Quattro giorni a Homs, sotto copertura, per raccontare cosa avviene – secondo la versione degli attivisti – nella capitale della resistenza contro la repressione del regime. Oppure, secondo la versione lealisti, cosa avviene nella città roccaforte dei terroristi e dei salafiti. E’ il tentativo fatto da Stuart Ramsay di Sky News.
Intanto, lunedì sera 12 dicembre scadrà l’ultimatum di 72 ore imposto venerdì 9 dicembre dal regime alla cittadinanza per mettere fine alle proteste anti-governative. E’ quanto affermano i Comitati di coordinamento degli attivisti di Homs, terza città del Paese al centro della Siria e ormai teatro di battaglie tra l’esercito e le forze di sicurezza fedeli al presidente Bashar al Assad e gruppi di soldati e civili unitisi per resistere alla repressione. “In caso di non rispetto dell’ultimatum – hanno detto gli attivisti sul loro sito Internet – il regime si prepara a radere al suolo palmo per palmo ogni quartiere in rivolta”.
Qui di seguito il servizio di Sky News.
“This is a war. Iniziata pacificamente, la rivolta ora è cambiata”.
Dato innegabile, eppure la violenza è da considerarsi legittima sebbene provenga da chi, per mesi, ha subito a mani nude, il fuoco dell’esercito?
A me, nonostante possa venire tacciato di ingenuità, pare che una colpa iniziale sia da ricercarsi nell’atteggiamento assunto, sin dalle prime battute della protesta, dal regime degli Asad. Consapevoli del fatto che la violenza avrebbe avuto, a lungo andare, una risposta, da chi tenta di difendere la popolazione civile inerte.