto della realpolitik americana, ma tra le molte domande che mi “frullano” in testa ne propongo due.
1) come fanno dei cristiani a sostenere che Assad è il male minore, minore rispetto a cosa, ai salafiti? Ma se è Assad ad aver scatenato questo disastro reprimendo le prime manifestazioni pacifiche.
2) spesso la posizione di queste persone è quella di considerare la rivolta guidata dall’esterno e diretta dalla Cia. Però la Cia diventa attendibile quando dice che “Assad è il male minore”… L’America non è attendibile se dice che il regime ha usato armi chimiche, perchè è un pretesto per fare la guerra. Ma improvvisamente diventa attendibile quando dice che il regime è il male minore. Mah…