(di Alberto Savioli). Dall’inizio dei bombardamenti americani in Siria contro le postazioni dello Stato islamico, il primo vero risultato ottenuto dagli Stati Uniti è stato quello di staccare quei gruppi di matrice salafita che combattevano nella coalizione dei ribelli contro lo stesso Stato islamico. Inoltre, di acuire la percezione in molti elementi della popolazione sunnita, di essere vittima di un attacco congiunto occidentale e sciita.
Un’azione contro il diffondersi dello Stato islamico (Is) tra Iraq e Siria era sicuramente necessaria, dopo che per più di un anno gli americani lo avevano osservato crescere senza fare nulla per impedirlo. Tuttavia l’errore è di credere che l’Is sia solo un accentratore di elementi qaidisti e jihadisti. Come dimostra la presa di Mosul (Iraq) e gli scontri nella provincia di Ninawa (Mosul), accanto all’Isis c’era l’Esercito dell’Ordine degli uomini di Naqshbandi, che ha legami con ex dirigenti del partito Baath di Saddam Hussein (in particolare Izzat Ibrahim al Duri, ex vicepresidente).
Lo Stato islamico è percepito da molti elementi sunniti combattenti come una possibilità di rivalsa dopo anni di dominio politico sciita in Siria e Iraq. La Coalizione che raggruppa diverse sigle ribelli ha cominciato dallo scorso dicembre una lotta serrata all’Is, che l’ha portata a decimarsi dovendo combattere su due fronti: il regime siriano e lo Stato islamico che allora si chiamava Isis (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante). All’interno di questa coalizione c’erano anche dei gruppi di ispirazione qaidista e salafita come Jabhat an Nusra e Ahrar ash Sham, che avevano partecipato alla presa di Raqqa, salvo poi essere cacciati dalla città all’avvento dell’Isis.
I recenti bombardamenti degli Usa hanno preso di mira anche questi due gruppi che combattevano contro lo Stato islamico soprattutto nella zona di Idlib. Il primo risultato è stato che la Nusra avrebbe detto di essere pronta a combattere assieme all’Is. In un secondo momento una dichiarazione congiunta di Ahrar ash Sham (assieme alla Liwa at Tawhid, Liwa al Haq, Ajnad ash Sham e i Curdi del Fronte islamico) ha condannato gli attacchi della coalizione occidentale e dei paesi del Golfo, che hanno colpito molti civili (il primo giorno di bombardamenti sono morte quasi 100 persone, tra cui molti bambini).
Questo senso di frustrazione della popolazione siriana è aumentato con i continui bombardamenti dell’aviazione di Assad; giornalmente arrivano documentazioni video degli attacchi (1, 2, 3) e testimonianze fotografiche dei civili uccisi, è impressionante l’alto numero di bambini tra queste vittime. E nel silenzio generale, mentre il mondo è concentrato sulla fobia dello Stato islamico, il raìs siriano indisturbato utilizza armi contenenti sostanze chimiche – da poco si è registrato un attacco ad Adra (video) a nord-est di Damasco.
Dopo i bombardamenti americani che hanno causato vittime civili, sono avvenute manifestazioni di protesta contro la coalizione occidentale e Obama, e sono state bruciate bandiere americane, come a Daraa, Hula, Hama, Maarrat an Nouman (1, 2) e Idlib (1, 2). Gli slogan erano tutti contro la coalizione e a favore di Jabhata an Nusra, Ahrar ash Sham e naturalmente dello Stato islamico. A Idlib, modificando uno slogan della rivoluzione siriana, la gente urlava “il popolo è unito con lo Stato Islamico”, “col sangue e l’anima ci sacrifichiamo per lo Stato (Is)”, “col sangue e con l’anima ci sacrifichiamo per al Baghdadi (il Califfo dell’Is)“, “Jabhat an Nusra, nulla può rimuovere il tuo amore dai nostri cuori”.
Nel frattempo in Libano, nel campo profughi siriano di Arsal, sono state arrestate 448 persone, donne e bambini sono stati fatti sfollare ed è stato appiccato il fuoco a molte tende (1, 2, 3). Va ricordato che il Libano è un Paese con una alta percentuale della popolazione cristiana e che il luogo dove è sorto il campo profughi, Arsal, si trova nella valle della Beqaa controllata di fatto dalle milizie sciite di Hezbollah. Questo contenso, assieme ai fatti precedenti, induce queste persone scappate dai bombardamenti del regime siriano e rifugiatisi in un’area sciita di un paese ad alta percentuale cristiana, ad avere l’idea di essere “vittime confessionali”. E infatti sono state organizzate manifestazioni in cui ad Arsal lo slogan principale era “il popolo vuole lo Stato islamico” e in altre zone del Libano sventolava la bandiera nera dello “Stato”, come a Tripoli.
Al momento la guerra contro l’Is avrà indebolito le sue forze militari ma sta radicando la sua ideologia nei cuori della gente. Se l’America vorrà sconfiggerlo veramente dovrà gestire in modo equo il conflitto siriano sostenendo quelle forze sunnite che chiedono la caduta di Assad ma non sono permeate da elementi estremisti e confessionali. In caso contrario Obama si deve preparare a spegnere altri fuochi, per primo il fuoco libanese che cova sotto le ceneri.
ottimo articolo rovinato dal riferimento al Libano come “paese cristiano “
Ha perfettamente ragione, mi sono espresso in modo pessimo. Il concetto che volevo esprimere è che i cristiani rappresentano la percentuale più alta considerando le due confessioni islamiche separatamente. Non in senso assoluto. Grazie dell’attenzione e della rettifica. Alberto Savioli
L’articolo è interessante e per certi versi comprensibile che la gente sunnita si senta nell’occhio del ciclone (d’altra parte fino a pochi anni fa erano i curdi e gli sciiti a vivere la loro situazione); mi pare che l’articolo abbia però poco spessore propositivo. Tutto si risolve in quel sostenere le “forze sunnite che chiedono la caduta di Assad ma non sono permeate da elementi estremisti e confessionali”. Che non mi sembrano facilmente individuabili né che abbiano una prospettiva politica e al di sopra di ogni sospetto. Mi sbaglio ?
ops errore madornale dovuto alla fretta….. (curdi e sciiti vivevano sotto oppressione sunnita…. in Iraq ! non in Siria). Vi prego di scusare il lapsus.
Gent.Le Fabio, i molti articoli pubblicati su SL sono per la maggior parte a firma dei redattori. Ogni articolo ha uno sviluppo e uno scopo differente, non si possono ribadire ogni volta certe analisi o proporre ogni volta un’ipotesi di soluzione al problema. L’articolo in questo caso, ha lo scopo di raccontare cosa sta accadendo e cosa potrebbe succedere a seguito dei fatti raccontati, indica un trend in atto. La chiusa finale non vuole proporre una soluzione ma è appunto, semplicemente una chiusa peraltro ovvia, ribadita di recente dagli stessi gesuiti. Vorrei fare una breve considerazione su questa frase che scrive: “Tutto si risolve in quel sostenere le “forze sunnite che chiedono la caduta di Assad ma non sono permeate da elementi estremisti e confessionali”. Riguardo alla sua ultima considerazione, in questi quattro anni si è passati da un’iniziale rivolta pacifica a un Esl sostanzialmente laico, e poi attraverso diverse fasi, via via sempre peggiori, alla situazione attuale estremamente caratterizzata in senso confessionale. Ora se gli americani e l’occidente sono rimasti a guardare il massacro dei siriani per quattro anni, adesso non è che possano permettersi di fare i sofisti di fronte a “ribelli buoni e ribelli cattivi” che come dice lei “non mi sembrano facilmente individuabili né che abbiano una prospettiva politica e al di sopra di ogni sospetto”. A questo punto la soluzione migliore penso sia solo “la meno peggio”. Una buona soluzione può essere Asad con gli alleati iraniani ed Hezbollah? Io non penso, il problema rimarrebbe. Ma la questione che sollevava l’articolo è che di fronte a una disparità di sostegno, le forze sunnite moderate, o meno estremiste, andranno verso l’estremismo dello Stato Islamico. Una risposta articolata su “chi è meglio” non la posso dare in poche righe, merita un articolo, e va spiegato perchè delle soluzioni apparentemente meno dannose per la Siria in realtà non potrebbero funzionare. Grazie di leggerci. A. Savioli
grazie per la gentile risposta. continuerò a leggerla volentieri.
E’ sicuramente utile per i fruitori attivi dell’informazione avere notizie dirette dal campo, e di questo è doveroso essere grati a chi la fornisce.
Tuttavia, chi si immerge nella realtà per testimoniarla al pubblico inevitabilmente la interpreta: non fosse altro che per l’impossibilità di raccontare tutti i fatti deve scegliere quali raccontare e quali no.
E l’interpretazione discende dalla personale visione generale delle cose del testimone, dalle sue aspettative, dalle sue preferenze.
Ed è questo, come sappiamo, che rende ogni testimonianza un atto soggettivo. Tanto più, come è ovvio, se alla testimonianza dei fatti si accompagna il giudizio sugli stessi.
Quello che io noto con stupore e rammarico è che in quella che ho chiamato la visione generale delle cose sottesa a quasi tutte le testimonianze rese sui fatti siriani manca un elemento di estrema rilevanza, che esprimo in forma di domanda: cosa avverrebbe della Siria, della sua gente, della pace regionale, se il regime di Assad cadesse? Penso che chiunque abbia una pur minima conoscenza del contesto siriano si renda conto sia dell’immane disastro umanitario sia della destabilizzazione regionale che deriverebbero dal verificarsi di un tale evento.
La testimonianza dei fatti che avvengono sul terreno interpretata omettendo questo elemento che valore può avere se non quello della mistificazione?
E’ come se qualcuno, pur sapendo dell’imminente impatto con l’iceberg, si intrattenesse in discussioni sulla qualità del servizio a bordo del Titanic come se ne fosse ignaro.
Gent.Le Persio Flacco, ci sono due tipi di giornalisti quelli che raccontano i fatti e quelli che raccontano solo i fatti utili a propagare un’idea escludendone altri. Possiamo quindi fare una prima scrematura, dividendo tra buon giornalismo e cattivo giornalismo. Poi c’è l’interpretazione dei fatti, che inevitabilmente è una lettura soggettiva, e questo è un filtro ulteriore ma inevitabile. Prima di arrivare alla sua domanda che è di carattere generale e non collegata all’articolo, mi permetta di sottolineare che i fatti raccontati non sono selezionati ad hoc e sono corredati di fonte o link (dove si cita un video), cosa che pochi fanno, quindi i lettori possono verificare che quanto riportato corrisponde a verità e non è opinione del giornalista, e di conseguenza possono a loro volta e secondo la loro soggettività interpretare le notizie.
Immagino che lei non condivida la chiusa finale, soggettiva, in questo caso la elimini; i fatti raccontati e riscontrabili li può utilizzare per farsi un’idea propria. Sottolineo inoltre che per alcuni fatti ho esplicitamente detto che si tratta di “percezione” di alcuni elementi o aderenti allo Stato Islamico, analizzare la percezione di chi supporta un’organizzazione di questo tipo, non significa giustificarlo, ma al contrario studiare e capirne le ragioni.
Prima di rispondere in dettaglio alla sua domanda, mi spiace di averla stupita e rammaricata per non aver detto a chiare lettere che è bene che il regime di Asad sopravviva per il bene della Siria. Non si può essere d’accordo su tutto, e mi sembra chiaro che la nostra visione è differente; io ad esempio mi “stupisco e rammarico” di leggere che lei considera (cito testualmente): “pazzesco che si provi ad inserire Hezbollah nella black list UE, come se fosse una organizzazione terroristica” (https://twitter.com/GianniVernetti/status/348515919875686400).
Vede signor Flacco, il giornalista racconta dei fatti, a volte in modo asettico, ma si fa un’idea e a volte inconsciamente supporta delle cause, perché ha toccato con mano la sofferenza delle persone e le violazioni di alcuni diritti fondamentali. Il “geopolitologo” invece può permettersi si sostenere asetticamente una causa o una visione del mondo, i morti per lui sono numeri nell’ingranaggio della Storia. Nella “visione generale delle cose” i morti sono formiche calpestate da una scarpa, non ci sono diritti, violazioni, giustizia, tutti concetti estranei alla geopolitica.
Per fare esempi concreti, il giornalista scriverà che distruggere il sistema statale iracheno è stato un errore che ha aperto il vaso di Pandora, ma non dirà che era un bene per il suo popolo Saddam Hussein (distinguendolo dalla struttura dello Stato), il giornalista forse ha denunciato i 5000 morti gasati in una notte ad Halabja (in Kurdistan) e magari ha sofferto per quelle morti. Per il geopolitologo, 5000 è solo un numero, tanti morti ha fatto la Storia e tanti ne farà ancora, in fondo l’Iraq era un paese stabile come stabili erano le altre dittature in Medio Oriente.
In fondo il geopolitologo fa il geopolitologo, non si occuperà mai di dissidenti arrestati, torturati, violentati, scomparsi o uccisi sotto le dittature, famiglie e generazioni distrutte, messi tutti assieme in fondo sono solo dei numeri e nemmeno alti magari.
Il geopolitologo finisce per fare l’apologia delle dittature del Medio Oriente, l’oppresso non ha diritto di ribellarsi, ne scoppierebbe il caos. Pace e Amen, tanto il geopolitologo vive in Italia, non patirà quelle dittature, al massimo si troverà ad abbassare il riscaldamento di casa o a spendere di più a causa della crisi russo-ukraina.
Detto ciò, proverò a rispondere alla sua domanda, che considero formulata in modo pessimo anche per un geopolitologo, perché posta in questo modo sottintende una mancanza di conoscenza dei fatti siriani e una visione ideologica che inficia la lucidità di giudizio.
Domandare in modo retorico “è meglio Asad o il terrorismo (lo Stato Islamico)?”, oppure “cosa ne sarebbe della Siria se cadesse Asad con tutti i terroristi che hanno invaso il paese”, che valore ha, se si omette di dire che il dittatore è corresponsabile di questi eventi. La repressione violenta del 2011 non era indirizzata contro la Nusra o l’Isis (che non esistevano), ma contro manifestanti pacifici, contro oppositori e giornalisti, mentre le amnistie liberavano i comandanti di Ahrar ash Sham, del Fronte Islamico e della Nusra.
Che valore ha questa domanda retorica quando si omette di dire che giornalmente muoiono i civili sotto le bombe del regime di Asad, e questo non lo dice il signor Savioli ma centinaia di video e la conta dei morti. Il buon giornalista non può omettere questi fatti, il geopolitologo lo fa, però poi non accusiamo altri di “mistificazione”…
Una soluzione politica praticabile e forse equa, poteva essere l’esilio dorato per Asad e il suo clan senza sfasciare la struttura dello Stato e lo stesso partito unico Ba’ath, proposta da alcuni Stati (anche privatamente allo stesso rais) ma osteggiata dalla Russia e dall’Iran.
Dopo tutto questo e dopo tutti i morti possiamo dire che Russia, Iran, Hezbollah e Asad sono la soluzione migliore per la Siria e la stabilità regionale? Risponda il geopolitologo a questa domanda, ma si assuma la responsabilità della sua dichiarazione non sotto ad uno pseudonimo ma firmandosi con nome e cognome.
Perchè su questo sito ci sono giornalisti, anche siriani, che nonostante i rischi che corrono firmano tutti i loro articoli, rischiando di non poter tornare più a casa. Ma c’è chi, nascosto dietro allo pseudonimo, gioca a fare il geopolitologo sopraffino, ponendo domande retoriche. Abbia coraggio il geopolitologo di firmarsi, dal momento che in Italia non si rischia nulla a dichiarare le proprie idee, come invece succede in quelle dittature difese dal geopolitologo e considerate il male minore, tanto saranno altri a morire e finire in carcere…non Persio Flacco.
Le ho risposto educatamente e dettagliatamente, ma per il motivo che le ho appena spiegato, questa è l’ultima volta su questo sito che le dedicherò il mio tempo finché Lei non avrà il coraggio delle sue idee, anzi non pubblicheremo i commenti di Persio Flacco poichè è un soggetto che non esiste come tale o se lo dovessimo fare, vedremo di sostituire a Persio Flacco il suo vero nome che ci è noto.
Arrivederci.
Alberto Savioli
Visto che non mi pubblicherà consideri questa una risposta personale.
Non le sembra ipocrita che il giornalista testimone della sofferenza della popolazione vittima della guerra civile non si curi della probabile prossima ecatombe e che, anzi: di fatto lavori affinché questa si avveri?
Lei sa, ne sono certo, che la caduta del regime siriano metterebbe nelle mani dei tagliagole integralisti le minoranze siriane che ancora sono salve. Tuttavia fa del suo meglio per diffondere l’idea che la caduta di Assad sia la soluzione più auspicabile dal punto di vista umanitario.
Se non rileva la contraddizione è perché non vuole rilevarla. E se non vuole rilevarla il motivo può essere solo uno: le sue motivazioni di fondo non sono affatto di tipo umanitario.
Io non sono un “geopolitologo”, sono una persona che non vorrebbe più vedere stragi di popoli fatte anche in suo nome, motivate da strategie di potere e di interesse e sostenute dall’ipocrisia e dalla mistificazione dei mass media.
Quanto alla mia identità: non faccio il giornalista, non devo fornire una fonte verificabile al resoconto dei fatti né devo avvalorarli col mio prestigio, semplicemente perché non mi occupo di questo.
Io espongo opinioni ed analisi che sono verificabili in sé, che sarebbero tali chiunque le firmasse. Conoscere la mia identità non aggiungerebbe né toglierebbe nulla alle mie argomentazioni.
Se uso uno pseudonimo è per proteggermi dalle seccature e dalle minacce che inevitabilmente vengono dirette contro chi sostiene idee non conformi al mainstream. E ho adottato questo espediente dopo aver sperimentato che vi sono individui pronti a colpire la persona per colpire le sue idee, secondo uno schema classico della prassi fascista.
Ma il mio anonimato non impedirebbe di certo alle autorità di raggiungermi nel caso questo sia richiesto. In tal caso sarei prontissimo a rispondere di quello che scrivo.
Saluti.
Lei signor Flacco, è il risultato più sofisticato di troll che ha prodotto la rete. Un troll in giacca e cravatta che parla “forbito” e usa le buone maniere, ma sa essere gratuitamente velenoso.
Per la sua giacca, cravatta e buone maniere non la manderò a quel paese, ma al suo essere velenoso voglio rispondere. Legga gli articoli se le va, li contesti pure, ma non si azzardi più a fare illazioni e lanciare accuse gratuite. Non accetto, per lo più da un anonimo, accuse di ipocrisia e di lavorare in favore di una futura ecatombe. La mia posizione e di altri in SL è chiara, non devo difendermi da false accuse, tutti gli articoli sono online basta leggerli. SL dalla prima ora si è posta accanto ai diritti violati, alla società civile, alle vittime di qualsiasi parte, nel 2011-2012 scrivevamo che il massacro continuo dei siriani (da parte di chi lei vuole sostenere) e il mancato appoggio alla società civile non violenta, avrebbe causato una confessionalizzazione del conflitto e un rischio futuro per le minoranze.
Attribuisca le colpe a chi ha taciuto i massacri di molti in nome di un’ideologia o di calcoli politici sbagliati, e rivolga a se stesso le accuse di volere un’ecatombe, l’ecatombe c’è già e avviene ogni giorno da quattro anni di fronte anche al suo silenzio.
Quelle che “linko” di seguito sono le scene più recenti di quello che io ogni giorno da quattro anni vedo prima di andare a letto, bambini morti, corpi straziati e distruzioni, operate ai danni dei civili dall’aviazione di Asad. Ma lei che punta il dito dove stava? Non l’ho vista stracciarsi le vesti e urlare contro l’ecatombe.
https://twitter.com/i_magpie/status/519458543746174976/photo/1
https://twitter.com/Free_Media_Hub/status/519490468229685248/photo/1
https://twitter.com/SyriaCivilDef/status/514659464352645120/photo/1
https://twitter.com/SyriaCivilDef/status/514664373085040640/photo/1
https://twitter.com/Mahmoud_Bashaa/status/514073971659378688/photo/1
https://twitter.com/Chara_fc/status/516940533470887936/photo/1
https://twitter.com/AmalHanano/status/518375053130752000/photo/1
Guardi anche questi video (il primo è di oggi da Daraa)…
https://www.youtube.com/watch?v=6h0VDhENotI&feature=youtu.be
Curiosa la sua discrezionalità nel decidere chi può lecitamente morire e chi invece merita di essere salvato. L’ipotetica ecatombe da lei paventata va scongiurata, ma l’ecatombe quotidiana e palese non le muove la coscienza.
La invito a leggere questo articolo, è in francese ma so che lei lo legge (http://syrie.blog.lemonde.fr/2014/10/09/contre-la-banalisation-des-massacres-du-regime-syrien/), fornisce risposte anche a chi ha la sua posizione e ripete la domanda retorica “meglio Asad o meglio…”:
Contre la banalisation des massacres du régime syrien.
“On ne peut pas et on ne doit pas s’habituer au cynisme avec lequel certains spécialistes de la Syrie évoquent les massacres que continue de perpétrer en Syrie le régime de Bachar al-Assad. Au nom de la real politik et pour mieux dénoncer les erreurs commises selon eux par les gouvernements occidentaux ayant choisi d’appuyer les revendications exprimées avec force par les millions de Syriens descendus dans les rues au milieu de l’année 2011, ils reprennent à leur compte les arguments préfabriqués par la propagande du régime et balayent d’un revers de main les preuves qui leur sont présentées”…
“Un exemple de cette forme de “révisionnisme” a été fourni mardi 7 octobre, au cours de l’émission 28 minutes qui se posait la question : “Contre D’aech, la France doit-elle renouer avec Bachar al-Assad?”…
Le sue motivazioni sull’uso dello pseudonimo mi fanno sorridere. Come se esporsi in prima persona con la forza delle idee fosse solo ad appannaggio del giornalista. Per me lei si può firmare anche Paperino, Minnie, o nonna Papera, non mi interessa, non è questo il punto, ma utilizzare una mail che rimane nascosta ai lettori, anch’essa con lo pseudonimo, è indice di poca serietà.
Le motivazioni addotte poi, sono risibili. Ci sono siriani che rischiando l’arresto nel proprio paese ma si firmano con nome e cognome, non sono giornalisti come lei, ma lo sono diventati part-time per denunciare le violazioni del dittatore che lei considera la miglior soluzione.
Comunque signor Flacco “stia sereno”, su SL non troverà i fascisti pronti a colpirla, quelli sostengono Asad e condividono con lei le loro idee. Lo schema classico della prassi fascista l’ho sperimentato a miei spese, ricevendo minacce e insulti da parte di gente che condivide le sue idee e che guarda caso come lei utilizza sempre e solo uno pseudonimo.
E non si preoccupi delle autorità, la codardia non è un reato penalmente perseguibile.
Alberto Savioli
Signor Flacco, troverà molte risposte alle domande che pone nell’articolo “Il Grande gioco”.
http://www.sirialibano.com/short-news/grande-gioco.html
La ringrazio per le informazioni e mi scuso per il tono molto diretto delle mie osservazioni.
Purtroppo devo rilevare che ha eluso la domanda che le avevo posto: cosa sarebbe della popolazione civile siriana se il regime di Assad cadesse?
Chi prenderebbe il suo posto la tratterebbe meglio o peggio? Il Paese potrebbe sperare di ricostruire una coesistenza pacifica tra le sue diverse componenti etnico religiose o sarebbe destinato al caos delle lotte intestine?
Saluti
Signor Flacco, accetto le scuse e mi auguro che con toni pacati si riesca a dialogare meglio.
Però dobbiamo intenderci su una cosa, le visioni ideologiche lasciamole da parte, così come far finta di non vedere le realtà che non sono funzionali alla nostra causa/ideologia, altrimenti risulta un dialogo tra sordi. Io le ho detto e raccontato delle cose ben precise, o lei non le ha lette o non le ha capite.
Quando mi dice che io ho eluso la domanda e mi richiede “cosa sarebbe della popolazione civile siriana se il regime di Assad cadesse?”, ma allora fa finta di non vedere che c’è una popolazione civile siriana che viene massacrata da quattro anni da Assad…
Possiamo anche parlare un’ora dello Stato Islamico che ci fa paura, ma fino a un anno e mezzo fa questo non esisteva, c’era Assad che massacrava e arrestava oltre a combattere contro la galassia dei ribelli, e quattro anni fa non c’erano nemmeno i ribelli, ma c’era sempre Assad che sparava sulla folla, arrestava e torturava.
Per me è chiaro che la soluzione al conflitto non può passare per Assad! (legga cosa è stato questo regime e quali trame ha tessuto, anche nell’articolo appena pubblicato “Il Grande gioco”)
Per forza bisogna passare per una soluzione politica, ma questa (per me) non può includere il responsabile dello scoppio di questo conflitto. Questo non significa che io sia per una distruzione dello stato siriano e del partito baa’th, tutt’altro, ma sono state Russia e Iran ad opporsi a questa soluzione politica (allontanamento di Assad e governo di unità nazionale) quando l’Isis non esisteva e quando il conflitto non era arrivato a questo livello.
Un’alternativa poteva essere armare decisamente i ribelli contro l’Isis (come è stato fatto con i peshmerga curdi in Iraq e come è stato chiesto di fare per i curdi di Kobane), pretendendo dal regime una non aggressione ai ribelli fintanto che l’Isis veniva sconfitto per poi riproporre seriamente una Ginevra 3.
Le domande che lei pone nella seconda parte sono domande a cui non si può dare risposta a meno di non avere la sfera magica, ma presuppongono in lei la sola alternativa “meglio Assad o l’Is”, e come ho spiegato più volte posta in questo modo la domanda non ha fondamento, detta così chiunque risponderebbe meglio Assad.
Ma la Siria non è solo Assad e Is. C’è ancora una galassia ribelle stracciata e sfilacciata, molti non sono salafiti o fondamentalisti, altri lo sono diventati e lo diventeranno per mancanza di alternative, c’è una società civile che tenta di sopravvivere ma ha subito da entrambe le dittature (laica di Assad e confessionale dell’Is) se non si è conformata a quei modelli.
Potremmo parlare molto di Ginevra II, ma seduti a quel tavolo non c’erano al-Baghdadi e Jolani con le loro barbe, il regime ha sempre detto di non voler trattare con i terroristi, perchè lei deve sapere che chiunque si opponga è considerato terrorista, Mazen Derwish il giornalista direttore del centro per la libertà di espressione è condannato con l’accusa di terrorismo, così era stato per l’attivista alawita Yara Badr, era una terrorista! Il cristiano Michel Kilo, ospitato dalla comunità di San Egidio nel 2012, è un terrorista! Quasi tutti questi attivisti non violenti, attenzione non chiedevano la caduta di Assad ma maggiori libertà e diritti civili, sono stati ridotti al carcere o all’esilio.
Signor Flacco non cada anche lei nella retorica del regime, questa è stata una strategia ben studiata (la rimando al “Grande gioco”), fin da subito il regime ha dichiarato o noi o bruciamo il paese, questi erano gli slogan che scrivevano sui muri le milizie di Assad.
Non è L’Isis o l’Is ad aver trattato, in primis, come terroristi i dissidenti politici e gli oppositori non violenti.
Il rais che si è sempre dichiarato protettore delle minoranze ha soffiato sul fuoco confessionale, vada a rivedersi la strage di Banyas, gli attacchi alle città sunnite (Kurnaz, Latamina, Kafr Zita) dai vicini villaggi alawiti o cristiani (Suqaylabiyyah e Muhrada), certo la popolazione non ne era responsabile, ma lo vada a raccontare a chi ha perso moglie e figli…
Vogliamo lasciare Assad al suo posto per paura dell’Is, ripulire il territorio dalla galassia ribelle, e nascondere la polvere sotto al tappeto?
Bene, facciamolo.
Lei non pensa che la resa dei conti sarà solo rimandata, magari al tempo dei figli di Bashar?
Lei pensa che sia possibile (e giusto) che la popolazione che per quattro anni ha subito massacri da parte del regime, ora lo accetti di buon grado?
Pensa che sia possibile che il quasi 70% della maggioranza sunnita possa continuare a non contare nulla?
L’Is in Iraq è sostenuto dagli ex-baathisti laici, che fondamentalisti non sono. L’Is coagula anche un malcontento sunnita, un senso di rivalsa.
Vorrei concludere la risposta che non può esaustivamente rispondere ai suoi quesiti, perchè ci vorrebbero ore, discorsi su discorsi, forse non un articolo ma un papiro… Ma voglio ricordarle che lei, con la sua domanda, non sta solo proponendo la sola alternativa tra Assad e Stato Islamico (che ripeto, non è l’unica e il quesito è mal posto), ma sta dicendo è meglio lo Stato Islamico o un un dittatore che, assieme agli altri quadri del regime, è accusato di gravi crimini contro l’umanità, le prove sono state raccolte dal tribunale internazionale.
Possiamo soprassedere provati gravi crimini contro l’umanità per paura di presunti e futuri gravi crimini contro l’umanità?
Possiamo sdoganare tutto ciò (crimini, torture, massacri) di fronte a chi (Is) non ha raggiunto numericamente quel numero di morti? (non mi si fraintenda qui, sto ponendo delle domande, non difendo ne considero con indulgenza l’Is, e neppure ne faccio una questione di morti)
Mi sembra chiaro che l’Is è una grave minaccia, ma questo lo si combatte non solo con le armi, ma restituendo la giustizia sottratta, facendo pagare i responsabili di questi crimini degli ultimi 4 anni; insomma la lotta allo Stato Islamico non può che passare per una parola: giustizia. Le persone che non hanno desiderio di rivalsa non vanno con l’Is.
Senza giustizia, con una moglie e i figli morti sotto alle bombe di Assad, forse anche lei signor Flacco sarebbe con lo Stato Islamico e con una fascetta nera in testa.
Ma il primo errore lo fa lei Persio, quando identifica la Siria con Assad, ipotizzando che in caso di caduta del rais il paese sarebbe destinato ad un futuro più tragico dell’attualità. La Siria non è Assad, Assad è “semplicemente” il dittatore della Siria. La Siria può rimanere in piedi con le sue strutture di governo, anche con i quadri minori e con le mani non sporche di sangue di funzionari baathisti, ma senza Assad sarebbe molto più facile coinvolgere in un’unità nazionale tutti quelli che non vogliono lo Stato Islamico e che combattono Assad, non il paese.
Saluti a lei.
A. Savioli
“Lei signor Flacco, è il risultato più sofisticato di troll che ha prodotto la rete…” e “non pubblicheremo i commenti di Persio Flacco poichè è un soggetto che non esiste come tale o se lo dovessimo fare, vedremo di sostituire a Persio Flacco il suo vero nome…”
Aspettiamo con curiosità il vero nome del troll di cui sopra… (che fra l’altro sta impestando l’intera rete)
Da quello che scrive penso che lei mi abbia inquadrato in modo non corretto, dunque credo sia utile una breve presentazione.
Sono laico nel senso lato del termine: non ho fedi di nessun tipo. Da ciò discende il mio approccio liberale ai rapporti con opinioni diverse dalle mie e una generale preferenza per la tolleranza e il rispetto degli altri.
Per una serie di ragioni che sarebbe lungo spiegare e per un mio personale atteggiamento emotivo ritengo le pacifiche persone comuni la componente più importante della società, a prescindere dal credo, dall’etnia, dall’impronta culturale e da ogni altra caratterizzazione. Ritengo la dimensione collettiva dell’uomo la più importante, ma non sminuisco il valore della sua dimensione individuale che da essa faccio discendere e con la quale stabilisce un utile rapporto dialettico.
In politica estera considero al primo posto della scala delle priorità la salvaguardia della popolazione civile e quindi dei presupposti che le garantiscono la possibilità di vivere pacificamente secondo le sue aspirazioni e le sue tendenze prevalenti.
Attribuisco al diritto internazionale il ruolo fondamentale di argine alla guerra e alla barbarie, e di portatore dei valori più alti di civiltà conquistati dal genere umano.
Il metodo al quale cerco di attenermi è quello dell’analisi scientifica, dunque quello del pragmatismo più pieno. Di passaggio: questo potrebbe far apparire certi miei giudizi come frutto di cinismo, e la scelta del male minore come faziosità incomprensibile.
Bene, mi scuso per il pistolotto personale ma mi sembrava necessario farmi conoscere.
Riguardo alla tragica situazione siriana: lei insiste nel dire che senza Assad sarebbe possibile ridurre o far cessare del tutto il conflitto in corso. Se così fosse direi che è urgente toglierlo di mezzo ad ogni costo, ma non lo credo.
Le divisioni che attraversano la società siriana non lasciano sperare che in un assetto futuro privo dell’uomo forte il paese manterrebbe la sua integrità. Già oggi si vedono i segni della frantumazione dello Stato in enclaves dentro le quali ogni gruppo cerca di difendere la sua identità contro le altre o di sovrastarle. La presenza di gruppi sunniti integralisti, che già in passato dettero filo da torcere al padre di Bashar al-Assad, e la presenza di influenze esterne da parte dei regni confessionali, dell’Iran, di altri ancora, rendono del tutto irrealistica la possibilità che la Siria non si trasformi in uno Stato fallito in balia di signori della guerra e di gruppi portatori di una idea di purezza islamica intolleranti verso ogni compromesso.
Lo abbiamo visto con lo spodestamento di Saddam in Iraq e con quello di Gheddafi in Libia. Non credo che la popolazione civile di quei paesi goda di una effettiva maggiore libertà, di maggiore benessere, di migliori prospettive verso il futuro, rispetto a prima. E questo non perché sia un fan o un nostalgico dei dittatori ma perché cerco di prendere la realtà per quella che è, pragmaticamente, senza anteporle le mie preferenze o i miei ideali.
Il sistema di governo che personalmente preferisco, che ritengo più adeguato a favorire il libero dispiegarsi delle aspirazioni della popolazione, è la democrazia. Tuttavia, pragmaticamente, ritengo che la democrazia per esistere ha bisogno di certi presupposti: che il popolo la voglia, che sappia conquistarla e difenderla, che i valori che la sostengono siano sufficientemente solidi e diffusi nella società da farla funzionare. Pragmaticamente: se questi presupposti non esistono, o se non sono abbastanza solidi, nell’alternativa tra caos sanguinoso e dittatura moderata, nell’interesse della popolazione civile, direi che la seconda è preferibile al primo.
Ma finora ho esposto le mie opinioni su cosa sarebbe meglio per la gente della Siria, esiste però un aspetto fondamentale della questione che finora non ho preso in considerazione: cosa preferiscono i siriani? Sembra inconcepibile ma credo che nessuno glielo abbia chiesto.
Siamo sicuri che la maggioranza dei siriani vogliano che Assad se ne vada? Come è possibile affermare che tra i 16 milioni di siriani maggiorenni la maggioranza voglia in questo momento un regime diverso? Possiamo affermare che le forze rivoluzionarie rappresentano le aspirazioni della maggioranza?
E se queste forze non rappresentassero la maggioranza dei siriani come si pensa sia possibile instaurare la democrazia contro la volontà della maggioranza?
E qui entra in scena un altro attore tra i diversi che influenzano la situazione e le dinamiche interne della Siria: il cosiddetto Occidente.
Impersonato in questo caso dal gruppo Amici della Siria (fotocopia del gruppo quasi omonimo Amici della Libia) l’Occidente ha stabilito che in ogni caso Assad se ne deve andare e al suo posto debbono subentrare le forze rivoluzionarie. A prescindere da ciò che vogliono i siriani. Insomma: farei torto alla sua intelligenza se spendessi altre parole per evidenziare le molte contraddizioni del comportamento occidentale riguardo alla Siria, alla Libia, all’Iraq.
Lei è sicuro che quella indicata sia la strada giusta, io no: sono certo invece che sia quella sbagliata, per la popolazione siriana ovviamente. Per tutti quelli che si sono adoperati per estendere la loro influenza sulla Siria sembra invece che non sia un problema il destino della sua gente, purché Assad se ne vada.
Come se ne esce? Con la premessa che spetta ai siriani decidere il loro destino, e solo per finalizzare questa discussione tra due che siriani non sono, io un idea l’avrei: un patto tra le forze rivoluzionarie moderate e il regime di Assad.
Costretto dalla guerra civile, e su suggerimento della diplomazia russa, il regime ha creato le basi di un possibile compromesso. Dal 2012 infatti la Siria ha formalmente una nuova costituzione pluralista, multipartitica, democratica, che stabilisce l’eleggibilità a suffragio universale della carica di presidente. Se il CNS proponesse di entrare a far parte del sistema politico siriano Assad, nelle condizioni in cui si trova, non potrebbe opporsi in nessun modo. E unire le forze contro gli integralisti, con l’aiuto occidentale, potrebbe riuscire a portare la Siria e la sua gente fuori da questo incubo.
Se Assad accettasse, e credo non possa fare altrimenti, non sarebbe più lo stesso Assad: sarebbe un Assad democratico col quale è possibile trattare.
E comunque Assad non è, e non è mai stato, più importante del futuro della Siria.
Non credo che questa sia fantapolitica, credo sia una possibilità concreta se la si volesse realizzare. In ogni caso mi sembra l’ultima possibilità che rimane per evitare un disastro ancora peggiore di quello attuale.
XXXX – Postato ottobre 14, 2014 alle 9:08 PM
“Aspettiamo con curiosità il vero nome del troll di cui sopra… (che fra l’altro sta impestando l’intera rete)”
Qui non siamo né sotto Assad né sotto l’ISIS. Qui le idee divergenti non “impestano”: sono una ricchezza per la democrazia. Ma dubito che tu sappia cosa sia la democrazia e la libertà di parola.