Siria, defezioni eccellenti solo sulla carta

Tra diserzioni eccellenti solo sulla carta e uccisioni di membri della facciata del potere, la struttura interna e reale del regime siriano, incarnato dal presidente Bashar al Assad, non esce indebolita dalle recenti defezioni. Nemmeno da quella del premier Riyad Hijab fuggito da Damasco e la cui sorte è circondata da un alone di mistero.

Per la sua alta valenza simbolica, la defezione di Hijab, associata a quella avvenuta nelle ultime 48 ore di tre esponenti dei servizi di sicurezza della capitale e quella presunta di altri ministri, può comunque indurre altri esponenti della struttura formale del regime a disertare.

Il premier in Siria è in teoria la seconda carica politica più importante dopo il presidente. Ma sin dall’avvento del Baath, più di mezzo secolo fa, il capo del governo ha un ruolo solo rappresentativo, così come avviene per il parlamento e gli altri organi istituzionali. È il raìs e la cerchia di uomini che con lui condividono i vertici del regime ad avere in mano le redini dei tre poteri legislativo, esecutivo e giudiziario.

Di questa ristretta cerchia di potere finora solo uno, Assef Shawkat, cognato del raìs, è uscito di scena. Shawkat, già capo dei servizi di sicurezza militari, è stato ufficialmente ucciso nell’attentato che il 18 luglio scorso ha eliminato a Damasco altri esponenti chiave del livello apparente del regime: il ministro della difesa Dawud Rajha, il capo dell’ufficio della sicurezza nazione Hisham Bakhtiyar – da anni ai margini del potere – e il capo della cellula anti-crisi ed ex ministro della difesa Hasan Turkmani. Questi ultimi tre non avevano da anni alcun ruolo nella stanza dei bottoni del regime.

Assai più influente era invece il general Manaf Tlass, figlio d’arte (suo padre, il generale Mustafa Tlass, era stato per oltre 30 anni ministro della difesa) e comandante di un’unità della temibile Guardia Repubblicana, corpo d’elite del regime sotto la guida di Maher al Assad, fratello minore del presidente.

Tlass aveva disertato a metà luglio, annunciando – come ha fatto oggi il premier Hijab – la sua adesione alla “rivoluzione” e denunciando i “crimini commessi dal regime”. Nella gestione repressiva della rivolta Manaf Tlass non aveva però avuto alcun ruolo e la sua partenza da Damasco non ha intaccato gli equilibri interni al regime. Che si tiene invece su una solida alleanza, fatta in primis di legami di sangue, tra membri della famiglia al Assad e dei clan alawiti – minoranza sciita – ad essa alleati da almeno quattro decenni.