La libertà è un concetto relativo, si sa. E se decine di migliaia di siriani rivendicano libertà politiche rischiando la morte e – peggio! – le torture, il patriarca greco-ortodosso Ignazio IV Hazim ribadisce che per lui e la Chiesa che rappresenta, quel che conta è poter andare liberamente a messa, veder assicurata la libera istruzione nelle scuole della comunità, poter gestire i conflitti interni al proprio gregge seguendo liberamente le leggi confessionali.
Intervistato dal quotidiano libanese in lingua francese L’Orient-Le Jour, l’anziano pastore ammette i timori per una rivolta dagli esiti incerti. (…) Nous avons simplement peur de l’inconnu, de la perspective de voir ce pays sombrer dans un chaos provoqué par des personnes qui n’ont pas encore clarifié leurs intentions, leurs motivations et leurs objectifs. Nous espérons ne pas nous retrouver dans une situation dont nous ne percevons pas les contours et qui sera décidée par des personnes qui nous sont inconnues. »
Come il presidente Bashar al-Asad che nella sua recente intervista al quotidiano britannico The Sunday Telegraph ha respinto ogni dialogo con la principale piattaforma degli oppositori all’estero e in patria affermando di non conoscerli, di non sapere chi siano, così Ignazio IV Hazim afferma di non sapere chi siano i suoi concittadini che ogni giorno chiedono la caduta del regime. Li definisce “persone che non hanno ancora chiarito le loro intenzioni”.
«Notre situation actuelle est plus rassurante qu’un avenir incertain, souligne le patriarche. Que celui qui va proposer une alternative nous explique de quoi il s’agit afin que nous puissions l’étudier en connaissance de cause et la comprendre. ». Tradotto: gli al-Asad li conosciamo. Ma del doman non v’è certezza. E tra guardare avanti e rimanere attaccati al passato, beh, Ignazio IV Hazim non ha dubbi.
All’intervistatrice che ricorda al patriarca che les manifestations populaires revendiquent la liberté et la démocratie… l’alto rappresentante greco-ortodosso risponde: « Je leur dirais que cela fait trente ans que je suis à Damas, je m’exprime sans restriction aucune, sans que personne ne contrôle ce que je dis. Il y a peut-être d’autres qui parlent politique, mais ce n’est pas notre cas. Peut-être voient-ils des choses que nous ne voyons pas. ».
Ecco il trucco del Patriarca per evitare problemi in Siria: non parlare di politica. Non esser cittadini. Rifugiarsi in chiesa, nella scuola comunitaria, limitarsi ad avere l’ultima parola nel tribunale religioso. Il resto? Non ci riguarda. Stranieri in patria. Ma al Patriarca non importa. Perché « en Syrie, notre communauté a ses propres lois, ses églises, ses écoles… Que pouvons-nous demander de plus ? ».
Que pouvons-nous demander de plus… da una persona di 90 anni???? Soltanto che lasci il posto ad altri più giovani.
Se fosse solo questo signore anziano a pensarla così… il fatto è che tantissimi giovani, almeno anagraficamente, preferiscono rimanere attaccati al passato piuttosto che andare avanti. La comunità confessionale è davvero l’unico baluardo per continuare ad avere il permesso di respirare?
Questo è il grave problema di tutte le minoranze del Medio Oriente: fino a dove i musulmani hanno lasciato loro spazio (o meglio, fino a dove li hanno respinti dalla piazza pubblica) e fino a dove i cristiani sentono di spingersi al di fuori dello spazio sociale ecclesiastico. Le leadership delle comunità cristiane mediorientali compiono oggi il grave errore storico di pensare esclusivamente agli interessi propri delle loro comunità e non della collettività tutta. Della serie: fin tanto che stiamo bene noi, venga pure il diluvio. E’ una prospettiva antinazionalistica inaccettabile. Però è dettata da fattori storici e preoccupazioni comprensibili: questi stati non sono stati mai Stati! E’ questa la vera tragedia. Manca l’eroe nazionale. Fintantoché non ci sarà un eroe nazionale capace di unire tutti attorno alla bandiera nazionale, ogni comunità, soprattutto se minoritaria, continuerà a guardarsi i piedi.
Credo tu abbia ragione. grazie.