(di Shady Hamadi*).
Una mattina di cinquant’anni fa.
Tuo padre è in negozio come ogni mattina con i tuoi fratelli. Viene a sapere che sei stato arrestato. Chiude in fretta l’attività e porta i figli a casa. Mantiene la calma di fronte a tua madre. Sa che deve rassicurare la famiglia, dicendo che tutto andrà bene. Chiama al telefono degli amici della polizia. Lui era un soldato, ha difeso il Paese e suo fratello è stato anche decorato. In cuor suo dice: “Non possono portare via mio figlio” ma le cose non stanno così. Scopre che il figlio si trova nella prigione centrale di Homs, dove cinquant’anni dopo troveranno la morte centinaia di giovani.
Tu sei al buio in una cella, esausto dalle botte. Ti hanno dato il servizio di benvenuto. Un uomo, che un giorno diventerà vicepresidente del regno, ti prende a schiaffi. Altre cose accadono, troppo brutte per essere raccontate. Ti poni molte domande che non avranno mai risposta. Un compagno ti consiglia di urlare più che puoi quando ti picchiano.
Quando tuo padre ti riesce a trovare non cammini bene. Arrivi a casa e dormi. Esanime, caschi in un sonno profondo. Apri piano gli occhi perché senti delle gocce scorrerti sul viso. È tua madre che piange. Non sai che sono le ultime ore a casa tua. Non sai che non parteciperai al funerale di tuo padre e che non rimetterai piede nel Paese per quarant’anni. Sei troppo giovane per capire l’importanza di quello che hai passato.
Non immagini che le ferite più profonde sono quelle che non si vedono, ma lo capirai. Lo capirai quando, la notte nel tuo letto, ti sveglierai gridando perché hai sognato di essere tornato indietro, a quelle ore di cinquant’anni fa. Quando qualcuno, anche tuo figlio, ti dirà: “Parliamone”, tu risponderai, forse credendo di evitargli un male: “Sono passati tanti anni, che vuoi che importi” o “Non posso”.
Quando sentirai qualcuno auto-legittimarsi a capo senza aver sofferto; quando qualcuno si ricorderà del suo villaggio natale e di un popolo che soffre; tu mi guarderai dicendomi: “Ora è il momento dei giovani nel nostro Paese, non di noi vecchi”.
Penso a Ryad [1], ai suoi saggi silenzi nonostante quello che gli è capitato. Alla sua idea di stare accanto alla nuova generazione e consigliarla.
Ricordo Walid [2], al militare con te, figlio di una generazione perduta e innamorata.
Vorrei conoscere Micheal [3], che ha spiegato a un bambino cosa fossero gli alberi.
* Shady Hamadi è uno scrittore e attivista siro-italiano, non affiliato a nessun partito ideologico o movimento confessionale.
[1] Ryad Turk, oppositore siriano. Ha passato quasi vent’anni in carcere.
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