(di Stefano De Paolis, Ansa). Ci vuole del fegato, e anche tanto, per guidare un camion carico di merce dalla Giordania all’Iraq, su quella che chiamano “l’autostrada attraverso l’inferno”. Ma decine di camionisti ogni giorno lo fanno: per una paga anche triplicata, si avventurano nei territori controllati dai tagliagole dello Stato islamico (Isis) e poi, verso Baghdad, in quelli battuti dai militari corrotti, dalle milizie sciite, o dalle bande di ladri e assassini senza scrupoli.
Sallah Ali Addin, un autista iracheno di Falluja, guida i camion da oltre 25 anni. E’ passato attraverso l’era di Saddam Hussein, la guerra e l’invasione americana, la ribellione sunnita, la rivolta di al Qaida e ora lo Stato Islamico, ma afferma che pericolosa come ora, la strada per Baghdad non lo è stata mai.
“Ci sono truppe governative. Tirano bombe dal cielo. E le città sono sotto assedio. Posti di blocco, deviazioni. Ognuno vuole un pezzo del tuo carico”, ha affermato parlando col Washington Post a Ruwaished, una cittadina giordana nei pressi della frontiera con l’Iraq.
E andare verso Mosul, dice, è ancora peggio. La strada è stretta e sterrata, nei pressi dell’ ormai disciolta frontiera con la Siria è percorsa da camion militari, jihadisti fanatici dell’Isis e contrabbandieri.
Un altro autista, Mohammad, ce l’ha particolarmente con l’Isis. Sono “una mafia – dice – ti possono uccidere sul bordo della strada e nessuno può farci nulla”.
I primi posti di blocco dell’Isis ci sono dopo un centinaio di km in territorio iracheno. Pretendono un pagamento di 300 dollari. “Senza quei soldi non si va né avanti né indietro”, sottolinea Omar, un altro camionista.
I jihadisti dicono che è una tassa per entrare nello Stato Islamico, e rilasciano anche una ricevuta con tanto di timbro, da mostrare agli altri posti di blocco in caso di eventuali ulteriori richieste.
Ma poi le ricevute devono essere gettate vie, affinché non le trovino poi i militari governativi, dice Mohammad, per non correre il rischio di passare per sostenitori dell’Isis.
Andando ancora più a sud, ora non si può passare tra Ramadi e Falluja, dove ci sono sporadici combattimenti, altri posti di blocco e banditi, così i camionisti sono costretti a deviare verso Kerbala, dove la fanno da padrone le milizie sciite.
E gran parte dei camionisti sono sunniti, quindi non sono certo visti particolarmente di buon occhio. Quando al potere c’era ancora Saddam Hussein, erano circa 2.000 i camion che ogni giorno entravano in Iraq dalla Giordania, generando, secondo alcune stime citate dal Post, un giro d’affari da circa un miliardo di dollari l’anno.
Dopo l’invasione Usa si era scesi a circa 400 camion al giorno. Ora sono qualche decina, secondo il sindacato camionisti giordano. Trasportano di tutto, da vegetali a medicine, a patatine fritte. E trovare autisti pronti a partire non è così difficile.
Esiste uno ‘zoccolo duro’ formato da giordani, pachistani, yemeniti e soprattutto iracheni, che in una settimana possono guadagnare anche il triplo degli abituali 280 dollari al mese. Ma il traffico si è comunque molto ridotto. “E’ pericoloso? Certo che è pericoloso”, dice uno di loro, Abdul Karim Athmat. Ma “dove c’è paura – aggiunge – ci sono soldi da fare”. (Ansa, 30 novembre 2014).
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