Siria, sulla Turchia l’improvviso silenzio di Damasco

(di Lorenzo Trombetta) Damasco tace sulla Turchia. Come se niente stesse accadendo lungo il confine, le autorità siriane e i mezzi d’informazione ufficiali evitano in tutti i modi di riferire o commentare gli scontri in corso a ridosso del confine nord e gli ormai frequenti scambi di colpi di mortaio tra i due Paesi.

Da mesi la propaganda siriana accusa il governo di Recep Tayyip Erdogan di finanziare il terrorismo per imporre un’egemonia regionale di stampo “neo-ottomano”, argomento passepartout per i detrattori di Ankara.

Eppure, da 72 ore, i media di Damasco non pronunciano e non scrivono più una parola relativa alla Turchia. Risale a tre giorni fa l’ultima dichiarazione ufficiale di Damasco sulla questione. Il portavoce del governo Umran Zubi aveva annunciato l’apertura di un’inchiesta sull’uccisione di tre bambini e due donne turchi. Poi il silenzio.

Persino le scuse siriane alla Turchia, che di fatto ammettevano la responsabilità di Damasco nel primo letale lancio di mortaio, erano state affidate all’Onu e alla Russia. Ma non a un comunicato ufficiale. “E’ stato un tragico incidente che non si ripeterà più”, aveva detto, per conto dei siriani, il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, da sempre a fianco del regime del presidente Bashar al Assad. Lo stesso Lavrov si era però augurato che le autorità siriane esprimessero ufficialmente le scuse. Ciò non è ancora accaduto.

I media, il premier e persino Assad hanno ricordato le “eroiche battaglie” della guerra del 1973 (invano lanciata 39 anni fa contro Israele per liberare le Alture del Golan) senza mai fare riferimento ai rischi di una guerra contro la Turchia. Ieri sera, un colpo di mortaio ha colpito senza fare danni o vittime la provincia di Hatay. Nella stessa area sono caduti oggi altri due colpi. In tutti e tre i casi, l’artiglieria turca ha risposto al fuoco ma sui media siriani non v’è traccia di fatti che la retorica ufficiale solitamente chiamerebbe “ingiustificate aggressioni nemiche”.

Il presidente Assad è oggi apparso brevemente in tv mentre partecipa all’annuale cerimonia per l’anniversario della Guerra di Ottobre. Preghiere, raccoglimento, sorrisi per i ragazzi accorsi ad abbracciarlo ma nessun commento. Dell’attualità ha invece parlato il ministro della difesa il generale Jassem Freij, citato dalla tv di Stato.

Il ministro ha esaltato la Guerra d’Ottobre come esempio di eroismo dei soldati siriani che – ha detto – devono affrontare da un anno e mezzo una guerra, un complotto e mille pressioni. Ma di Turchia e di scontri al confine nessuna traccia. L’intervistatore si è badato bene dal fare domande a riguardo. A questo si aggiungono singolari coincidenze: per la prima volta dopo decenni, il quotidiano al Baath, omonimo del partito al potere da mezzo secolo, ha dimezzato la sua foliazione. E il sito di al Watan, giornale privato vicino al regime, non è aggiornato da 48 ore.

La Sana racconta dell’inaugurazione oggi a Damasco, alla presenza del premier Wael Halqi e del ministro dell’informazione, di un nuovo canale TV governativo, chiamato Talaqi (Convergenza) e di una radio “Siryana FM” il cui obiettivo dichiarato è contrastare la narrativa delle TV satellitari finanziate da Arabia Saudita e Qatar. Sulla Turchia, bocche cucite anche in quest’occasione.

Una fonte governativa turca aveva ieri detto che le autorità di Damasco hanno di fatto accettato l’imposizione di una no-fly zone lungo una striscia di territorio profonda 10 km. Se fosse confermato, la Siria dovrebbe ammettere di aver accettato di veder ridurre la sovranità nazionale a spese dei turchi e dei ribelli appoggiati da Ankara.

L’unica traccia di “Turchia” sui media siriani è stasera in una breve notizia di Damas Post, portale filogovernativo di seconda categoria. Citando “una fonte ben informata siriana”, il sito afferma che Ankara avrebbe limitato il tipo di risposta militare lungo il confine per timore che le autorità di Damasco possano consegnare ai miliziani curdi del Pkk razzi anticarro Kornet, letali contro i blindati turchi. Scoop giornalistico, avvertimento o, semplicemente, boutade per rompere il silenzio? (Ansa, 6 ottobre 2012).