(di Alberto Zanconato, 29 agosto 2013). ”Hezbollah tiene d’occhio la situazione e fara’ cio’ che e’ giusto al momento giusto”: l’affermazione del ministro dell’agricoltura libanese Hussein Hajj Hasan, del movimento sciita libanese, fa capire che le milizie alleate del presidente Bashar al Assad si tengono pronte per eventuali rappresaglie contro Israele in caso di attacco alla Siria.
Ma quello che sembra prevalere e’ un atteggiamento di prudenza, nell’attesa di vedere quale sara’ la portata dell’intervento, se effettivamente ci sara’.
Il capo di Hezbollah, Sayyid Hassan Nasrallah, che nell’ultimo anno non ha risparmiato gli interventi pubblici a difesa di Damasco e ha schierato i suoi combattenti al fianco delle forze lealiste, mantiene per ora uno studiato silenzio.
Mentre vari analisti politici e fonti vicine al movimento sciita si dicono convinte che una risposta armata ci sara’ solo nel caso di un massiccio attacco occidentale che dovesse mettere in pericolo la tenuta stessa del regime. La Siria e’ infatti, insieme con l’Iran, lo sponsor e sostenitore delle forze sciite libanesi.
”Hezbollah rimane in silenzio – scrive oggi sul quotidiano al Akhbar Ibrahim Al Amin, giornalista noto per le sue simpatie verso il movimento -. Alcuni accenni tra le righe potrebbero indicare che esso e’ pronto a difendere la Siria contro un attacco straniero. Ma quanto a coloro che aspettano di sapere quale sara’ la decisione, che aspettino pure”.
In un editoriale, as Safir afferma che all’interno di Hezbollah ”l’ordine di scuderia e’ di non dire nulla, probabilmente per evitare di fornire informazioni ai nemici”. ”Fonti diplomatiche” citate dal quotidiano L’Orient le Jour escludono che Hezbollah si avventurerebbe in una rappresaglia con un lancio di razzi su Israele, a rischio di fare esplodere una guerra come quella dell’estate del 2006.
Il movimento sciita quindi, assicura il giornale, non ha intenzione di tornare a ”infiammare il fronte sud” nel momento in cui e’ impegnato sul suolo siriano e mentre la violenza minaccia tutto il Libano come conseguenza del conflitto nel vicino Paese. Un attentato il 15 agosto nel sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, ha provocato 27 morti.
E otto giorni dopo a Tripoli, nel nord del Paese, quasi 50 persone hanno perso la vita in due attentati contro altrettante moschee sunnite. Il generale italiano Paolo Serra, comandante degli 11.000 caschi blu dell’Unifil, la forza di interposizione dell’Onu al confine con Israele, ha invitato ieri tutte le parti a ”moderare eventuali tensioni” durante un incontro tripartito con ufficiali libanesi e israeliani.
Anche se i rappresentanti di Hezbollah non erano presenti, e’ evidente che l’appello e’ rivolto anche a loro, visto che il movimento sciita ha una forte presenza in questa regione del Libano. (Ansa).
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