Siria, si torna a scuola. Ma quale?

Copertina di un quaderno scolastico siriano(di Lorenzo Trombetta, 10 settembre 2012) Grembiuli, sussidiari e astucci per piu’ di centinaia di migliaia di studenti siriani pronti a tornare, secondo i piu’ rosei auspici del governo di Damasco, il prossimo 16 settembre sui banchi delle scuole. Che sono però trasformate in caserme, carceri, luoghi di tortura e, ultimamente sempre di più, anche in rifugi di fortuna per centinaia di migliaia di sfollati in fuga dalle violenze.

Proprio da Ginevra l’Alto commissario Onu per i diritti umani Navi Pillay ha denunciato ”la crescente brutalità da parte delle autorità e dei loro alleati shabihha (le milizie lealiste)”. Ma ha pure denunciato l’aumento del numero di violazioni dei diritti umani compiute dai ribelli.

Per le strade di Damasco e Aleppo, dove in alcuni quartieri manca anche l’acqua potabile, non si contano solo file di corpi di civili giustiziati sommariamente dai governativi e di soldati lealisti ammazzati allo stesso modo dai ribelli. Ci sono accampamenti improvvisati nei parchi pubblici, nei depositi e persino sui marciapiedi: vi ‘sopravvivono’ siriani fuggiti da Homs, Daraa, Dayr az Zor, Hama e da altre località colpite dai bombardamenti governativi e devastate dagli scontri tra ribelli e lealisti.

Come se tutto ciò non stesse avvenendo, il ministro dell’istruzione Hazwan al Wazz ha però confermato che domenica prossima (in Siria la settimana comincia il sabato dopo il venerdì festivo) torneranno a scuola centinaia di migliaia di studenti di ogni ordine e grado. ”E’ tutto pronto, saranno accolti senza problemi”, ha detto il ministro citato dall’agenzia Sana.

In realtà, gli stessi numeri riferiti dal ministro indicano che la situazione in Siria non è ‘normale': l’autunno scorso, quando le operazioni militari dell’Esercito libero (i ribelli) erano appena iniziate e il regime non aveva ancora fatto ricorso massicciamente alla violenza, furono chiamati a scuola 5,3 milioni di siriani e 340mila tra docenti e amministrativi. Oggi il governo si dice pronto ad accogliere solo ”centinaia di migliaia” di studenti.

Anche di questi è però difficile dire chi veramente arriverà in aula tra pochi giorni. ”Anche se la scuola dovesse esser pronta, non manderò mia figlia in giro per la città con il rischio che un attentato o una bomba la uccida”, afferma Manal, siriana di Damasco madre di due figli, raggiunta telefonicamente dall’ANSA. ”So che alcune scuole sono state sgomberate dai profughi e ora sono vuote, ma nel senso che manca tutto. Non ci sono i banchi, le sedie… niente”, aggiunge la donna, confermando il racconto fatto da altri testimoni: nel rigido inverno scorso, la legna dei banchi e delle sedie e’ stata usata da molti siriani per riscaldare le stufe, prive del combustibile locale (mazot).

Ma il ministro dell’istruzione assicura: ”Stiamo lavorando da tempo con gli enti preposti per sgomberare le scuole dalle persone danneggiate dagli eventi recenti che vi hanno trovato rifugio. Il libro unificato è  già pronto, e abbiamo gia’ dato istruzione agli insegnanti”. Sempre un anno fa, il tema del rientro scolastico era stato segnato dalle denunce che molti istituti erano stati trasformati, nei primi mesi di repressione delle manifestazioni pacifiche, in carceri improvvisate. Numerosi video amatoriali avevano mostrato giovani attivisti torturati e picchiati fra i banchi da militari in divisa.

”Nel frattempo molte scuole sono state distrutte dai bombardamenti. Si calcola che almeno 2.000 in tutto il Paese siano inagibili”, afferma Janine, volontaria che dà assistenza agli sfollati in una scuola di Damasco nord. In tutta la Siria si contano circa 400mila profughi, per lo più concentrati nella capitale e ad Aleppo. Inoltre Homs e altre localita’ minori non hanno piu’ le scuole perché sono state rase al suolo come il resto degli edifici.

E si registrano gli atti di barbara violazione dei diritti umani. Ad Aleppo oggi sono stati uccisi dai ribelli una ventina di militari governativi: giustiziati sommariamente proprio come e’ avvenuto a 36 civili di Tadamon (Damasco), i cui corpi sono stati ritrovati, sempre oggi, bendati e con le mani legate dietro la schiena.

Ammazzati – affermano i residenti – dai lealisti. In questo contesto la diplomazia tenta nuove strade: l’Alto rappresentante Onu-Lega Araba, Lakhdar Brahimi, ha cominciato al Cairo un suo tour regionale, ribadendo che la sua missione e’ ”estremamente difficile”. Oggi ha partecipato all’incontro preliminare tra i delegati di Egitto, Arabia Saudita, Turchia e Iran in vista della riunione dei ministri dei quattro Paesi che potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella crisi. (Ansa).